giovedì 10 novembre 2016
Negli anni di Obama il Pil è salito, la disoccupazione è scesa, ma i redditi delle famiglie sono rimasti fermi e c'è più disuguaglianza.
un homeless a New York

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«Ve la passate meglio di quattro anni fa?», chiese Ronald Reagan agli americani nell’ultimo confronto televisivo prima delle presidenziali del 1984. Gli americani, che evidentemente se la passavano molto meglio di quattro anni prima, risposero al presidente regalandogli il più grande trionfo elettorale della storia degli Stati Uniti d’America, con l’ex attore che sbaragliò il democratico Walter Mondale in tutti i singoli Stati eccetto il Minnesota.

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E gli americani di oggi, quelli che hanno scelto Trump, se la passano meglio o peggio di otto anni fa? Certo, non si vota solo con il portafoglio, ma l’inaspettata vittoria di Donald Trump è anche la risposta degli americani del 2016 alla domanda reaganiana che Barack Obama non ha avuto il coraggio di fare. A guardarli da questa Europa che soffre di stagnazione cronica gli Stati Uniti sembrano molto più in forma rispetto al 2009.

I numeri della crescita


È vero, come ricorda perfido il blog finanziario ZeroHedge, che Obama è il primo presidente del Dopoguerra a non essere mai riuscito a fare crescere il Prodotto interno lordo di almeno il 3% in un anno, però, in attesa dei dati del quarto trimestre, il Pil americano è comunque salito dell’11% in questi otto anni. La ripresa economica degli Stati Uniti è stata effettivamente capace di creare anche lavoro: la disoccupazione a ottobre è scesa di nuovo sotto al 5% (al 4,9%) ai livelli più bassi dall’inizio 2008. Rispetto al picco del 10% toccato durante l’autunno del 2009 il tasso dei senza lavoro si è quindi dimezzato. Dietro questi indicatori più semplici, però, si nasconde una situazione economica complessa.

I redditi stagnanti


Rispetto a otto anni fa negli Stati Uniti c’è meno disoccupazione, ma non c’è nemmeno più occupazione: la percentuale di adulti che lavorano è scesa sotto il 60% negli anni della crisi e nonostante una graduale risalita non è più riuscita a tornare sopra quella soglia. Segno che tanti americani si sono chiamati fuori dal mondo professionale: le persone escluse dalla forza lavoro, cioè che non lavorano e non intendo farlo, tra il 2008 e il 2016 sono salite da 78,5 a 94,6 milioni.

È un aumento impressionante, anche se il dato, salvo qualche pausa, continua a crescere da parecchi anni. L’altro elemento che indebolisce molto l’immagine della ripresa del lavoro americano è il fatto che i redditi in questi anni sono saliti poco. L’americano medio guadagnava 345 dollari a settimana all’inizio del 2009 e ne guadagna 347 adesso, dopo una risalita rispetto ai 330 dollari a cui era sceso il reddito mediano nel 2014. E difatti il reddito mediano delle famiglie, tenuto conto dell’inflazione, è ancora sotto i livelli pre crisi: erano 57.423 dollari l’anno nel 2007 sono 56.516 dollari nel 2015, primo anno in cui i bilanci famigliari hanno rivisto i livelli pre-Obama.

L'aumento delle diseguaglianze


Di più: il tasso di povertà della popolazione americana, che era al 10,3% nel 2008 è rimasto stabilmente sopra l’11% per i sei anni successivi per poi tornare quasi al livello di partenza (al 10,4%) soltanto nel 2015. Insomma: l’America non è più povera, ma non è nemmeno più ricca. Sicuramente è più diseguale. Il coefficiente di Gini delle famiglie, che è il termometro del livello di omogeneità economica di una società (dove 0 rappresenta il massimo dell’uguaglianza e 1 il massimo della disparità) in questi otto anni è salito da 0,466 a 0,479. Difficile sorprendersi: i maggiori beneficiari delle politiche monetarie ultragenerose della Federal Reserve sono stati probabilmente gli azionisti delle aziende di Wall Street, dove l’indice S&P 500 è salito di più del 50% e gli utili per azione delle aziende sono passati dai 60 dollari del 2009 ai quasi 120 del 2015. E forse allora va cercata qui la radice dello scontento economico dell’America che ha scelto Trump: nell’insoddisfazione del vedere che la propria situazione economica peggiora, o migliora appena, mentre c’è chi rastrella miliardi di dollari mangiandosi la fetta più gustosa della torta degli stimoli economici.

Chi rimborserà il debito pubblico americano?


Con il serio rischio della beffa finale per la working class, quella di dovere pagare per quelle spinte all’economia di cui altri hanno beneficiato di più. Il debito pubblico americano nei quasi otto anni di Obama è salito da 11.126 a 19.381 miliardi di dollari, portandosi dal 64% al 105% del Pil. Non è un livello "italiano", ma poco ci manca. Ormai da diversi mesi i titoli di Stato americani offrono tassi superiori ai nostri. A Washington, a un certo punto, dovranno iniziare a ragionare su dove trovare i soldi per rimborsare i creditori.

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