sabato 10 febbraio 2024
Dopo la pandemia la platea è stabilmente sopra i cinque milioni di effettivi, ma artigiani, commercianti e agricoltori sono in calo
Gli artigiani sono in calo

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Dopo il 2020, annus horribilis in cui è scoppiata la pandemia, il popolo delle partite Iva è tornato ad aumentare e oggi la platea è stabilmente sopra i cinque milioni di effettivi. Al 31 dicembre scorso, infatti, contavamo 5.045.000 lavoratori indipendenti e sebbene il numero sia in leggero aumento rispetto a quattro anni fa, va segnalato che rimane ben lontano dai 6,2 milioni che registravamo agli inizi del 2004. A comunicarlo è l’Ufficio studi della Cgia. Non tutte le categorie appartenenti al mondo del lavoro autonomo godono di buona salute. Anzi. Molte professioni sono in grosse difficoltà e il loro numero sta diminuendo: in particolare gli artigiani, i piccoli commercianti e gli agricoltori. Diversamente, sono in espansione le partite Iva senza albo od Ordine professionale. Alcuni esempi di professioni non regolamentate? I web designer, i social media manager, i formatori, i consulenti agli investimenti, i pubblicitari, i consulenti aziendali, i consulenti informatici, gli utility manager, i sociologi, gli amministratori di condominio.

Un blocco sociale da quasi 200 miliardi di euro di Pil

Il popolo delle partite Iva, delle micro imprese e i loro dipendenti rappresentano un blocco sociale di oltre sei milioni di persone che, prima del Covid, produceva quasi 200 miliardi di euro di Pil e negli ultimi 40 anni è diventato centrale in molte regioni del Paese, una componente strutturale del nostro sistema economico, soprattutto a Nordest. I valori associati a questo mondo – contare sulle proprie forze, accettare di misurarsi con il mercato senza alcun paracadute sociale, puntare al miglioramento delle proprie condizioni di vita attraverso l’autorealizzazione personale - hanno caratterizzato almeno due generazioni di lavoratori indipendenti.

Le ragioni della crescita

Il trend positivo registrato dallo stock di lavoratori autonomi in questi ultimi tre anni è sicuramente ascrivibile alla ripresa economica maturata dopo l’avvento del Covid. Con un Pil che nel biennio 2021 e 2022 ha toccato livelli di crescita molto elevati è aumentata l’occupazione e conseguentemente anche quella indipendente. Sicuramente ad allargare la platea degli autonomi ha concorso anche il fisco. L’introduzione del regime forfettario per le attività autonome con ricavi e compensi inferiori a 85mila euro ha reso meno gravoso di un tempo gestire fiscalmente un’attività in proprio. Infine, non è nemmeno da escludere che la crescita numerica di questo settore sia riconducibile anche all’incremento delle “false” partite Iva. Grazie al boom dello smart working avvenuto in questi ultimi anni, è probabile che le “finte” partite Iva siano aumentate, anche se, attualmente, il numero complessivo di queste ultime è stimato attorno alle 500mila unità. Una soglia che avevamo già raggiunto una ventina d’anni fa.

A livello territoriale “soffre” il Centro

Ancorché gli ultimi dati disponibili a livello territoriale siano aggiornati ai primi nove mesi del 2023, l’incremento dell’intera platea non ha interessato tutte le regioni. Se nell’ultimo anno il Molise (+8,4%), la Liguria (+8,2%), la Calabria e l’Emilia Romagna (entrambe con il +5,6%) hanno registrato gli aumenti più importanti, per contro l’Abruzzo (-4,9%), l’Umbria (-5,6%), il Trentino Alto Adige (-8,4%) e le Marche (-10,1%) hanno subito le contrazioni più significative.

Il crollo del numero degli artigiani, dei commercianti e degli agricoltori ha interessato tutte le regioni, ma in particolare le Marche (-17,2%), il Piemonte (-15,5%), l’Emilia Romagna e il Molise (entrambe -15,1%), l’Umbria (-14,9%) e il Veneto (-14,8%). A livello di ripartizione geografica la contrazione più pesante si è registrata nel Nordest (-14,1%). Seguono il Nordovest (-14%), il Centro (-12,5%) e infine il Mezzogiorno (-6,9%). A livello provinciale, invece, le realtà più “colpite” sono state Vercelli (-21,6%), Massa-Carrara (-20,1%), Biella (-19,4%), Alessandria (-19,3%) e Rovigo (-18,3%). Tra le 103 province d’Italia monitorate, solo Napoli (+0,6%) ha registrato una variazione positiva.

Permane la crisi dei lavoratori autonomi “classici”

Se la platea dei lavoratori indipendenti negli ultimi anni è tornata a crescere, le attività che costituiscono il cosiddetto lavoro autonomo “classico” (che rappresentano quasi il 75% circa del totale dei lavoratori indipendenti presenti nel Paese) sono in costante diminuzione. Ci riferiamo alle categorie degli artigiani, dei piccoli commercianti e degli agricoltori. Se il confronto lo facciamo tra il 2014 e il 2022 (il più esteso arco temporale che i dati Inps ci consentono di monitorare), il numero complessivo di queste tre categorie è sceso di 495mila unità. Gli agricoltori sono diminuiti di 33.500 unità (-7,5%), i commercianti di 203mila (-9,7%) e gli artigiani addirittura di quasi 258.500 (-15,2%). In tutte e tre le categorie i dati includono le posizioni Inps dei titolari dell’azienda, dei soci e dei collaboratori familiari.

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