Il Papa: i veri insegnanti educano con il sorriso
di Giacomo Gambassi, Roma
L’udienza di Leone XIV ai docenti per il Giubileo del mondo educativo. La scuola aiuti a costruire ponti di pace e dialogo. «Danneggiare il ruolo sociale dei formatori è ipotecare il futuro». L’allarme: «Una crisi della trasmissione del sapere è una crisi della speranza». Il richiamo all’intelligenza artificiale che «isola e illude» i ragazzi

Ancora una volta Leone XIV torna a parlare delle frontiere digitali, dell’intelligenza artificiale e dei rischi che si portano con sé. Tema caro al primo Papa della storia che ha usato le reti sociali e che si è laureato in matematica. Lo fa davanti gli insegnanti arrivati a Roma da tutto il pianeta per il Giubileo del mondo educativo che incontra nell’udienza in piazza San Pietro. Piazza, come al solito, affollatissima di pellegrini come accade sempre più spesso negli ultimi periodi ogni volta che il Pontefice si presenta sul sagrato della Basilica Vaticana. «Noi viviamo in un mondo dominato da schermi e filtri tecnologici spesso superficiali, in cui gli studenti, per entrare in contatto con la propria interiorità, hanno bisogno di aiuto», dice il Papa chiamando in causa i loro professori. E ancora. «L’intelligenza artificiale, in particolare, con la sua conoscenza tecnica, fredda e standardizzata, può isolare ulteriormente studenti già isolati, dando loro l’illusione di non aver bisogno degli altri o, peggio ancora, la sensazione di non esserne degni. Il ruolo degli educatori, invece, è un impegno umano, e la gioia stessa del processo educativo è tutta umana, “fiamma che fonde insieme le anime e di molte ne fa una sola”», afferma citando sant’Agostino.

Il Papa lancia l’allarme. «Una crisi della trasmissione del sapere porta con sé una crisi della speranza». E annuncia di aver «deciso di riprendere e attualizzare il progetto del Patto educativo globale, che è stato una delle intuizioni profetiche del mio venerato predecessore, papa Francesco». Leone XIV si mette a fianco dei docenti. Perché, sottolinea, «anch’io sono stato insegnante nelle istituzioni educative dell’Ordine di sant’Agostino». E avverte: «Una difficoltà attuale delle nostre società è quella di non saper più valorizzare a sufficienza il grande contributo che insegnanti ed educatori danno, in merito, alla comunità. Ma facciamo attenzione: danneggiare il ruolo sociale e culturale dei formatori è ipotecare il proprio futuro». Richiamo alla politica e all'opinione pubblica.

Un ringraziamento va all’«impegno “polifonico” nella Chiesa» sul versante educativo che garantisce a «milioni di giovani una formazione adeguata, tenendo sempre al centro, nella trasmissione del sapere umanistico e scientifico, il bene della persona». Agli insegnanti il Papa consegna quattro parole-chiave che mutua dalla sua esperienza dietro la cattedra: l’interiorità, l’unità, l’amore e la gioia. «Sono principi che vorrei diventassero i cardini di un cammino da fare insieme» e che siano «l’inizio di un percorso comune di crescita e arricchimento reciproco». Sull’interiorità il Pontefice ribadisce che «è un errore pensare che per insegnare bastino belle parole o buone aule scolastiche, laboratori e biblioteche. Questi sono solo mezzi e spazi fisici». Però «la verità non circola attraverso suoni, muri e corridoi, ma nell’incontro profondo delle persone, senza il quale qualsiasi proposta educativa è destinata a fallire». Richiama il prossimo dottore della Chiesa, san John Henry Newman, che sarà proclamato domani 1 novembre, con l’espressione “Cor ad cor loquitur” (“Il cuore parla al cuore”) e sant’Agostino per il quale «la verità risiede dentro di te». Da qui l’invito a insegnanti e studenti a «camminare insieme» per «avvicinarsi alla verità».

Poi l’unità. Il Papa rimanda al suo motto: “In Illo uno unum”. «Solo in Cristo – spiega – troviamo veramente unità, come membra unite al capo e come compagni di viaggio nel percorso di continuo apprendimento della vita. Questa dimensione del “con” è fondamentale nei contesti educativi, come sfida a “decentrarsi” e come stimolo a crescere». E, osserva, «la condivisione del sapere non può che configurarsi come un grande atto d’amore». Da qui l’amore. Leone XIV indica «le necessità più urgenti» che devono essere al centro di un’agenda educativa: lo «sforzo per costruire ponti di dialogo e di pace», la «capacità di superare preconcetti o visioni limitate», l’«apertura nei processi di co-apprendimento», il bisogno di «venire incontro e rispondere alle necessità dei più fragili, poveri ed esclusi». Perché, incoraggia, «condividere la conoscenza non è sufficiente per insegnare: serve amore». Infine, la gioia. «I veri maestri – dice il Papa – educano con un sorriso e la loro scommessa è di riuscire a svegliare sorrisi nel fondo dell’anima dei loro discepoli. Oggi, nei nostri contesti educativi, preoccupa veder crescere i sintomi di una fragilità interiore diffusa, a tutte le età. Non possiamo chiudere gli occhi davanti a questi silenziosi appelli di aiuto, anzi dobbiamo sforzarci di individuarne le ragioni profondi». E agli insegnanti il Papa indirizza le parole di Cristo: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me».
© RIPRODUZIONE RISERVATA






