lunedì 18 marzo 2024
Aprendo il Consiglio permanente il presidente della Cei ribadisce che il Paese non cresce se non insieme. Fine vita, disattesa la "buona legge" sulle cure palliative. Un nuovo welfare per gli anziani
Il cardinale Zuppi apre i lavori del Consiglio permanente

Il cardinale Zuppi apre i lavori del Consiglio permanente - Siciliani

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Viviamo tempi in cui sono messe in dubbio «la fraternità» e «la possibilità di convivere senza dover competere o addirittura eliminare l’altro per poter vivere». In questo quadro è la pace la priorità per la Chiesa universale e quindi anche per la Chiesa in Italia. Lo ribadisce con forza il cardinale presidente della Cei, Matteo Zuppi aprendo i lavori per la sessione primaverile del Consiglio permanente. Lo fa rimarcando che «in questo tempo di conflitti, di divisioni, di sentimenti nazionalisti, di odi, di contrapposizioni», il servizio della Chiesa per l’unità «brilla come una luce di speranza». E tale servizio, «che coinvolge i vescovi e tutte le comunità», si fa proprio «partendo dal ministero del vescovo di Roma, il Papa». Non a caso “pace” è «sicuramente una delle parole chiave del suo pontificato».

A maggio una giornata di preghiera per la pace

Per il cardinale Zuppi in questo contesto «l’impegno personale e di tutte le nostre comunità resta quello di essere “artigiani di pace”, tessitori di unione in ogni contesto, pacifici nelle parole e nei comportamenti, ammoniti anche a dire “pazzo” al prossimo, per imparare ad amare il nemico e renderlo di nuovo quello che è: fratello».
Di qui l’invito ad ascoltare «la voce di quanti soffrono, delle vittime, di quanti hanno visto violati i diritti elementari e rischiano che le loro grida si perdano nell’indifferenza o nell’abitudine». Di qui l’esortazione ad essere «operatori di pace», anzitutto nella «preghiera incessante e commossa», ma anche nella solidarietà. Così ad esempio, con l’Ucraina, «mediante la diffusa accoglienza per le vacanze estive ai bambini orfani o vittime – lo sono tutti – di quella catastrofe che è la guerra». In questa stessa prospettiva Zuppi annuncia che a maggio, durante la prossima Assemblea generale della Cei, ci sarà una giornata di preghiera, digiuno e solidarietà. Con l’invito alle comunità cristiane della Penisola ad accompagnare già dalle prossime settimane questo nuovo momento di unione e vicinanza verso quanti stanno soffrendo per i conflitti in corso. Allo stesso tempo il porporato rinnova l’appello alla partecipazione alla “Colletta per la Terra Santa” che si raccoglie il Venerdì Santo.

Dal Papa la via per una pace giusta

Il presidente della Cei - che questa mattina è stato ricevuto in udienza dal Papa - sottolinea che le parole di Francesco sulla pace «sono tutt’altro che ingenuità». La Chiesa infatti «è sempre Maria sotto la croce dei suoi figli». Così «l’empatia e la pietà femminili prevalgono su tutto, su ogni valutazione pur indispensabile relativa ad aggressori e aggrediti, a ragioni e torti». La vita «viene prima di tutto». La Chiesa «è madre e vive la guerra come una madre per la quale il valore della vita è superiore a ragionamenti o schieramenti lontani da questo». Così «in realtà sono le sole ragioni che possono portare alla composizione dei conflitti, a risolverne le cause, facendo trionfare il diritto e il senso di responsabilità sovranazionale». Oggi quindi «la storia esige di trovare un quadro nuovo, un paradigma differente, coinvolgendo la comunità internazionale per trovare insieme alle parti in causa una pace giusta e sicura». E proprio su questo versante gli Stati e i popoli europei, le stesse istituzioni dell’Unione europea, «devono riscoprire la loro vocazione originaria, improntando le relazioni internazionali alla cooperazione attraverso – come affermava Robert Schuman nella Dichiarazione del 9 maggio 1950 – “realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”».

Le elezioni europee, una grande occasione

A questo proposito il cardinale Zuppi ricorda che l’Europa vivrà a giugno «una grande occasione di partecipazione popolare per il rinnovo del Parlamento di Strasburgo». A fa proprio della Cei l’appello dei vescovi europei che, in un recente documento sulle prossime elezioni, affermano: «Il progetto europeo di un’Europa unita nella diversità, forte, democratica, libera, pacifica, prospera e giusta è un progetto che condividiamo e di cui ci sentiamo responsabili. Siamo tutti chiamati a portarlo avanti anche esprimendo il nostro voto e scegliendo responsabilmente i deputati che rappresenteranno i nostri valori e lavoreranno per il bene comune nel prossimo Parlamento europeo».
Per il cardinale Zuppi «l’impegno degli artigiani di pace» significa non rassegnarsi «a un aumento incontrollato delle armi, né tanto meno alla guerra come via per la pace». E aggiunge, citando il dettato costituzionale: «L’Italia – l’Europa no? – "ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali"». Evocando la storia biblica di Giuseppe e i suoi fratelli, il porporato poi osserva che dalla crisi si esce riscoprendosi fratelli, altrimenti si diventa concorrenti e nemici. Infatti la fraternità ritrovata fa rifiorire la conversazione che prima sembrava impossibile. Così «deve essere questa la nostra incessante intercessione, l’impegno di tanti artigiani di pace che speriamo ispirino degli architetti che costruiscano una pace giusta e sicura».
Fraternità e sinodalità scorrono insieme. È questo il titolo del capitoletto dell’introduzione dedicato al Cammino sinodale delle Chiese in Italia. La lettura dei materiali ricevuti dalle Diocesi italiane, spiega Zuppi, «ha rilevato entusiasmo, energia, pazienza, disponibilità, ascolto, ma anche le difficoltà, le disillusioni, la tentazione di accontentarsi di definire, le paure, l’indifferenza, le resistenze ad avviare tale processo». Ascoltando le voci delle Diocesi «si percepisce una debolezza che sembra investire questioni come il posto dei poveri all’interno della Chiesa e la valorizzazione del loro apporto, il dialogo con la cultura, i rapporti ecumenici e interreligiosi, l’interlocuzione con i mondi dell’economia, delle professioni, della politica, ma anche l’apporto della vita consacrata». Ora quindi è tempo di tradurre l’ascolto in scelte di governo, chiare, lungimiranti, che permettano al nostro Cammino di avere un’incidenza effettiva e una corresponsabilità che permei la Chiesa ai vari livelli».

Nessun timore per il dibattito interno alla Chiesa

Il cardinale Zuppi invita la Chiesa a non avere paura del dibattito interno, senza però cadere «in polemiche digitali, sterili, polarizzate, di convenienza». Ma con una avvertenza: riandare «nostalgicamente al passato non è fare storia», guardare «continuamente con nostalgia al passato è espressione di una senilità ecclesiale». Il porporato ce l’ha con «la tentazione della nostalgia di una presunta età dell’oro, quella prima del Concilio per taluni, dopo il Vaticano II per altri». Ma nella Chiesa «non c’è mai una mitica età dell’oro». I credenti «non possono guardare al passato e lamentarsi del presente della Chiesa o di quello del Paese». La Chiesa «viene da una lunga storia, per certi versi ne è segnata, ma – radicata nel presente – guarda al futuro con speranza». La nostra Chiesa «non deve conservare i resti del passato o, al contrario, correre dietro la banalità del pensiero comune (un tempo lo avremmo chiamato conformismo!), ma generare figli e figlie di Dio, con l’umile servizio all’altro e con la costruzione di comunità, di relazione, di interessi comuni».

Autonomia differenziata, lo sviluppo sia unitario

Al termine del suo intervento il presidente della Cei indica alcuni segnali che «preoccupano e interrogano» la Chiesa in Italia. Per Zuppi – con un riferimento implicito al dibattito sulla cosiddetta autonomia differenziata - «suscita preoccupazione la tenuta del sistema Paese, in particolare di quelle aree che ormai da tempo fanno i conti con la crisi economica e sociale, con lo spopolamento e con la carenza di servizi». Di qui l’esortazione affinché «non venga meno un quadro istituzionale che possa favorire uno sviluppo unitario, secondo i principi di solidarietà, sussidiarietà e coesione sociale». Su questo versante, ribadisce il cardinale citando un documento Cei del 1981, «la nostra attenzione è stata costante e resterà vigile, nella consapevolezza che “il Paese non crescerà, se non insieme”».

Un nuovo welfare per gli anziani

Il pensiero del cardinale Zuppi va poi anche ai giovani e agli anziani. Riguardo quest’ultimi il cardinale rileva, che specialmente alla luce di quanto accaduto durante la pandemia, «serve un nuovo welfare, che sostenga questa grande fascia della popolazione, soprattutto quella non autosufficiente. In quest’ottica «è necessario continuare a lavorare – società civile, enti ecclesiali e Istituzioni – per concretizzare la riforma delineata con la Legge Delega del marzo 2023 e a non tradire le attese di persone, famiglie e operatori».

Disattesa la legge sulle cure palliative

Il presidente della Cei infine spiega che la Cei guarda «con apprensione alla tematica del fine vita». Per la Chiesa italiana «ogni sofferente, che sia in condizioni di cronicità o al termine della sua esistenza terrena, deve sempre essere accompagnato da cure, farmacologiche e di prossimità umana, che possano alleviare il suo dolore fisico e interiore». Così «le cure palliative, disciplinate da una buona legge ma ancora disattesa, devono essere incrementate e rese nella disponibilità di tutti senza alcuna discrezionalità di approccio su base regionale, perché rappresentano un modo concreto per assicurare dignità fino alla fine oltre che un’espressione alta di amore per il prossimo». Senza contare che «la piena applicazione della legge sulle disposizioni anticipate di trattamento» è «ulteriore garanzia di dignità e di alleanza per proteggere la persona nella sua sofferenza e fragilità».

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