mercoledì 13 marzo 2024
Tra le semplificazioni previste anche l’eliminazione dell’autorizzazione della Sovrintendenza
Col decreto Asset meno permessi per tagliare alberi «di interesse pubblico»
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È bastato poco, un solo emendamento al “decreto Asset” in Commissione Industria, commercio, turismo, agricoltura e produzione agroalimentare del Senato, per estendere la possibilità di tagliare – senza l’autorizzazione paesaggistica della Sovraintendenza - anche gli alberi di «notevole interesse pubblico». Ovvero quelli ritenuti talmente importanti per il bene comune da essere normati, oltre che dalle disposizioni regionali, dal Codice dei beni culturali e del paesaggio.

Una decisione in decisa controtendenza rispetto alle politiche di contrasto alla crisi climatica e che il governo ha motivato con la necessità di rilanciare l’industria italiana del legno. Non sorprenderà quindi che il provvedimento sia stato accolto con favore dalle sigle associative dell’economia forestale e che abbia invece acceso le proteste della maggior parte degli ambientalisti. Che denunciano anche l’inutilità del blitz: i nostri alberi si prestano più che altro ad avere una funzione di combustione, per cui saremmo davanti a un mero “golpe contro natura”. Tanto che Europa verde, movimento politico guidato da Angelo Bonelli, minaccia di ricorrere alle istituzioni europee per violazione dell’articolo 9 della Costituzione italiana, che pone la tutela della biodiversità e del paesaggio in capo allo Stato. Gli unici soggetti a decidere sulle foreste italiane restano infatti le Regioni.

La questione ruota attorno ad un emendamento presentato dal senatore di FdI, Luca De Carlo, al “decreto Asset” (centrato su questioni finanziarie) sotto la voce: “Interventi urgenti a sostegno di attività economiche strategiche e del Made in Italy”. In pratica, per incentivare lo sviluppo delle aziende italiane impegnate nel settore del legno, si decide di ampliare la possibilità di approvvigionamento della materia prima. Come? Estendendo l’articolo 149 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, quello che disciplina il taglio dei boschi ordinari sottoposti al vaglio delle sole norme regionali, ai boschi vincolati per notevole interesse pubblico (dall’art. 136). In altre parole, «quelli per il cui abbattimento era necessaria anche l’autorizzazione della Sovraintendenza, perché ritenuti fondamentali per il bene comune», spiega Alessandro Bottacci, docente di Conservazione della natura all’Università di Camerino.

Stiamo parlando di alberi monumentali, di ville, giardini e parchi «che si distinguono per la loro non comune bellezza». Così come di quelli presenti «nei centri storici, nei punti panoramici o di belvedere accessibili al pubblico» per i quali quindi viene meno l’obbligo di un doppio passaggio autorizzativo, regionale e statale. «Di atteso snellimento burocratico», parlano infatti coloro che gravitano nel mondo dell’economia del legno ma Bottacci spiega come «le nostre foreste siano troppo giovani e quindi inadatte all’uso della filiera di maggiore aggiunto, come quella del mobile». E non nasconde il sospetto che dietro questa mossa ci sia un vecchio conflitto con lo Stato da parte delle Regioni che hanno sempre «mal tollerato di non detenere l’esclusività in materia». Per gli ambientalisti si tratta di un vero schiaffo alla tutela della biodiversità e del paesaggio a cui è riconosciuta una «funzione di interesse anche per le generazioni future» dalla Carta costituzionale. E Bonelli annuncia ricorso in Europa affinché resti in capo allo Stato. Il decreto Asset intanto è diventato legge e non resta che guardare alle singole Regioni, ognuna con una propria normativa sul tema.


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