martedì 24 gennaio 2023
Si allunga la lista delle società tecnologiche che ricorre al taglio dei dipendenti per ridurre i costi. Già 170mila i posti di lavoro andati in fumo
Il quartier generale di Spotify a Stoccolma

Il quartier generale di Spotify a Stoccolma - Ansa

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Continua l’ondata di licenziamenti che da mesi sta mettendo a soqquadro le Big tech. La piattaforma di streaming musicale Spotify ha annunciato ieri che ridurrà del 6% i suoi circa 9.800 dipendenti, allungando la lista delle società tecnologiche che stanno tagliando costi e dipendenti. «Nel tentativo di generare più efficienza, controllo dei costi e accelerare i processi decisionali, ho deciso di ristrutturare la nostra organizzazione», si legge in un messaggio del ceo Daniel Ek ai dipendenti. «Sono stato troppo ambizioso ad investire oltre la nostra crescita dei ricavi» ha detto Ek. «Sarebbe stato insostenibile nel lungo termine in qualsiasi circostanza, ma in questo contesto sfidante chiudere il gap sarebbe ancora più difficile».

L’annuncio di Spotify segue a quelli di Google, Microsoft, Amazon e Twitter comunicati nelle scorse settimane: un vero e proprio effetto a catena. «Continuo a ripetere che la velocità è la strategia più difendibile che un’impresa possa avere – prosegue Ek nella lettera ai dipendenti –. Ma la velocità da sola non è sufficiente. Dobbiamo anche operare con efficienza. Sono queste due cose assieme che assicurano il successo di lungo termine», afferma Ek nella lettera, pubblicata sul sito di Spotify. «Mentre negli ultimi anni abbiamo fatto grandi progressi nel migliorare la velocità, non ci siamo focalizzati altrettanto per migliorare l’efficienza».

Ek ha evidenziato come nel 2022 la crescita delle spese operative di Spotify sia stata il doppio di quella dei ricavi, un rapporto «insostenibile» nel lungo termine e ancor di più in un contesto complesso come quello attuale. Ai dipendenti verrà riconosciuta un’indennità media di cinque mesi, accompagnata dal perdurare per tutto il periodo dall’assicurazione sanitaria. Spotify stima in 35-45 milioni di euro il costo una tantum legato all’uscita del personale.

La settimana scorsa era stata Google ad annunciare il taglio di 12mila dipendenti, vale a dire il 6% del totale. «Ho delle notizie difficili da condividere» è l’incipit della mail con cui il ceo di Alphabet Pichai ha comunicato il ridimensionamento legato a motivazioni economiche.

«Negli ultimi due anni abbiamo vissuto periodi di crescita spettacolare. Per sostenere e alimentare questa crescita, abbiamo assunto in un contesto economico diverso da quello attuale» ha spiegato Pichai assumendosi “la piena responsabilita” della decisione di licenziare. Alla fine di settembre Alphabet aveva quasi 187mila dipendenti.

Sino ad oggi le Big Tech hanno già prodotto 170mila esuberi. Fuori dal coro, al momento è rimasta soltanto Apple. Il motivo di questa crisi è legato allo scoppio della bolla creatasi durante la pandemia. Le società tecnologiche hanno assunto molti dipendenti perché durante la pandemia sono cresciute a dismisura. Ma quando l'emergenza è finita è cambiato tutto e l'inflazione alle stelle ha tagliato i consumi e ribaltato ogni previsione.

Solo negli ultimi mesi gli annunci si sono susseguiti ad un ritmo serrato. Meta, la società madre di Facebook, Instagram e WhatsApp ha annunciato lo scorso novembre la perdita di 11mila posti, pari a circa il 13% del totale della forza lavoro. Si tratta del primo piano sociale nella storia del gruppo. Meta, che contava circa 87mila dipendenti in tutto il mondo alla fine di settembre, ha registrato una performance finanziaria deludente nel terzo trimestre del 2022 con un forte calo di ricavi e profitti e una stagnazione del numero di utenti.

All’inizio di gennaio Amazon il gigante dell’e-commerce ha comunicato un taglio di poco più di 18.000 posti di lavoro in tutto il mondo, Europa compresa. Il piano di esuberi riguarderà principalmente i punti vendita gestiti dal gruppo e le risorse umane. La multinazionale delle vendite online durante la pandemia ha reclutato forza lavoro in abbondanza: a fine settembre contava 1,54 milioni di dipendenti. Sotto i riflettori è finito il neo padrone di Twitter Elon Musk ha messo in campo a pochi giorni dall’acquisizione il dimezzamento dei dipendenti, annunciando un taglio di 3.750 persone su 7.500, più altri 4mila lavoratori a contratto. La scorsa settimana il colosso tecnologico Microsoft ha previsto una sforbiciata da 10mila posti, circa il 5% del totale, in quella che è la sua maggiore riduzione di personale negli ultimi otto anni.

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