martedì 13 aprile 2021
Rispetto a un anno fa i crediti senza speranza di essere recuperati sono diminuiti di quasi il 20%. Ma la nuova crisi riapre il problema, per ora rimandato con moratorie e garanzie
Una filiale del Monte dei Paschi, tra le banche che più ha subito il problema delle sofferenze

Una filiale del Monte dei Paschi, tra le banche che più ha subito il problema delle sofferenze - Ansa

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A guardare certi numeri, il problema delle sofferenze nei bilanci delle banche italiane potrebbe sembrare quasi risolto. Sono diversi mesi che le rilevazioni mensili della Banca d’Italia mostrano cali significativi dei prestiti problematici con poche speranze di essere recuperati. L’ultimo dato, riferito a febbraio, mostra che in un anno i prestiti in sofferenza sono diminuiti del 19%: ora ammontano complessivamente a 51,5 miliardi di euro, che diventano 20,1 se si tiene conto delle (costose) rettifiche che le banche hanno fatto nei loro bilanci. Gli istituti di credito hanno cioè accettato la perdita di una buona parte di quei crediti, spesso vendendoli a un prezzo “scontato”, dopodiché hanno dovuto provvedere a raccogliere capitali per rimettere in equilibrio i coefficienti patrimoniali.

È la stessa Banca d’Italia a sottolineare, da mesi, che dietro la discesa delle sofferenze c’è un ampio utilizzo di cartolarizzazioni. La banca prende i suoi prestiti problematici, li “impacchetta” e li vende a società (non sempre banche) specializzate nel recuperare qualcosa dai creditori. Soltanto lo scorso dicembre sono usciti dal conto delle sofferenze bancarie 10,2 miliardi di euro di prestiti venduti a soggetti non bancari. Banca Ifis, istituto che ha nella gestione dei crediti problematici uno dei suoi punti di forza, pubblica periodicamente i suoi report sul mercato degli NPL, cioè i non-performing loan o, in italiano, i crediti deteriorati. Tra questi ci sono sofferenze ma anche prestiti con problemi meno gravi, magari con creditori in ritardo solo su qualche rata.


Nel 2020 il mercato italiano dei crediti deteriorati ha visto scambi per 38 miliardi di euro. A vendere prestiti problematici lo scorso anno sono stati soprattutto Mps (8,1 miliardi), Intesa Sanpaolo (6,6 miliardi) e UniCredit (5,3 miliardi). A comprare sono stati Amco (la società del ministero dell’Economia) che ha acquistato crediti peer 11,3 miliardi, la stessa Banca Ifis (2,7 miliardi) e Illimity (2 miliardi).

Il mercato per il credito deteriorato quindi c’è. Ed è una fortuna, perché la faticosa discesa delle sofferenze che è iniziata nel 2016 si sta per interrompere a causa Covid-19. Com’è noto sono state le moratorie e le garanzie pubbliche a evitare che in questi mesi le imprese in crisi smettessero di onorare i loro debiti a causa della mancanza di incassi. L’Abi ha invitato a un prolungamento delle moratorie, ma si va comunque verso un’uscita graduale da questo tipo di misure di sostegno.

Sono attualmente sotto moratoria crediti per 281 miliardi di euro. È inevitabile che una parte di questi prestiti diventeranno nuove sofferenze. Le stime di Banca Ifis indicano un aumento delle sofferenze nette lorde nei bilanci dai 54 miliardi di fine 2020 a 59 miliardi per la fine di quest’anno e a 65 per la fine dell’anno prossimo. Siamo lontanissimi dagli oltre 200 miliardi di cinque anni fa, ma il problema sta tornando e l’Italia, non solo le sue banche, stavolta dovrà essere più preparata ad affrontarlo.

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