martedì 12 giugno 2018
Con un balzo in avanti gli interessi sui titoli a 12 mesi tornano in positivo per la prima volta dal 2015. Effetti della fine del Qe e delle incertezze sulle scelte del governo. Domani tocca ai Btp
Passaggio di consegne tra Pier Carlo Padoan e Giovanni Tria al ministero dell'Economia

Passaggio di consegne tra Pier Carlo Padoan e Giovanni Tria al ministero dell'Economia

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L’avvicinarsi della fine degli acquisti della Banca centrale europea e le incertezze riguardo le politiche economiche del governo si sono fatte sentire all’asta di Bot a 12 mesi di oggi, in cui il Tesoro, per la prima volta dall’ottobre del 2015, è tornato a pagare interessi sui titoli di Stato a un anno. Per raccogliere 6 miliardi di euro, il ministero dell’Economia ha dovuto pagare rendimenti dello 0,55%, un tasso altissimo se si consdiera che ancora un mese fa gli investitori erano disposti a pagare pure di mettere nei loro portafogli Bot italiani: a maggio l’asta dei titoli a 12 mesi si era chiusa con un rendimento del -0,361%. Un salto di 91 centesimi in un mese.

Per molti versi pesa la fine del Quantitative Easing, di cui il consiglio direttivo della Bce parlerà per la prima volta nella riunione di domani. Come un’alta marea, gli acquisti di titoli pubblici avviati nel marzo di tre anni fa dalla banca centrale hanno sommerso i rendimenti delle obbligazioni governative, fino a spingerli sotto zero. Quell’acqua finanziaria si sta ritirando e via via riemergono i tassi di interesse.


L’incertezza politica è l’altro fattore che sta spingendo gli interessi. Se gli investitori chiedono all’Italia rendimenti molto più elevati di quelli di economie non molto più solide della nostra, come Spagna o Francia, è perché nel contratto di governo si prospettano bilanci pubblici in forte deficit per finanziare flat tax e reddito di cittadinanza. Le rassicurazioni su questo punto del ministro dell’Economia, Giovanni Tria, sono state convincenti solo fino a un certo punto: se si prendono i Btp decennali, cioè le obbligazioni governative di riferimento sui mercati, il tasso richiesto dagli investitori oggi à ancora sopra il 2,8%, cioè sotto la soglia del 3% superata la settimana scorsa ma comunque molto sopral’1,9% di un mese fa.

Per il governo, e per i conti pubblici, significa dovere affrontare una spesa più alta per gestire il debito pubblico. Sui 6 miliardi di Bot di ieri pagheremo 33 milioni di euro di interessi fra un anno. Sui 6,5 miliardi di identici titoli emessi a maggio ci guadagnavamo invece 23,5 milioni grazie agli interessi passivi. Certo, non sono cifre enormi, ma tutte assieme pesano. Domani, quando il Tesoro tornerà a chiedere fondi ai mercati con scadenze più lunghe – l’offerta è per 5,75 miliardi complessivi di Btp a 3, 7 e 30 anni – sarà più evidente quanto la fine dei tassi a zero complicherà la vita ai governi per i prossimi anni.


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