mercoledì 30 dicembre 2020
Con un po' di fretta si chiude un negoziato durato 7 anni. Ci sono più tutele per le imprese europee che investono in Cina. Pechino apre alla fine dei lavori forzati. Per la firma serve tempo
Charles Michel, Xi Jinping, Ursula von der Leyen, Angela Merkel ed Emmanuel Macron in videoconferenza per l'accordo sugli investimenti

Charles Michel, Xi Jinping, Ursula von der Leyen, Angela Merkel ed Emmanuel Macron in videoconferenza per l'accordo sugli investimenti - Epa-Ansa

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Dopo quasi sette anni di trattative, Europa e Cina hanno chiuso i negoziati per l’accordo globale sugli investimenti. L’intesa politica tra Commissione europea e Repubblica Popolare Cinese sul “Comprehensive Agreement on Investment” (Cai) è stata approvata dai presidenti Ursula von der Leyen e Xi Jinping in una videoconferenza alla quale ha partecipato anche Charles Michel, presidente del Consiglio europeo. All’incontro virtuale si sono uniti (in un secondo momento, come hanno specificato da Bruxelles) anche la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron.

L’accordo è arrivato un po’ frettolosamente e a due giorni da capodanno. L’accelerazione delle ultime settimane ha le sue motivazioni. Ad aprile 2019 Commissione europea e Cina si erano impegnate ad arrivare a un’intesa entro la fine del 2020. La cancelliera Angela Merkel, che su pressione dell’industria tedesca ha spinto più di ogni altro leader europeo per arrivare a questa intesa. Voleva un accordo prima della scadenza del suo semestre di presidenza del Consiglio europeo, che termina proprio oggi. Il presidente cinese Xi Jinping aveva invece interesse a raggiungere il patto con l’Europa prima del 20 gennaio, giorno in cui Joe Biden prenderà il posto di Donald Trump alla Casa Bianca e lavorerà per rilanciare l’alleanza storica tra Stati Uniti ed Europa. Entrambi hanno centrato l’obiettivo.

Il Cai non è un accordo commerciale, ma riguarda gli investimenti. Ha l’obiettivo di agevolare le aziende europee che vogliono investire in Cina, Paese dall’enorme forza economica che secondo l’indice di apertura elaborato dall’Ocse è uno dei mercati più ostili del mondo per chi arriva da fuori. I problemi per le aziende straniere che investono in Cina sono tanti: trasferimenti forzati di tecnologia, obbligo di creare joint venture con società cinesi, concorrenza di aziende statali che vivono di sussidi pubblici. L’Europa ha condotto il negoziato su tre linee: l’accesso al mercato, la parità di condizioni per le aziende, lo sviluppo sostenibile.

L’intesa raggiunta rimuove molte delle restrizioni alle aziende europee che vogliono avviare o espandere la loro attività in Cina in alcuni settori, tra i quali le auto elettriche (su questo insisteva l’industria tedesca), gli apparecchi sanitari, la chimica, i servizi finanziari, le costruzioni, l’informatica. L’Ue ha ottenuto impegni sulla parità trattamento delle sue aziende: Pechino ad esempio assicurerà che le sue imprese statali si muoveranno solo in base a criteri commerciali e smetterà di pretendere il trasferimento di tecnologie in cambio della possibilità di investire. La Cina ha preso anche impegni sul rispetto dell’accordo di Parigi sul clima e sul trattamento dei lavoratori. Nel Paese esiste ancora il lavoro forzato, che Pechino applica ad esempio alla minoranza musulmana degli uighuri nello Xinjiang. Il Cai impegna la Cina a fare «sforzi continui e sostenuti» per ratificare le due principali convenzioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) contro il lavoro forzato.

La conclusione del negoziato è solo un primo passo perché l’accordo possa diventare operativo. L’intesa politica deve ancora essere formalmente scritta nei suoi dettagli dagli uffici tecnici legali europei e cinesi. Quindi dovrà essere discussa e approvata dal Parlamento europeo. Dopodiché starà ai parlamenti dei 27 Stati membri discuterla e ratificarla. Serviranno diversi mesi. Sembra che per ottenere l’approvazione della Francia, Merkel abbia concordato con Macron che la firma potrà avvenire nel primo semestre del 2022, quando sarà Parigi il presidente di turno del Consiglio europeo.

Il Cai è «una pietra miliare per l’economia» che migliora «l’accesso ad un mercato chiave globale e crea parità di condizioni per le nostre imprese» ha detto Valdis Dombrovskis, vicepresidente della Commissione europea responsabile per il Commercio. «L’Ue ha il più grande mercato unico del mondo. Siamo aperti agli affari ma siamo attaccati alla reciprocità, alla parità di condizioni e ai valori» ha aggiunto von der Leyen. L’accordo «stimolerà con forza la ripresa mondiale nel periodo post-epidemia» ha dichiarato Xi.

Le sorti politiche dell’accordo però non sono scontate. Nel Parlamento europeo è forte il fronte dei contrari. Il verde Reinhard
Bütikofer, europarlamentare tedesco presidente della commissione del Parlamento europeo che si occupa delle relazioni con la Cina, su Twitter ha citato Talleyrand scrivendo che questo accordo «è peggiore di un crimine, è un errore». Diversi parlamentari europei si sono uniti nella critica all’intesa, soprattutto per la vaghezza degli impegni della Cina e per la fretta di voler arrivare alla firma.

C’è anche la pressione degli Stati Uniti. Rispetto a Trump, Biden intende cambiare atteggiamento nel rapporto transatlantico, mantenendo però una linea ferma nelle relazioni con la Cina. Il piano del futuro presidente è, semplificando, quello di creare una coalizione di grandi democrazie per relazionarsi con Pechino. Jake Sullivan, che sarò consulente per la sicurezza di Biden, pochi giorni fa ha postato su Twitter un articolo sull’imminente accordo segnalando che «l’amministrazione Biden-Harris accoglierebbe con favore le prime consultazioni con i nostri partner europei sulle nostre comuni preoccupazioni riguardo le pratiche economiche della Cina».

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