sabato 4 aprile 2020
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Caro direttore,

in questa fase così difficile, si avverte più che mai l’importanza di preservare l’infrastruttura sociale del Paese. Le migliaia di organizzazioni di volontariato, le associazioni, le cooperative sociali e gli altri enti di Terzo settore oggi sono decisivi nella gestione dell’emergenza, ma domani saranno ancora più indispensabili nel momento del rilancio. Per questo abbiamo già previsto, nel decreto Cura Italia, che i lavoratori di un servizio diurno in convenzione, chiuso per evitare la diffusione del contagio, continuino a essere pagati anche in quanto vengano svolte altre attività a distanza o al domicilio dei fruitori. Un nostro emendamento è in discussione in queste ore per ristorare nidi e materne dalle mancate rette.

Ma oltre a migliorare le misure già adottate, è necessario immaginarne di nuove, che proveremo a inserire già nell’ormai prossimo decreto di aprile. Ci riferiamo al 5 per mille, cui sono destinati complessivamente circa 500 milioni all’anno e che, con gli oltre 14 milioni di firme dei contribuenti, costituisce una straordinaria testimonianza della fiducia e del legame tra i cittadini e gli enti di terzo settore. Senza entrare in aspetti tecnici, va considerato che, a oggi, gli ultimi beneficiari individuati sono quelli dell’anno fiscale 2017, mentre si è ancora in attesa degli elenchi per il 2018. Il motivo è che l’Agenzia delle Entrate aspetta, prima del riparto, anche le dichiarazioni integrative dei redditi. Se – come già suggerito da Luigi Bobba – eliminiamo questo inutile procedura, potremo pagare nel 2020 in un solo colpo due annualità pregresse: una bella boccata d’ossigeno in questo periodo così difficile. Seconda proposta, più radicale: proporremo che, a partire dalle dichiarazioni del prossimo anno, si passi dal 5 al 7 per mille, con una specifica finalizzazione alle organizzazioni più piccole e più radicate nel territorio.

L’idea è quella di prevedere che la quota aggiuntiva del 2 per mille (e il proporzionale aumento dell’importo posto a bilancio, circa 200 milioni) sia specificamente destinata a progetti di rilancio comunitario e di sviluppo locale. Oggi infatti la gran parte delle risorse sono assegnate ad un gruppo ristretto di enti indubbiamente meritevoli e tra l’altro destinatari anche di altre importanti forme di liberalità - con il risultato di lasciare importi bassi a moltissimi soggetti operanti su base locale e con poca capacità sul piano comunicativo. Serve dunque dedicare questa quota aggiuntiva a progetti di prossimità fortemente radicati sul territorio, che contribuiscano alla ricostruzione di un tessuto sociale ulteriormente lacerato da questa drammatica epidemia. «Vi è un’Italia, spesso silenziosa, che non ha mai smesso di darsi da fare e dobbiamo creare le condizioni che consentano a tutte le risorse di cui disponiamo di emergere e di esprimersi senza ostacoli e difficoltà, con spirito ed atteggiamenti di reciproca solidarietà, insieme», diceva il presidente Mattarella nel suo discorso di fine anno, riferendosi al Terzo settore italiano. È questa l’Italia su cui dobbiamo anche puntare, per uscire dal tunnel.

Deputati del Pd

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