venerdì 21 aprile 2023
Il cardinale presidente della Cei a Molfetta nel 30° anniversario della morte del venerabile salentino: preghiera, poveri e pace le «parole» di don Tonino Bello
Monsignor Antonio Bello è morto il 20 aprile 1993 a 58 anni. Nella foto il vescovo di ritorno dalla città di Sarajevo assediata il 13 dicembre 1992

Monsignor Antonio Bello è morto il 20 aprile 1993 a 58 anni. Nella foto il vescovo di ritorno dalla città di Sarajevo assediata il 13 dicembre 1992 - Pax Christi

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Lo scorso 8 dicembre la diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi ha inaugurato l'anno speciale dedicato al 30° anniversario del dies natalis del venerabile Antonio Bello, per tutti don Tonino, vescovo del popolo. Il tema “Alla riscoperta dei volti”, scelto per accompagnare gli eventi e le iniziative di scoperta o approfondimento della figura di mosnginor Bello, condensa il suo magistero, incentrato sull'unicità di ciascuno. Il 20 aprile diventa non solo una data commemorativa, ma un continuo stimolo a rinnovare l'impegno nella Chiesa e sul territorio, attraverso i temi e le attenzioni del pastore salentino. Particolarmente significativa la presenza dell’arcivescovo di Bologna, il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale della Cei.

Nella conferenza stampa che ha preceduto la celebrazione eucaristica, Zuppi si è soffermato sulla concretezza di quanto resta del magistero di don Tonino e della poesia, oltre che della profondità, che hanno connotato la sua persona e il suo episcopato. In lui sono complementari due dimensioni spesso considerate scisse: quella spirituale e la tensione all’umano e al sociale. Zuppi ne ha avuto conferma anche nella breve visita al Duomo dove la sagrestana Tanella ha dato testimonianza delle ore e anche delle notti trascorse da don Tonino in preghiera.

«La prima predica era la sua stessa vita» ha ribadito il presidente della Cei. Era insomma già promotore di quella sinodalità di cui oggi parliamo. Spazio anche al rapporto di “don Tonino” con l’arcidiocesi di Bologna, segnato, ha sottolineato Zuppi, dall’accoglienza stessa di Bello ai tempi della sua formazione sacerdotale, durante i quali ha amplificato l’attenzione al mondo del lavoro.


Il vescovo Cornacchia: un’esistenza ricca d’amore per i poveri e i diseredati, umile e aperta a tutti

Subito dopo la conferenza stampa, gli operatori e gli ospiti della Comunità CASA, che accoglie persone con dipendenze, hanno fatto dono a l cardinale in episcopio, della croce pettorale in legno, come quella del venerabile, realizzata da loro. «Sono passati tre decenni da quel giorno rimasto nella memoria di migliaia di persone. La sua è stata un’esistenza breve, durata 58 anni, ma intensa, semplice, provocatoria; sobria, ma ricca d’amore per i poveri e i diseredati, umile e aperta a tutti» ha affermato il vescovo di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi monsignor Domenico Cornacchia all’inizio della Messa presieduta da Zuppi. La Cattedrale di Molfetta risuona ancora della voce del venerabile. Lo sa bene Zuppi, che ha celebrato con il pastorale dell’amato vescovo e che nel corso della Messa ha sentito il bisogno di chiedere perdono a don Tonino, per aver «frainteso la sua voce evangelica, esigente come è il Vangelo che chiede amore vero e non surrogati». Lui non aveva paura «di essere strumentalizzato perché libero come chi è pieno di Cristo». E questa libertà si consolida con l’obbedienza a Dio, che consente di amare gli uomini con misericordia.

«Chi obbedisce a Dio sta alla larga, come ammoniva don Tonino, dal potere, dal prestigio e dai prodigi. Tre parole chiave, il contrario di quelle che hanno guidato la sua vita: preghiera, poveri e pace». Richiami, perimetri di quella che è stata l’essenza del magistero di monsignor Bello, cioè la comunione, perché l’unico modo per camminare è farlo insieme. «La Chiesa non è fatta per essere stanziale, per chiudersi nell’autocontemplazione, ma per camminare nelle strade degli uomini», ha sottolineato Zuppi. Che ha poi ripreso le ultime parole fatte scrivere da don Tonino nel testamento spirituale dettato la domenica prima di morire: «è il giorno del Signore. Ed è bellissimo». Immagine in cui si evidenza l’insegnamento e l’incoraggiamento del vescovo morto trent’anni fa (il 20 aprile 1993), a vivere la bellezza dell’esistenza nel quotidiano, con il suo carico di fatica e di gioia.

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