sabato 9 ottobre 2021
Stimato un aumento dei costi dal 90 al 30% a seconda del contratto. Attualmente solo il 10% degli anziani può permettersi un aiuto solo con la sua pensione
Badanti e salari minimo: famiglie penalizzate
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Il salario minimo rischia di mettere in seria difficoltà le famiglie che hanno bisogno di una badante. L’introduzione di un paga minima, l’Italia è uno dei pochi Paesi dove non è ancora prevista ma il dibattito è aperto, se da un lato tutelerebbe i lavoratori più fragili dall’altro rischia di penalizzare i datori di lavoro. Nel 2019 l’Inapp (Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche) aveva calcolato che l’introduzione del salario minimo a 9 euro lordi comporterebbe un costo per le imprese italiane di 6,7 miliardi di euro. La soglia individuata è già superata dalla maggior parte dei contratti collettivi nazionali, anche se non mancano alcune eccezioni.

L’Osservatorio Domina sul lavoro domestico ha misurato l’impatto che un simile provvedimento avrebbe sul bilancio familiare di un pensionato o di una famiglia italiana tipo, confrontando lo scenario attuale e quello (ipotetico) con l’introduzione del salario minimo. Oltre il 60% degli anziani ha un reddito complessivo al di sotto dei 20 mila euro annui, ovvero di circa 14.600 euro annui spendibili (al netto delle tasse), e oltre un quarto al di sotto dei 10mila euro annui. L’introduzione del salario minimo raddoppierà di fatto, con un aumento effettivo del 91,5%, il costo per l’assunzione di una badante a tempo pieno convivente: il contratto da 54 ore passerebbe da 16 a 32mila euro lordi l’anno. Aumenti del 41,1% nei casi di una badante assunta part-time, cioè 25 ore settimana (da 10 a 14mila euro lordi) e del 27,8% per una assunta per 40 ore e non convivente (da 18 a 23mila euro). Secondo un’indagine dell’Istat le persone sole con almeno 65 anni spendono mediamente 1.338 euro al mese, principalmente per cibo, vestiario ed utenze. A conti fatti su quasi 14 milioni di pensionati solo una piccola parte può permettersi un’assistenza continuativa con il solo reddito da pensione (circa il 10%), con l’introduzione del salario minimo questa percentuale si ridurrebbe al 2,2%, rendendo necessario l’intervento dei familiari (generalmente i figli) o l’utilizzo di risparmi.

«Il costo medio di un’assistente alla persona già oggi non è sostenibile per la maggior parte dei pensionati italiani, che quindi devono essere sostenuti dai figli o attingere ai risparmi – sottolinea Lorenzo Gasparrini –. L’introduzione del “salario minimo” anche per i lavoratori domestici renderebbe di fatto impossibile questa spesa per le famiglie italiane, alimentando inevitabilmente il lavoro nero. Considerando che già oggi il lavoro domestico registra il 57% di irregolarità, l’obiettivo dovrebbe essere quello di ridurre gli oneri per le famiglie, non certo aumentarli».

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