domenica 4 febbraio 2018
Dopo lo scivolone di venerdì, le borse sono rimaste deboli. Per l'ex capo della Fed, Alan Greenspan, ci sono ben due bolle finanziarie pronte a scoppiare. Investitori in asnai.
Operatori perplessi a Wall Street (Ansa)

Operatori perplessi a Wall Street (Ansa)

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Che cosa potrebbe provocare lo scoppio della bolla finanziaria nel 2018, dopo gli straordinari rialzi dello scorso anno? «Non c’è bisogno di qualcosa che la provochi, sono le stesse dinamiche delle bolle che a un certo punto le portano a una fine». Parola di Robert Shiller, che nel 2013 ha vinto il Nobel per l’economia per le sue analisi sull’inefficienza dei mercati e che un paio di settimane fa al World Economic Forum non nascondeva di ritenere che i listini si fossero spinti troppo in là.

«Penso che ci siano due bolle. Abbiamo una bolla nelle Borse e una bolla del mercato obbligazionario. Penso che alla fine il problema critico potrebbe essere la bolla delle obbligazioni » ha confermato giovedì scorso il vecchio Alan Greenspan, che ha guidato la Federal Reserve per quasi vent’anni. Secondo Greenspan la bolla delle obbligazioni potrebbe scoppiare per un rialzo più brusco del previsto dell’inflazione americana.

La caduta del 2 febbraio

Detto fatto. Venerdì dati migliori delle attese sul mercato del lavoro e sulla crescita degli stipendi in America hanno fatto scivolare Wall Street. Il Dow Jones ha perso il 2,5%, il risultato peggiore da oltre un anno e mezzo. L’indice di riferimento della principale Borsa mondiale ha perso oltre 600 punti, una caduta rara: come segnala Cnbc, dall’inizio del millennio scivoloni così forti si sono visti solo otto volte. È successo due volte durante la crisi finanziaria del 2008. Ed è successo il 24 giugno del 2016, il giorno dopo il referendum sulla Brexit.

Un lunedì difficile

Inevitabilmente il listino americano si è trascinato dietro anche le Borse europee. Non è stato un fine settimana sereno per gli investitori: in molti si chiedono se Greenspan abbia ragione. Cioè se davvero i listini ai massimi storici siano sopravvalutati e se quindi adesso subiranno una "correzione". La discesa è proseguita lunedì. La mattina in Asia c'è stato il tonfo di Tokyo, che ha perso il 2,5%, i mercati europei sono partiti molto debolmente: Milano ha chiuso con un calo dell'1,6%, Londra e Parigi hanno perso poco meno dell'1,5%, Francoforte ha lasciato lo 0,7%.

Troppa ripresa fa male ai mercati?

La ripresa dell’economia e degli stipendi non fa bene alla Borsa. La dinamica non è intuitiva. Già gli anni scorsi però ci avevano abituati ad assistere allo scollamento tra l’economia reale e i mercati finanziari: nonostante riprese debolissime le Borse, in Europa e in America, crescevano con entusiasmo, lasciando intendere che avessero visto chissà quale potenziale nelle aziende quotate. Molto di quell’entusiasmo si spiega con i soldi messi in circolazione dalle banche centrali, che per spingere gli investimenti hanno agito per abbassare vicino allo zero i tassi delle obbligazioni dei governi e delle aziende più solide. Con il risultato di spingere molto denaro verso il più redditizio mercato azionario.

L'uscita da un mondo a tasso zero

La fase dei soldi a costo zero è ormai terminata. La Federal Reserve è tornata ad alzare i tassi ormai due anni fa, la Banca centrale europea lentamente ci sta arrivando (probabilmente nel 2019). La crescita superiore al previsto degli stipendi americani fa pensare che l’economia più grande del mondo rischi di “surriscaldarsi”, facendo salire più rapidamente l’inflazione, che è sopra il 2% da quattro mesi consecutivi. Se i prezzi dovessero aumentare troppo, la Fed potrebbe accelerare la sua strategia di uscita, alzando i tassi quattro volte invece che le tre previste, portandoli così dall’attuale 1,25-1,5% anche oltre il 2%.

Davanti a questo scenario i grandi fondi sono costretti a rivedere le loro strategie: cedere azioni considerate troppo rischiose per tornare ad acquistare titoli obbligazionari sicuri, ma più redditizi di quelli a tasso quasi-zero degli ultimi anni, è una via d’uscita “normale”. Anche se rischia di provocare più di qualche scossone ai listini.

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