mercoledì 21 febbraio 2024
Più di uno studente su tre vorrebbe intraprendere un'attività pratica. Aumentano estetisti, muratori e tassisti. Le buone prassi nella moda e nelle Marche
Molti giovani attratti dal lavoro manuale

Molti giovani attratti dal lavoro manuale - Ta-Daan

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Dall’autoriparatore all’elettricista al tecnico manutentore e programmatore fino all’addetto all’assemblaggio e alle macchine industriali. Più di uno studente su tre vorrebbe intraprendere un lavoro tecnico-manuale. È il dato che emerge dallo studio di Gi Group Holding e Fondazione Gi Group in collaborazione con Skuola.net e La Fabbrica. Qualcosa sta cambiando: i mestieri tecnico-pratici ricominciano a guadagnare consensi tra le nuove generazioni. Un’ottima notizia, visto che nel contempo il mondo del lavoro fatica costantemente a trovare figure preparate a svolgerli. A rivelarlo è anche l’annuale Osservatorio Giovani e professioni, realizzato da Skuola.net in collaborazione con Autostrade per l’Italia, interpellando 2.500 studenti delle scuole secondarie superiori. Fra i giovani prossimi al diploma, infatti, circa uno su quattro sta considerando queste occupazioni come una possibile opzione per il futuro, soprattutto se associate a una elevata formazione e conseguente retribuzione. Ci sono molti ragazzi - qui la quota sale a uno su tre - ma anche ragazze intenzionate a valutare e svolgere professioni tecnico-pratiche, a patto che ci siano le giuste condizioni.

Il numero degli studenti ben disposti verso una carriera più manuale che teorica, peraltro, cresce rapidamente nel tempo. Basta paragonare i dati attuali con quelli dell’Osservatorio 2022: allora i mestieri pratici convincevano solo il 19% degli intervistati e il 26% dei maschi. Inoltre, altrettanto velocemente, si inizia a svuotare la platea dei giovani che scartano a priori questo avvenire, che scende sotto la soglia psicologica del cinquanta per cento: dal 53% di un anno fa al 49% attuale; che tra i maschi si riduce al 39%.

Potremmo, dunque, essere di fronte a una mini-rivoluzione. Anche perché, parallelamente, perdono forza alcuni stereotipi. Per esempio, calano dal 19% al 14% coloro che scartano le professioni pratiche per congetture legate al loro status socio-economico: per questi non sarebbero mestieri adatti al proprio genere oppure al riconoscimento sociale atteso dal contesto di riferimento o dai genitori stessi.

Parimenti, si indebolisce un altro grande preconcetto: ormai solo uno studente su cinque considera quasi “obbligatorio” per un liceale intraprendere una professione più teorica, dopo essersi laureato; mentre 12 mesi fa erano uno su tre. Insomma, da questi segnali si intravvede forse uno spiraglio per poter ricucire la differenza tra domanda (del mercato del lavoro) e offerta (di competenze dei giovani), magari attraverso percorsi di formazione professionalizzanti e specifici post-diploma, come ritiene il 57% degli intervistati.

Ma quali sono i settori che attirano quel 51% di studenti delle superiori che non dicono “no” a una professione tecnico-pratica? Anche qui c’è il genere può fare molta differenza. Quasi la metà degli uomini concentra le sue preferenze in un podio che vede il comparto della mobilità - automobilistica, ferroviaria, aeronautica - al primo posto, seguito dall’industria digitale ed elettronica e dal settore dei servizi alberghieri e della ristorazione. Invece, praticamente la metà delle donne si divide in quote paritetiche, nell’ordine, tra il comparto del digitale e dell’elettronica, quello alimentare/chimico/farmaceutico e quello dei servizi alberghieri e della ristorazione. Guadagna preferenze anche uno dei settori strategici per lo sviluppo del Paese, pur risultando ancora meno gettonato: il 6% degli uomini e l’8% delle donne prenderebbe in considerazione un impiego nel settore delle costruzioni e delle infrastrutture.

A tal proposito, lo stesso Gruppo Autostrade per l’Italia sta portando avanti in prima persona diversi progetti come l’Amplia Academy, un vero e proprio “cantiere dei mestieri” pensato per anticipare i percorsi formativi dedicati alle principali figure professionali ricercate. Formando ruoli tecnico-pratici nei settori di sua competenza, come l’assistente di cantiere, il carpentiere, il conducente di mezzi speciali, il minatore. Specializzazioni sempre più richieste, ma per le quali l’offerta di manodopera risulta oggi molto carente nel nostro Paese.

Ma non è tutto rose e fiori, perché spesso il desiderio dei ragazzi e delle ragazze finisce per non ricevere adeguato supporto, fino a essere messo anche nel cassetto, di fronte alle aspettative diverse delle famiglie e alla direzione spesso tracciata dalle stesse attività di orientamento a scuola. Versante genitori, oltre sette su dieci (72%) vorrebbero vedere il proprio figlio o la propria figlia all’università. Le facoltà sono di gran lunga la prima opzione per i genitori con figli al liceo e agli istituti tecnici, e la seconda per chi ha figli agli istituti professionali, subito dopo l’ingresso nel mercato del lavoro. A questa prima forma di pressione sociale si aggiungono le attività di orientamento a scuola che, evidenziano otto studenti su dieci (76%), sono anch’esse sbilanciate verso l’università, traducendosi per lo più in presentazioni di facoltà e corsi di laurea. L’orientamento, poi, inizia troppo tardi: solo uno studente su dieci (11%) lo comincia entro la terza superiore, il 33% non prima della quinta e uno su quattro addirittura non lo ha mai fatto (26%).

Mestieri artigiani: chi sale, chi scende

Se la platea dei lavoratori indipendenti negli ultimi anni è tornata a crescere, le attività che costituiscono il cosiddetto lavoro autonomo “classico” (che rappresentano quasi il 75% circa del totale dei lavoratori indipendenti presenti nel Paese) sono in costante diminuzione. L'Ufficio Studi della Cgia si riferisce alle categorie degli artigiani, dei piccoli commercianti e degli agricoltori. Se il confronto lo si fa tra il 2014 e il 2022 (il più esteso arco temporale che i dati Inps ci consentono di monitorare), il numero complessivo di queste tre categorie è sceso di 495mila unità. Gli agricoltori sono diminuiti di 33.500 unità (-7,5%), i commercianti di 203mila (-9,7%) e gli artigiani addirittura di quasi 258.500 (-15,2%). In tutte e tre le categorie i dati includono le posizioni Inps dei titolari dell’azienda, dei soci e dei collaboratori familiari. Più attenzione per la persona, la manutenzione della casa, la mobilità, ma anche per la cura del verde e per l’offerta di servizi digitali. Meno spazio a trasportatori, elettricisti, falegnami, servizi di lavanderia, panettieri e idraulici. Secondo un’elaborazione di Unioncamere e InfoCamere, a partire dai dati del Registro delle Imprese, è cambiata lungo queste direttrici - negli ultimi cinque anni - la mappa dei mestieri artigiani nel nostro paese. Un comparto, quello artigiano, che complessivamente conta poco meno di 1,3 milioni di imprese (il 22 % del tessuto produttivo del Paese).

In termini assoluti, il mestiere che ha fatto segnare l’espansione più consistente (8.802 imprese in più negli ultimi cinque anni) è quello degli estetisti, in cui sono inclusi i tatuatori e nail shop. A seguire troviamo i muratori (+3.451), i tassisti (+2.339), i serramentisti (+2.234) e i giardinieri (+1.934). Sulla scia della trasformazione digitale crescono anche gli specialisti in servizi Ict (1.317 imprese in più), espressione dei nuovi mestieri legati ad attività come l’e-commerce o la cyber sicurezza.

I cinque anni a cavallo delle tre emergenze globali che hanno segnato il panorama della nostra economia (pandemia, crisi energetica e irruzione del conflitto russo-ucraino), hanno inciso sui mestieri artigiani anche in negativo, riducendo il perimetro numerico di alcune attività. I più colpiti sono stati i piccoli trasportatori, diminuiti di 10.784 unità. A grande distanza seguono gli elettricisti (-4.281), i parrucchieri e barbieri (-4.056) e i falegnami (-3.503).

Mettendo sotto la lente le variazioni percentuali, al posto di quelle assolute, i dati fanno emergere dinamiche in alcuni casi diverse. Se gli estetisti si confermano il settore con l’incremento più elevato anche in termini relativi (+24,8% nel quinquennio), al secondo posto per crescita più sostenuta salgono i tassisti (+19,2%) e ancora di più emergono gli specialisti Ict (+12,5%) che, dal settimo posto in valore assoluto, conquistano il podio della crescita percentuale.

Sul fronte opposto della graduatoria, la variazione percentuale più significativa è quella delle imprese di lavanderia (diminuite del 21%) che, seppur di poco, supera quella dei trasportatori (-20,6%). Nel gruppo dei settori con riduzioni a due cifre troviamo poi i falegnami (-19%), i calzolai (-18,1%) e i panettieri (-10,9%).

L’analisi ha inoltre esplorato nel dettaglio alcune caratteristiche delle imprese artigiane riconducibili ai “mestieri”, segnatamente la componente femminile, quella degli under 35 e quella a guida di persone nate al di fuori dei confini nazionali. Ne emerge un quadro più composito delle vocazioni ai mestieri artigiani di queste tipologie di imprenditori, con le donne in forte crescita percentuale tra i tassisti (+33%), i giovani tra gli specialisti Ict (+22,5%) e gli stranieri tra gli estetisti (+56,9%).

A Milano il 46% degli artigiani è di origine straniera

A Milano un artigiano su due è straniero. In città infatti gli artigiani stranieri sono il 46% del totale del settore. Sotto la Madonnina operano 9.396 titolari di ditte provenienti da ogni angolo del mondo, una cifra che sale a quasi 20mila in tutta l'area metropolitana (29% del totale) e in provincia di Monza e Brianza (23%), con una tendenza in costante crescita. Sono alcuni dei dati di Unione Artigiani. Secondo i dati del Registro Imprese (fine 2023) elaborati dall'ufficio studi di Unione Artigiani, è più bassa l'età media degli artigiani stranieri. Il 60%, infatti, è sotto i 50 anni, mentre la maggior parte dei titolari italiani si avvicina invece all'età pensionabile. Vi sono inoltre settori nei quali gli artigiani non italiani sono oramai maggioranza: a Milano parrucchieri ed estetisti stranieri sono il 54% del totale, il 51% del tessile, il 66% nel settore artistico, e lo sono quasi nell'edilizia (48%) pulizie (46%), nei trasporti (42%), nell'elettronica (41%).

L'Africa, tra Milano e la Brianza, è il Continente da dove proviene il maggior numero di titolari di imprese artigiane, con il 40%, pari a 9.042. Seguono l'Europa (con l'Europa del'Est) col 31%, l'Asia (16%), il Sud America (11%) e Nord e Centro America (2%). L'Oceania chiude con soli 12 artigiani registrati dalla Camera di Commercio. Gli imprenditori egiziani rappresentano la parte più rilevante della business community artigiana africana nel milanese, sono infatti il 77% del totale, con 7.006 aziende. Seguono i marocchini a quota 1.134 e i tunisini con 509. La stragrande maggioranza è impegnata nell'edilizia, nei servizi di pulizia e in quota significativa anche nel settore legno/mobile. I cinesi rappresentano il 50% degli artigiani provenienti dall'Asia, con 3.708 imprese. Sono 1.100 quelle attive nel settore tessile, 650 i saloni di parrucchieri ed estetica, con numerosissime donne titolari, specie a Milano, 559 sono le ditte nella filiera nell'edilizia. Si registra poi una significativa presenza di ditte pakistane, a quota 517, cingalesi con 304 e del Bangladesh con 275.

Le buone pratiche nella moda e nelle Marche

Crescere, valorizzando e tramandando un ricco saper fare sartoriale e di alto artigianato industriale sviluppato negli anni e custodito dalle sarte e modelliste dell’azienda, favorendo un passaggio generazionale necessario per mantenere competenze che rendono l’Italia un’eccellenza a livello mondiale e che altrimenti andrebbero perse. Parte da qui il percorso di Cieffe, partner strategico dei
principali brand mondiali del lusso nella confezione di capi prêt-à-porter di alta gamma, che ha portato l’azienda a costituire la sua Academy interna e ad avviare un programma di collaborazione e “training on the job” con i principali istituti superiori e facoltà di design del territorio con l’obiettivo di introdurre al mondo del lavoro giovani desiderosi di fare e di scoprire cosa c’è dietro le quinte del mondo della moda. Con la nuova Cieffe Academy, l’azienda dà la possibilità ogni anno a circa 20 giovani provenienti dai principali istituti superiori e facoltà di design delle province di Brescia, Cremona e Milano di iniziare un periodo di tirocinio all’interno di Cieffe e a stretto contatto con i dipendenti, così da apprendere direttamente sul campo i segreti di un lavoro in cui la manualità, l’esperienza, ma anche la tecnologia permettono di creare prodotti unici. Allo stesso tempo, il percorso ha l’ambizione non solo di trasferire le competenze tecniche, ma anche di sensibilizzare le nuove generazioni verso i temi della sostenibilità della produzione, a cui Cieffe presta grande attenzione grazie anche a una continua innovazione dei processi. I tirocinanti, in affiancamento a sarte, modelliste e al team di ricerca e sviluppo interno, metteranno in pratica fin da subito come realizzare i cartamodelli, utilizzare la realtà virtuale per la prototipazione rapida, impareranno le tecniche del taglio a mano ma anche di quello laser, ed entreranno in contatto con la progettazione 3D con i nuovi materiali hi-tech. Il nuovo progetto, quindi, prevede in concreto l’apertura delle porte dell’azienda agli studenti di scuole e Università per mostrare direttamente cosa significa lavorare in una realtà come Cieffe, l’attivazione di stage curricolari sia con scuole che con Atenei, la promozione del programma di Alternanza Scuola Lavoro. Oltre a questo, Cieffe darà la possibilità agli studenti selezionati di partecipare a workshop e project work e di sviluppare la tesi di laurea in azienda. Completano il programma, la partecipazione a open day, job fair e career day.

Il mestiere dell’artigiano si inserisce, oggi, all’interno del dibattito ambientale come una possibile alternativa sostenibile alla produzione in serie, che rappresenta una delle principali cause dell’inquinamento del nostro pianeta, dello sfruttamento della manodopera a basso costo, del lavoro minorile e dello spreco delle risorse. Secondo l’Aea-Agenzia europea dell’ambiente, infatti, nel 2020, il settore tessile è stato la terza fonte di degrado delle risorse idriche e dell'uso del suolo. In quell'anno, sono stati necessari in media nove metri cubi di acqua, 400 metri quadrati di terreno e 391 chilogrammi di materie prime per fornire abiti e scarpe per ogni cittadino dell'Ue. Numeri che si stima possano solo aumentare se non si decide di invertire la rotta con azioni concrete.

Per far fronte al problema e ridurre l’enorme impatto ambientale causato dal fast fashion, una possibile soluzione è da ricercare nella tradizione e nella produzione artigianale. Non a caso, infatti, l’artigianato vive oggi un momento di grande rinascita e di riscoperta, soprattutto da parte delle nuove generazioni, più attente e sensibili alle tematiche ambientali e alla salvaguardia del pianeta. Sempre più giovani, infatti, si stanno avvicinando al mondo del “fatto a mano”, da una parte come consumatori più consapevoli, disposti a comprare meno ma meglio e dall’altra come produttori, pronti a “sporcarsi le mani” e a farsi protagonisti dell’intero processo produttivo.

Portavoce di questa nuova generazione di artigiani è Ta-Daan, il primo content e-commerce di artigianato contemporaneo. Nata nel 2020, la start up ha l’obiettivo di portare online il mondo delle piccole botteghe artigiane e riunisce una community di oltre 200mila persone, di cui il 78% è rappresentato da Millennial e Gen Z, e un network di 5mila artigiani provenienti da tutta Europa, per l’80% costituito da giovani donne. Ta-Daan nasce con l’intento di avere innanzitutto un impatto sociale, aiutando, da un lato, i piccoli artigiani a crescere e a farsi conoscere anche al di fuori dei confini della propria bottega e, dall’altro, promuovendo una modalità di acquisto e di consumo più sostenibile e consapevole. Tutti gli artigiani presenti su Ta-Daan possono decidere di comunicare la sostenibilità della propria produzione attraverso una serie di criteri, che vanno dalla scelta e dall’utilizzo dei materiali, al packaging al riciclo e restauro degli oggetti. Oltre a ciò, la startup promuove la manutenzione di ciò che si acquista, attraverso, ad esempio, workshop e craft shows di rammendo creativo e kintsugi.

Infine, i giovani disoccupati marchigiani con meno di 36 anni potranno imparare il mestiere nei settori dell'artigianato artistico tipico e tradizionale, grazie alle botteghe scuola ammesse quest'anno al finanziamento della Regione. I maestri artigiani titolari di botteghe-scuola che hanno vinto il bando regionale sono Arte orafa marchegiani di Jesi; Legatoria Librare di Ancona; Axis abbigliamento di Fermo; All gold oreficeria di Pesaro Urbino; La Congrega tessile di Ancona; Ballando Ballando Factory atelier di costumi per la danza. «Saranno - afferma Gabriele Di Ferdinando, responsabile Artigianato artistico Cna Marche - sei giovani disoccupati che saranno ospitati per otto mesi all'interno dei laboratori botteghe scuola dove impareranno i segreti e le tecniche dei mestieri artigiani nel tessile e nell'oreficeria. Al termine di questo percorso potranno avviare una attività di artigianato artistico o proseguire il percorso lavoratori all'interno di una attività artigiana. Le botteghe scuola - ricorda - finanziate dalla Regione Marche con apposito bando, consentono di favorire il passaggio generazionale nei mestieri dell'artigianato artistico e tradizionale altrimenti a rischio di estinzione. Anche nel 2024 le botteghe scuola marchigiane potranno partecipare al bando della regione per ospitare e formare giovani disoccupati under 36 nei loro laboratori artigiani. Le domande potranno essere presentate dal 1° marzo al 30 aprile e dal 1° settembre al 31 ottobre».





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