venerdì 22 novembre 2013
​Lo scorso anno scolastico sono stati 11.600 in 3.177 istituti secondari e hanno coinvolto 227.886 studenti (+20%).
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La cattiva notizia è che sono ancora pochi. Quella buona è che risultano in crescita. Parliamo dei percorsi di alternanza fra scuola e lavoro, uno degli strumenti considerati più efficaci per costruire un ponte tra l’istruzione e l’occupazione.Lo scorso anno scolastico sono stati 11.600 in 3.177 istituti secondari e hanno coinvolto 227.886 studenti. Ancora troppo pochi se si considera che le scuole attive sono meno della metà (45,6%) e soprattutto gli studenti che hanno partecipato ai percorsi rappresentano appena l’8,7% della popolazione studentesca delle superiori, con punte del 28,3% negli istituti professionali e invece un minimo del 2,4% registrato nei licei. Proprio i licei, finora i più restii a intraprendere azioni di alternanza scuola/lavoro rappresentano però la tipologia di secondaria che mostra l’incremento maggiore rispetto all’anno precedente: +41,8% i percorsi attivati, +57% gli istituti coinvolti.I dati del monitoraggio del Ministero dell’Istruzione e di Indire (Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa) – presentati ieri all’inaugurazione di Job&Orienta, il salone dell’istruzione e del lavoro in corso fino a sabato a Verona – fanno comunque intravedere, finalmente, un cambio di approccio rispetto all’annoso problema di avvicinare il mondo dell’istruzione a quello del lavoro. Il trend è di crescita, infatti, sia per quanto riguarda gli istituti coinvolti (+34,3%) sia per i percorsi attivati (+18,5%), sia ancora per gli studenti partecipanti aumentati del 20% in un anno, più che quadruplicati negli ultimi 6. Certo sarebbe necessario andare molto oltre, ma si tratta di un buon risultato se si considera il momento di crisi e le difficoltà pure delle imprese ospitanti, anch’esse cresciute del 19%.«Si comincia a comprendere che il mondo è cambiato e che il vecchio tabù della separazione tra scuola e lavoro non ha più senso e va a danno dei giovani – commenta Gabriele Toccafondi, sottosegretario all’Istruzione, Università e Ricerca –. C’è però ancora molto da fare per generalizzare questo strumento e in particolare arrivare ad utilizzarlo in tutti e cinque gli anni del ciclo delle secondarie superiori, non solo al IV o V anno, come avviene oggi».Un problema solo culturale o anche relativo alla scarsità delle risorse pubbliche – calate da 26 a 20 milioni quest’anno – e alle difficoltà burocratiche per attivare i percorsi? «Le risorse finanziarie certo servono, ma il nodo principale è ancora culturale. Occorre che sia i docenti sia gli studenti comprendano come l’alternanza scuola/lavoro non tolga nulla allo studio, sempre fondamentale, ma aggiunga competenze e conoscenze utili per l’ingresso nel mercato del lavoro – risponde Toccafondi –. Quanto alla burocrazia, dobbiamo semplificare al massimo le norme in materia, senza però cedere di un millimetro sul fronte della sicurezza per i nostri ragazzi, quando vengono inseriti negli ambienti di lavoro».E proprio rispetto alle imprese, è interessante notare come siano ancora le attività alberghiere e di ristorazione da un lato e le aziende manifatturiere dall’altro a offrire le maggiori disponibilità ad ospitare gli studenti (rispettivamente 29,4% e 20,7% del totale). Seguono le attività di servizio (13,7%) e i professionisti (10,9%), mentre paradossalmente a latitare sono gli enti pubblici, con sanità e assistenza sociale all’1,9% e l’amministrazione con appena uno 0,2%.
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