mercoledì 8 novembre 2023
L'Italia è il terzo Paese dell’Unione Europea sia per valore aggiunto – con una quota di 24,5 miliardi di euro – sia per occupati, con oltre 540mila addetti
La pesca è un settore legato all'economia del mare

La pesca è un settore legato all'economia del mare - Ansa

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Il futuro dell’umanità dipende dalla salute degli oceani e dalla biodiversità marina, che garantiscono ossigeno, cibo, sviluppo e vita. Il Mediterraneo è uno dei mari con il più elevato rapporto tra biodiversità e superficie: pur ricoprendo meno dell’1% della superficie degli oceani, ospita fino al 18% di tutte le specie marine conosciute. Adesso risulta seriamente minacciato dalla crisi climatica e l’Italia è ancora lontana dall’obiettivo europeo del 30% di aree marine protette entro il 2030. In questo contesto le imprese italiane che operano nel comparto rappresentano una risorsa per una gestione sostenibile del mare. Nel 2019, il valore aggiunto prodotto dall’economia del mare nei 27 Paesi dell’Unione Europea è stato pari a 184,9 miliardi di euro (1,5% del totale dell’economia dell’UE-27) e gli occupati sono 4,5 milioni (2,3% del totale dell’UE-27). L’Italia gioca un ruolo di primo piano, essendo il terzo Paese dell’UE sia per valore aggiunto – con una quota di 24,5 miliardi di euro – sia per occupati, con oltre 540 mila posti di lavoro. Un sistema economico che contribuisce con circa 65 miliardi al Pil del Paese. L’Italia è leader – nel Mediterraneo e in Ue – per il trasporto marittimo a corto raggio e detiene la maggior quota di mercato (38%) nei servizi delle Autostrade del Mare. Nel Mediterraneo scorre il 65% degli approvvigionamenti energetici europei e l’Italia ha l’opportunità di assumere un ruolo centrale di piattaforma energetica intercontinentale, implementando le più avanzate tecnologie per produrre energia sostenibile anche attraverso parchi eolici offshore galleggianti. Grazie alle caratteristiche morfologiche e alla conformazione dei fondali marini, l’Italia ha un potenziale di 207,3 GW pari al 62% del potenziale di energia rinnovabile. Quanto alla pesca, occupa il terzo posto in UE-27 per il valore della produzione della filiera ittica (quasi 1,4 miliardi nel 2019) e il primo posto per valore unitario della produzione. Guardando al mercato del lavoro, l’Italia occupa il 12% dei cosiddetti “blue job”, posizionandosi al terzo posto a livello europeo, preceduta da Spagna e Grecia. Analogamente a quanto evidenziato per il valore aggiunto, si evince una riduzione, rispetto al 2009, del contributo dell’Italia all’occupazione dell’economia blu d’Europa, considerato che il peso passa dal 13,8% del 2019 al 12% del 2019. Nel campo delle risorse biologiche marine, l’Italia produce il 14% del valore aggiunto del settore, collocandosi al quarto posto dopo la Spagna (19%), la Germania (16%), e la Francia (15%). Nell’attività delle risorse marine non biologiche, l’Italia si colloca con il 16% al terzo posto, dopo i Paesi Bassi e la Danimarca. Nella cantieristica navale e riparazioni l’Italia si colloca al terzo posto con il 19% del valore aggiunto e nel turismo costiero, dove contribuisce per il 13% (al primo e secondo posto rispettivamente Spagna, 29%, e Francia, 14%). Al terzo posto anche in riferimento al trasporto marittimo, dove l’Italia produce il 14% del valore aggiunto, con Germania in testa alla classifica, seguita alla Danimarca. Nelle attività portuali l’Italia si colloca in coda rispetto alle altre grandi economie blu europee, contribuendo per l’8%. La precedono la Germania (22), Paesi Bassi (17), Spagna (13), Francia (12). Nel 2021 il “Sistema mare” ha segnato una crescita del prodotto diretto del 9,2%, una crescita più ampia rispetto al dato medio nazionale del 6,4%. Un’economia che, considerando anche la componente indiretta, arriva a circa 143 miliardi di euro, quasi il 9% del complesso del valore aggiunto prodotto, con una occupazione di circa 914mila persone direttamente coinvolte. L’economia del mare sotto molti versi “capovolge” il tradizionale modo di guardare ai processi territoriali dello sviluppo nel nostro Paese e ridisegna le relazioni Nord-Sud, con un’Italia Centrale e un Mezzogiorno che concentrano il 61% del valore aggiunto prodotto dalla filiera, contro poco più del 44% di quello complessivo, e il 67,3% degli occupati, rispetto a meno del 49% di quelli totali. Il dinamismo di questa componente è poi confermato dalla voglia di fare impresa: nel 2022 rispetto al 2019 il tessuto imprenditoriale blu si è incremento del 4,4%, contro una contrazione nello stesso periodo dell’1,2% del totale delle imprese. E nel Mezzogiorno questa crescita è stata più che doppia rispetto al dato medio nazionale, sfiorando il 10%.

I progetti europei sul turismo del mare

I Paesi europei con sbocco sul mare e coste accessibili e attraenti fanno rete per lo sviluppo del turismo costiero e marittimo. L’economia blu è una delle più rilevanti da monitorare, anche per i suoi impatti ambientali e sociali sulle risorse naturali e sulle comunità locali. Più di 600 milioni di persone (circa il 10% della popolazione mondiale) vivono in zone costiere a meno di dieci metri sul livello del mare e quasi 2,4 miliardi di persone (circa il 40% della popolazione mondiale) vivono entro 100 chilometri (60 miglia) dalla costa, quindi dipendente e vulnerabile alla qualità, stabilità e accessibilità degli oceani e dei mari. L'industria del turismo dipende fortemente dalla qualità degli ecosistemi naturali per attrarre visitatori, ma allo stesso tempo incide rendendo il settore vulnerabile in termini di sostenibilità. Migliorare e sviluppare competenze nel settore è vitale, più che mai, considerando i pericoli che la crisi climatica sta generando anche al giorno d'oggi. In questo contesto gioca un ruolo cruciale il progetto WeMED_NaTOUR dell'UE per promuovere lo sviluppo e la diffusione delle buone pratiche per il turismo marino e costiero sostenibile. Insieme con il progetto ECO-CRUISING FU_TOUR, che prevede corsi on line che forniscono conoscenze sull'economia blu, lo sviluppo sostenibile nel turismo, conoscenze e competenze essenziali per le pmi del turismo del Mediterraneo occidentale e le pmi del turismo europeo per rendere più ecologiche le loro attività e fornire un'offerta più competitiva che soddisfi la domanda del mercato per un'esperienza verde, sostenibile e significativa. I due progetti rientrano tra le “iniziative faro” cofinanziate dal programma EMFAF dell'Unione Europea e sono realizzati e sviluppati da organizzazioni che hanno esperienza tecnica nel capacity building, nella pianificazione strategica del turismo e nella progettazione di pacchetti turistici, provenienti dall'Occidente bacino del Mediterraneo. Gli obiettivi di entrambi i progetti, anche se mirati a due verticali di mercato distinte, sono di supportare le parti interessate del turismo ad attingere al crescente mercato dell'ecoturismo nelle destinazioni costiere, marittime e marine; e promuovere l'innovazione e la digitalizzazione nel settore del turismo; ultimo ma non meno importante, migliorare l'ambiente imprenditoriale per le pmi del turismo. In breve, il progetto sta promuovendo lo sviluppo sostenibile nel settore del turismo sfruttando l'economia blu pur essendo responsabile per l'ambiente. Per maggiori informazioni: https://www.euwemed-natour.eu/CapacityBuildingSignup.



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