Il Papa: a ottobre pregheremo ogni giorno il Rosario per la pace
Durante l'udienza di stamattina il Pontefice ha ricordato che perfino oggi «la morte non è l'ultima parola». L'11 ottobre in piazza San Pietro tutti invitati per pregare il Rosario assieme

Un Rosario in piazza San Pietro per continuare, insieme, la preghiera incessante per la pace. Papa Leone XIV, durante l’udienza generale di stamattina in piazza, ha invitato tutti sabato 11 ottobre, alle ore 18, a vivere il momento di preghiera «insieme in piazza San Pietro nella veglia del Giubileo della Spiritualità mariana» ricordando «anche l'anniversario dell'apertura del Concilio vaticano II». Il Pontefice, però, ha poi raccomandato a ciascuno di proseguire con la recita della preghiera mariana per la pace, «personalmente, in famiglia, in comunità», «ogni giorno del prossimo mese» di ottobre, particolarmente dedicato al Rosario. Per l’occasione dell’evento giubilare, sabato 11 ottobre, sarà presente in piazza San Pietro, durante la veglia, anche la statua originale della Madonna di Fatima che, nel maggio 1917, apparendo ai pastorelli della cittadina portoghese chiese di recitare «il Rosario tutti i giorni per ottenere la pace nel mondo e la fine della guerra».
La «morte non è mai l'ultima parola»
In una piazza San Pietro gremita di fedeli da ogni parte del mondo, nonostante la pioggia, il Pontefice ha proseguito il ciclo di meditazioni legate all’Anno giubilare e ha incentrato la catechesi sul sabato santo con la prima Lettera di Pietro: «E nello spirito andò a portare l’annuncio anche alle anime prigioniere» (1Pt 3,19). Nel racconto della discesa di Cristo agli inferi, prima della Pasqua, ha sottolineato papa Prevost, egli «entra per così dire, nella casa stessa della morte, per svuotarla, per liberarne gli abitanti, prendendoli per mano ad uno ad uno». Parole, quelle del Papa sul sabato santo, giorno che annuncia già come «la morte» non sia «mai l’ultima parola», che arrivano chiare e dirette come abbraccio a chi soffre per i conflitti, nelle ore in cui continuano senza sosta gli attacchi sui civili di Gaza city da parte dell’esercito di difesa israeliano.
Cristo raggiunge ogni "inferno quotidiano"
Un Dio che, «secondo la tradizione», si è «addentrato nelle tenebre più fitte per raggiungere anche l’ultimo dei suoi fratelli e sorelle», ha continuato il Papa, è un Dio che conosce “gli inferni” degli uomini sulla Terra. «Gli inferi, nella concezione biblica, sono non tanto un luogo, quanto una condizione esistenziale: - ha aggiunto Leone - quella condizione in cui la vita è depotenziata e regnano il dolore, la solitudine, la colpa e la separazione da Dio e dagli altri». E, ancora riguardo agli “inferi”, il Papa ha sottolineato come questi riguardino anche «l’inferno quotidiano della solitudine, della vergogna, dell’abbandono, della fatica di vivere». Ma Cristo raggiunge gli uomini «anche in questo abisso, varcando le porte di questo regno di tenebra» per «testimoniare l’Amore del Padre».
Portare amore tra le macerie dell'odio che uccide
Salutando i fedeli portoghesi, il Pontefice ha ricordato come «in questo nostro tempo, tra le macerie dell’odio che uccide», «il Signore Risorto non smetta mai di cercarci e, quando ci trova prigionieri delle tenebre, gioisce nel riportarci alla luce della vita». L’invito di Gesù, però, è quello di farsi «portatori» del suo amore «che illumina e rialza l’umanità». Nel saluto ai fedeli di lingua araba, invece, Leone si è rivolto in particolare agli studenti, all’inizio del nuovo anno scolastico, esortandoli a «preservare la fede e nutrirvi di scienza», per un «futuro migliore in cui l’umanità possa godere di pace e tranquillità».
Non c'è storia così compromessa da non essere raggiunta da Dio
La discesa agli inferi di Cristo rappresenta per il Papa «il gesto più profondo e radicale dell’amore di Dio per l’umanità», perché «il Signore scende là dove l’uomo si è nascosto per paura, e lo chiama per nome, lo prende per mano, lo rialza, lo riporta alla luce». Il Sabato Santo è, allora, la testimonianza di un Dio che porta in salvo tutti, «il giorno in cui il cielo visita la terra più in profondità», «il tempo in cui ogni angolo della storia umana viene toccato dalla luce della Pasqua». Non ci saranno mai notti troppo scure, ha aggiunto Prevost, «nemmeno le nostre colpe più antiche, nemmeno i nostri legami spezzati», «non c’è passato così rovinato, non c’è storia così compromessa che non possa essere toccata dalla misericordia».
Vivere da persone "rialzate"
È già l’annuncio della Pasqua. «Scendere, per Dio, non è una sconfitta ma il compimento del suo amore», ha concluso il Papa, «non è un fallimento, ma la via attraverso cui Egli mostra che nessun luogo è troppo lontano, nessun cuore troppo chiuso, nessuna tomba troppo sigillata per il suo amore». Ogni volta in cui sembrerà di aver “toccato il fondo”, la buona notizia è che Dio, da lì, «è capace di cominciare una nuova creazione». L’appello è, dunque, a vivere da “persone rialzate”, consapevoli che, proprio nel tempo del silenzio e della rassegnazione, nel Sabato Santo, «Cristo presenta tutta la creazione al Padre per ricollocarla nel suo disegno di salvezza».
I saluti del Papa dopo l'udienza
Papa Leone, al termine dell'udienza, ha salutato i pellegrini di lingua francese presenti all’udienza, in particolare, i fedeli provenienti dal Senegal, dal Canada, dal Belgio e dalla Francia, a cui ha chiesto di imparare a lasciare spazio, nella vita, al «silenzio», che «si rivela favorevole all'azione salvifica di Cristo nelle nostre anime».
Poi ha dato il benvenuto ai fedeli lingua inglese, e in special modo ai pellegrini arrivati per il Giubileo da Inghilterra, Scozia, Irlanda, Irlanda del Nord, Danimarca, Sud Africa, Uganda, Australia, Nuova Zelanda, Bangladesh, India, Indonesia, Malesia, Qatar, Filippine, Vietnam, Canada e Stai Uniti. E ancora il saluto ai fedeli di lingua spagnola, tedesca, cinese, polacca, rumena e slovena e ai tanti italiani presenti.
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