venerdì 20 novembre 2015
In Italia due su tre vedono positivamente il lavoro autonomo, mentre due su cinque si immaginano imprenditrici.
C'è voglia di fare impresa e si rafforza il ruolo delle donne
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Resta alta la voglia di fare impresa in Italia e si rafforza il ruolo delle donne: due su tre vedono positivamente il lavoro autonomo, mentre due su cinque si immaginano imprenditrici. È quanto emerge dall'indagine sull'imprenditorialità realizzata, per il sesto anno consecutivo da Amway, azienda del settore della vendita diretta, in collaborazione con Gfk e l'Università Tecnica di Monaco (Tum), con lo scopo di valutare come e in quale misura nell'attuale scenario economico e lavorativo temi quali la libera iniziativa, lo spirito imprenditoriale e l'autonomia professionale siano accolti in Italia enel mondo.La ricerca, il cui campione quest'anno è stato esteso a 50mila persone intervistate in 44 Paesi nel mondo, introduce nel 2015 per la prima volta una nuova metrica, l'Amway Entrepreneurship Spirit Index (Aesi), il cui scopo è misurare scientificamente, su una scala da 0 a 100, il valore dello spirito imprenditoriale di un Paese coniugando tre variabili: desiderabilità per questo tipo percorso lavorativo, percezione della fattibilità in base alle proprie competenze e stabilità di tale decisione rispetto alle pressioni sociali.Per l'Italia, i dati emersi presentano uno scenario confortante per quanto riguarda l'avvio di un'attività in proprio, mettendo in risalto i fattori che la influenzano e quelli che la ostacolano, anche rispetto ai diversi Paesi presi in esame. In generale, il 73% degli intervistati in Italia mostra un atteggiamento positivo verso l'imprenditorialità, dato sostanzialmente invariato rispetto al 2014 e in linea con la percentuale europea (72%) e mondiale (75%). In particolare, nel nostro Paese, tra chi si dichiara favorevole all'imprenditorialità spiccano i giovani under 35 (81%) e i laureati(88%). Confermato il trend positivo al femminile, con il 69% delle donne che mostra propensione verso il lavoro autonomo.Prendendo in analisi le motivazioni che spingerebbero gli italiani a fare impresa, è possibile constatare come l'indipendenza dal datore di lavoro (46% Italia, 47% Europa, 48% Mondo) e l'autorealizzazione (41% Italia, 43% Europa, 44% mondo) rimangano negli anni salde al vertice della classifica, mentre a seguire troviamo la prospettiva di un extra guadagno (23% Italia, 33%Europa, 37% mondo), che si consolida al terzo posto con un +2% rispetto al 2014.Su questo tema, le donne italiane presentano un'interessante anomalia: se in Italia non si registra una grande differenza di genere per quanto riguarda le motivazioni di indipendenza (49% uomo, 43% donna) e autorealizzazione (37% uomo, 39% donna), è da segnalare come le donne italiane cerchino nel lavoro autonomo la possibilità di conciliare casa e lavoro, elemento che si posiziona al terzo posto tra le leve all'autoimprenditorialità con il 25%, mentre rimane all'ultimo posto per gli uomini (17%). Questo dato si discosta decisamente dalle medie europee e globali che vedono le donne confermare invece al terzo posto ancora la prospettiva di un secondo reddito, rispettivamente con il 32% e il 37% delle preferenze."L'indagine  - ha dichiarato Fabrizio Suaria, amministratore delegato di Amway Italia - illustra dati molto confortanti che indicano come le donne abbiano spirito d'iniziativa e un atteggiamento favorevole nei confronti dell'autoimprenditorialità, soluzione verso la quale si indirizzano con sempre maggior consapevolezza e coraggio. Sono infatti il desiderio di indipendenza, autorealizzazione e flessibilità a spingere l'universo femminile in questa direzione. In questo scenario, Amway da sempre si pone l'obiettivo di offrire ai suoi incaricati alle vendite, di cui lamaggior parte sono donne, un percorso di lavoro autonomo, valorizzato da formazione specifica e costante e dalla garanzia di poter gestire in autonomia il tempo dedicato allo sviluppo del proprio business".I dati più interessanti sono però quelli che riguardano la potenzialità imprenditoriale, cioè la capacità degli intervistati di immaginarsi concretamente impegnati nell'avvio di un business in proprio: il 42%, infatti, si vede capace di iniziare un'attività in autonomia, contro il 38% della media europea e il 43% di quella mondiale, e in particolare sono ancora i giovani (52%) e i laureati (57%) a mostrare il potenziale più elevato. Di grande rilievo l'analisi dei dati al femminile, che denotano il miglior trend di crescita dal 2013 a oggi, passando dal 32% all'attuale 38,5%, riducendo il gap rispetto agli uomini di quasi 12 punti percentuali (da - 19% a - 7,5%) in soli due anni.Dello stesso tenore i dati riguardanti l'Amway Entrepreneurship Spirit Index, che fotografa una situazione italiana positiva, con le donne non più così distanti dagli uomini per quanto concerne il loro spirito imprenditoriale. Secondo l'indice Aesi, infatti, l'Italia ottiene un punteggio di 50 su 100, ben cinque punti sopra la media dei Paesi europei (45), in linea con la media globale (51). Gli uomini italiani mostrano uno spirito imprenditoriale superiore rispetto a quello delle donne(54 contro 46) ma il gap è di soli 8 punti, in linea con i dati riguardanti la potenzialità imprenditoriale.Dando uno sguardo più in profondità, si evince come il solco che separa uomini e donne in Italia sia dato dalla differenza che sussiste fra l'appetibilità di un percorso lavorativo autonomo e la percezione di avere realmente le capacità per poterlo intraprendere, in entrambi casi con una distanza fra uomini e donne di circa dieci punti percentuali. Solo del 3% è invece il divario riguardante la fermezza di fronte alle pressioni sociali, ovvero la capacità di non lasciarsiinfluenzare dal network amicale e parentale rispetto alla decisione di avviare o meno un'attività in proprio, elemento che denota ancora una volta una crescente consapevolezza e fermezza da parte del mondo femminile sul tema del lavoro indipendente.Dall'indagine Amway, pur emergendo dati rassicuranti che rispecchiano un alto ottimismo sia a livello internazionale che italiano sul tema imprenditorialità, si evidenzia ancora come la paura di fallire rappresenti, in particolare in Italia, un fortissimo freno a intraprendere. A livello europeo, secondo il 69% degli intervistati il rischio di fallimento rappresenta un ostacolo concreto, dato in linea con la media globale (70%). Anche quest'anno, tuttavia, l'Italia si distingue purtroppo per una percentuale elevatissima, molto al di sopra della media, su questo tema: ben il 90% degli intervistati infatti teme l'insuccesso, con solo il Giappone a livello mondiale che registra un dato più negativo (94%) di quello italiano.Tra i principali fattori che determinano la paura di fallire, in Italia, ci sono il timore verso la crisi economica (46%), il manifestarsi di alti oneri finanziari (39%) e la perdita di autostima(19%). Rivolgendo, infine, uno sguardo alla società nel suo complesso come sistema economico-politico, la percentuale di intervistati che ritiene l'Italia un Paese favorevole all'imprenditorialità nel 2015 èdel 43%, con gli uomini più positivi (46%) rispetto alle donne (41%).Il dato italiano si discosta di un solo punto percentuale rispetto a quanto emerso nel 2014 (44%), anno che aveva registrato un cambiamento importante nell'opinione degli italiani: nel 2013 erano infatti solo il 35% coloro che vedevano l'Italia come un Paese pro imprese. L'Italia rimane comunque al di sotto delle medie europea (46%) e mondiale (50%), dove la società sembra essere percepita in generale come più propensa a sostenere la nascita e lo sviluppo dell'imprenditorialità e del lavoro autonomo.
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