Il Papa: dare dignità e stabilità al lavoro, soprattutto per i giovani
Appello di Leone XIV in occasione del Giubileo del mondo del lavoro. Alla catechesi il Pontefice ha ricordato la figura di un operaio agricolo del Congo, il beato Isidore Bakanja: «Ci ricorda che abbiamo molto da imparare dai nostri fratelli perseguitati in Africa»

«Cari amici, il lavoro deve essere una fonte di speranza e di vita, che permetta di esprimere la creatività dell’individuo e la sua capacità di fare del bene. Pertanto, auspico un impegno collettivo, da parte delle istituzioni e della società civile, per creare valide opportunità occupazionali che offrano stabilità e dignità, assicurando soprattutto ai giovani di realizzare i propri sogni e contribuire al bene comune». Lo ha detto Leone XIV salutando, stamani al termine dell’udienza giubilare svoltasi in piazza San Pietro, i partecipanti al Giubileo del mondo del lavoro. Ed è la figura di un umile lavoratore africano, il beato Isidore Bakanja, operaio agricolo, patrono dei laici del Congo, quella che il Pontefice ha additato nella sua catechesi. La sua testimonianza – ha aggiunto, salutando i pellegrini di lingua inglese – «ci ricorda che abbiamo molto da imparare dai nostri fratelli e sorelle perseguitati in Africa. Sforziamoci di seguire il suo esempio di perseveranza nella fede nonostante tutte le persecuzioni e i rifiuti che possiamo incontrare».
Con Giovanni Paolo II per una «visione cristiana del lavoro»
«I pellegrinaggi del mondo del lavoro hanno una lunga tradizione in Polonia – ha inoltre ricordato papa Prevost, salutando i pellegrini polacchi –. La loro ispirazione nasce dall’insegnamento di san Giovanni Paolo II e dalla sua enciclica Laborem exercens nonché dall’attività del beato don Popiełuszko. Ritornate a queste fonti per affrontare le “cose nuove”, sollecitando la visione cristiana del lavoro umano».
Circa diecimila i partecipanti al Giubileo del mondo del lavoro – spiega una nota diffusa dal Dicastero per l’Evangelizzazione – giunti a Roma in rappresentanza di molteplici associazioni, sindacati e federazioni del lavoro e del mondo del volontariato. L’evento doveva tenersi fra l’1 e il 4 maggio scorsi: ma la morte di papa Francesco aveva portato ad annullarlo. In seguito alle numerose richieste ricevute, il Dicastero per l’Evangelizzazione ha deciso di dedicare nuovamente una giornata giubilare al mondo del lavoro, individuata in sabato 8 novembre. I partecipanti, dopo l’udienza, hanno attraversato la Porta Santa della Basilica Vaticana.
Il saluto colorato del Giubileo delle rievocazioni storiche
Ad ascoltare la Parola di Dio e ad accogliere le parole del Papa, pregare con lui e ricevere la sua benedizione, una piazza San Pietro straordinariamente colorata. Merito – fra gli altri gruppi di pellegrini giunti per l’udienza – dei partecipanti al Giubileo delle rievocazioni storiche italiane, che Leone XIV ha salutato «esortando a considerare come i grandi valori della fede cristiana stanno alla base della cultura, dell’arte e della tradizione civile e religiosa della nazione». Raggiungendo il sagrato della Basilica a bordo della jeep bianca, il Papa è passato sotto le bandiere dei partecipanti a questo Giubileo.

«La parola della Croce, terremoto che risveglia il mondo»
“Sperare è testimoniare. Isidore Bakanja (1Cor 1,26-27)”: questo il tema della catechesi offerta dal Papa in occasione dell’odierna udienza giubilare. «La speranza del Giubileo nasce dalle sorprese di Dio. Dio è diverso da come siamo abituati a essere noi. L’Anno giubilare ci spinge a riconoscere questa diversità e a tradurla nella vita reale. Per questo è un Anno di grazia: possiamo cambiare! Lo chiediamo sempre, quando preghiamo il Padre Nostro e diciamo: “Come in cielo, così in terra”, ha esordito Leone XIV. «Chi è più umile e meno potente è ora diventato prezioso e importante (cfr 1Cor 1,26-27). I criteri di Dio, che sempre comincia dagli ultimi, già a Corinto sono un “terremoto” che non distrugge, ma risveglia il mondo. La parola della Croce, che Paolo testimonia, risveglia la coscienza e risveglia la dignità di ciascuno».
Isidore Bakanja, operaio perseguitato del Vangelo
«Sperare è testimoniare: testimoniare che tutto è già cambiato, che niente è più come prima», scandisce papa Prevost presentando la figura e la storia di un testimone della speranza cristiana in Africa: Isidore Bakanja, dal 1994 è annoverato tra i beati, patrono dei laici del Congo. Nato nel 1885, quando il grande Paese africano era colonia belga, non poté andare la scuola – non c’era, nella sua città – ma divenne apprendista muratore. Ed entrò in amicizia con alcuni missionari cattolici, monaci trappisti: «Questi gli parlarono di Gesù e lui accettò di seguire l’istruzione cristiana e di ricevere il Battesimo, intorno ai vent’anni». «Da quel momento – prosegue Leone XIV – la sua testimonianza divenne sempre più luminosa. Sperare è testimoniare: quando testimoniamo la vita nuova, aumenta la luce anche fra le difficoltà. Isidore, infatti, si trova a lavorare come operaio agricolo per un padrone europeo senza scrupoli, che non sopporta la sua fede e la sua autenticità». Quel padrone «odiava il cristianesimo e quei missionari che difendevano gli indigeni contro gli abusi dei colonizzatori, ma Isidore porterà fino alla fine il suo scapolare al collo con l’immagine della Vergine Maria, subendo ogni genere di maltrattamenti e torture, senza perdere la speranza».
«La parola della Croce rompe la catena del male»
Sì, «sperare è testimoniare! – insiste il Pontefice –. Isidore muore, dichiarando ai padri trappisti di non provare rancore, anzi, promette di pregare anche nell’aldilà per chi lo ha ridotto così». È questa «la parola della Croce», parola «vissuta, che rompe la catena del male. È un nuovo tipo di forza, che confonde i superbi e rovescia dai troni i potenti», afferma Leone XIV riecheggiando il Magnificat. «Così sorge la speranza. Molte volte le antiche Chiese del Nord del mondo ricevono dalle Chiese giovani questa testimonianza, che spinge a camminare insieme verso il Regno di Dio, che è Regno di giustizia e di pace. L’Africa, in particolare, chiede questa conversione, e lo fa donandoci tanti giovani testimoni di fede. Sperare – ha concluso il Pontefice – è testimoniare che la terra può davvero somigliare al cielo. E questo è il messaggio del Giubileo».
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