martedì 28 gennaio 2020
Di Raimondo: «Investire nella scuola e nell’Università fa bene all’economia. Vuol dire prendersi cura della propria comunità e dei propri giovani»
Più cultura digitale per far crescere il Paese
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«Investire nella scuola e nell’Università fa bene all’economia. Vuol dire prendersi cura della propria comunità e dei propri giovani. In altre parole, del nostro futuro. L’Ocse - l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico - lo dice a gran voce: il rilancio dell’Italia e del suo Pil passa anche dall’istruzione. Protagonista del Piano Nazionale Scuola Digitale (Pnsd) c’è l’idea che il digitale sia un traino fondamentale per una scuola che non può più essere solo trasmissiva, ma inclusiva, aperta e laboratoriale, in cui le nuove tecnologie diventino abilitanti, ordinarie e quotidiane al servizio dell’attività scolastica». Lo afferma Laura di Raimondo, direttrice di Asstel-Assotelecomunicazioni.

Ma parlare di innovazione del sistema scolastico e delle opportunità dell’educazione digitale non vuol dire esclusivamente affrontare il tema della digitalizzazione della scuola. Sebbene restino prioritarie le questioni relative alla connettività della scuola - dalla fibra per la banda ultra-larga alla porta di ogni scuola agli ambienti per la didattica digitale integrata - parlare solo di questo rischierebbe di concentrare gli sforzi solamente sulla dimensione tecnologica perdendo di vista quella culturale. Pertanto, portare la scuola nell’era digitale è una sfida soprattutto sociale e generazionale. Investire nella formazione resta la "missione" fondamentale per promuovere la crescita e la competitività del nostro Paese. Il mondo del lavoro, e la società in generale, richiedono con sempre maggior vigore anche competenze trasversali, come la capacità di apprendere e la risoluzione dei problemi, un’attenzione maggiore alle materie scientifiche e tecnologiche (le cosiddette Stem) e nuovi orizzonti sull’applicazione delle scienze nella vita quotidiana. «È questa la sfida alla quale è chiamata a rispondere la scuola - sottolinea Di Raimondo -. Gli studenti, proprio perché immersi in una società sempre più tecnologicamente avanzata, non possono essere lasciati soli. Serve accompagnarli nello sviluppo delle competenze che servono. Potenziamo l’alternanza scuola-lavoro per accorciare le distanze tra i ragazzi e il mondo del lavoro, e colmiamo il gender gap nelle carriere Stem».

La filiera delle telecomunicazioni ha avviato da tempo una riflessione sul rapporto tra sviluppo tecnologico e lavoro, con la consapevolezza che il digitale è il luogo in cui si realizza il nostro futuro. C'è bisogno di giovani qualificati e pronti alle richieste del mercato per accelerare il ricambio generazionale sempre più indispensabile. Per fare questo servono investimenti importanti nella formazione continua che deve avere l’obiettivo di aggiornare le competenze a medio lungo termine, riqualificare le professionalità in forza e supportare azioni che consentano l’assunzione di nuove generazioni. Ma le imprese non possono restare sole in questo percorso, serve una efficace politica di collaborazione tra tutti i livelli decisionali e un ruolo attivo delle Istituzioni pubbliche. Per far fronte alle sfide della trasformazione digitale del lavoro è necessario indirizzare gli sforzi su un processo di rinnovamento complesso che deve agire strategicamente e in modo combinato su tre pilastri: scuola e università, formazione e lavoro, transizioni professionali.

«Agire su scuole e Università - precisa la direttrice di Asstel - significa lavorare insieme per ripensare i modelli educativi del presente e del futuro, nella logica dell’alfabetizzazione digitale e delle partnership didattiche con il mondo delle imprese, con l’obiettivo di acquisire le competenze tecniche, scientifiche, digitali e i soft skill di cui il mercato ha necessità. Bisogna coniugare la crescente disponibilità di competenze e tecnologie, la rapida obsolescenza tecnologica e le nuove esigenze della didattica; è necessario acquisire soluzioni digitali che facilitino la creazione di ambienti di apprendimento attivi ed è fondamentale, pertanto, aggiornare gli insegnanti su tecnologia e digitale e creare percorsi di formazione “a prova di futuro”, che dotino i futuri lavoratori di competenze trasversali secondo una visione prospettica. Saranno fondamentali le partnership tra pubblico e privato per l’avvio di un’istruzione completa che comprenda tanto la teoria quanto la pratica, per fare della digitalizzazione qualche cosa che si apprende e si usa e non un quadro di riferimento tanto astratto quanto inefficace».

La filiera delle telecomunicazioni, in quanto infrastruttura abilitante dell’economia digitale, è protagonista di importanti investimenti, non solo materiali, che incoraggiano e, continueranno a incoraggiare, i processi di innovazione tecnologica. Per proseguire in questa direzione, tuttavia, è indispensabile una collaborazione virtuosa tra pubblico e privato per realizzare quegli interventi in grado di accompagnare la trasformazione digitale attraverso modelli di politiche attive, coadiuvati da strumenti di sostegno al reddito ripensati in una chiave espansiva. Obiettivo strategico è sostenere la competitività delle imprese, lo sviluppo del capitale umano, preservare l’occupabilità delle persone e prevenire le conseguenze sociali negative dei radicali cambiamenti strutturali in corso. «Per questo - ricorda Di Raimondo - abbiamo sostenuto le proposte sul contratto di espansione, sul fondo di solidarietà e quella sugli ammortizzatori sociali per i call center. Nella legge di Bilancio da poco approvata, purtroppo, questi argomenti non hanno trovato il giusto spazio. Auspichiamo che il governo intervenga tempestivamente in linea con queste proposte necessarie a sostenere l'occupabilità delle persone, lo sviluppo del capitale umano e la competitività delle imprese».

L'obiettivo è di supportare in modo diretto e concreto la filiera delle telecomunicazioni nel processo di trasformazione digitale preservando la competitività delle imprese. Le proposte prevedono da un lato il rifinanziamento anche per l'anno 2020 delle misure per il sostegno al reddito in favore dei lavoratori del settore Call Center per 20 milioni di euro e, dall'altro, il rifinanziamento del contratto di espansione che consente di supportare i processi di trasformazione verso il digitale delle imprese, della filiera delle telecomunicazioni, ma non solo, attraverso percorsi di formazione continua e di prevedere l'assunzione di nuove professionalità. «
La soluzione ottimale per rendere la trasformazione digitale una vera opportunità per tutti - conclude la direttrice di Asstel -sarebbe quella di rendere tali strumenti strutturali e non più legati alla necessità di trovare di anno in anno le risorse finanziarie. Sicuramente, però, sebbene il tempo ormai stringe rispetto all’approvazione della legge di conversione del decreto Milleproroghe, sarebbe un segnale positivo se queste misure fossero a disposizione delle imprese e dei lavoratori anche nel 2020, tenuto conto inoltre che, come nel caso del contratto di espansione, sono strumenti di cui potrebbero beneficiare una pluralità di aziende e di lavoratori anche di settori diversi».

Finora le aziende che hanno utilizzato le misure previste dal contratto di espansione, per esempio, sono Tim ed Ericsson. Tim prevede 600 assunzioni, il coinvolgimento nei piani formativi per tutto il personale (circa 40mila), la riduzione dell'orario di lavoro dell’ordine del 10% (trattamento di integrazione salariale); Ericsson, invece, prevede l’assunzione di 30 persone con profili professionali innovativi, un considerevole piano di formazione e riqualificazione professionale a beneficio di oltre 1.500 dipendenti e l’adesione volontaria allo scivolo pensionistico per coloro che matureranno, nel periodo di vigenza dell'accordo stesso, il requisito di accesso alla pensione entro i successivi 60 mesi. Il contratto di espansione ha messo a disposizione queste risorse: fondi 2019-20 per l'integrazione salariale pari a 15,7 milioni di euro oltre a 31,8 milioni di euro. Però servono ancora fondi per le altre aziende interessate a utilizzare questa misura nel 2020 (si stima almeno 50 milioni di euro). Mentre i fondi per l'accompagnamento alla pensione ammontano a 4,4 milioni di euro per il 2019, 11,9 milioni di euro per 2020, 6,8 milioni di euro per il 2021.

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