Giovani volontari nella centrale Praça do Comércio a Lisbona - Jmj 2023
Entrando nell’ex comprensorio militare che ospita la sede del Comitato organizzatore della Gmg 2023 a Lisbona in rua do Grilo, viene naturale fermarsi a riflettere sul fatto che proprio in quel luogo, dove un tempo veniva costruito equipaggiamento da guerra, oggi si sta lavorando per fare del grande raduno mondiale un laboratorio di pace. Al primo piano della palazzina principale dal classico color ocra il vescovo ausiliare della capitale lusitana Américo Aguiar, presidente della Fondazione Jmj Lisboa 2023, responsabile dell’organizzazione dell’evento mondiale di agosto, in questi mesi sta accogliendo nel suo ufficio delegazioni da tutto il mondo, ma anche rappresentanti degli organismi portoghesi coinvolti, delle altre confessioni e religioni, di associazioni, enti e istituzioni. Quando gli si chiede come sarà questa Gmg, non ha dubbi: «Sarà un vero spartiacque tra un prima e un dopo. Vorremmo che, grazie all’esperienza dell’incontro, del re-incontro, tra giovani di tutto il mondo, la Gmg segnasse davvero l’inizio di un tempo nuovo dopo l’isolamento a causa del Covid, la guerra nel cuore d’Europa e la crisi che ne è seguita». Ai 60mila iscritti italiani – in linea con i numeri di Cracovia 2016 – il vescovo rivolge un pensiero particolare: «Anche a Lisbona gli italiani, come in tutte le Gmg, saranno una presenza significativa e preziosa».
Il vescovo Américo Aguiar, ausiliare di Lisbona e presidente della Fondazione Jmj 2023 - Jmj 2023
Eccellenza, a che punto sono i preparativi?
Ci sono due percorsi distinti nella preparazione: il primo è il pellegrinaggio dei simboli della Gmg, la croce e l’icona di Maria Salus Populi Romani, affidati ai giovani da Giovanni Paolo II. A oggi hanno visitato 19 delle 21 diocesi portoghesi, e ovunque hanno visto una larghissima partecipazione. Per tutto il Portogallo è stata un’esperienza di gioia e di testimonianza di fede.
L’altro percorso?
È quello della preparazione logistica, che oggi si sta concretizzando di giorno in giorno. Attualmente siamo a già più di 600mila iscritti nella prima fase. Anche grazie alla proficua collaborazione con le autorità dello Stato portoghese, stiamo facendo di tutto per offrire ai giovani pellegrini un’esperienza positiva d’incontro tra loro e con Dio, che li aiuti a realizzare la loro vita.
Sono tanti i Paesi che hanno un legame storico e linguistico con il Portogallo. Come si traduce questo nella Gmg?
Il nostro Paese ha un legame speciale con Paesi che vanno dall’America all’Asia e all’Africa: a partire da questo dato stiamo lavorando perché la presenza dei giovani da questi Paesi sia più significativa. E proprio per aiutare i pellegrini che hanno meno disponibilità economica per poter partecipare abbiamo un programma che si chiama “Chiese sorelle”, rivolto in particolare ai gruppi delle parrocchie e dei movimenti della realtà africana.
Il Covid ha posticipato la Gmg di un anno. Cosa è cambiato?
Tutto. Papa Francesco dice che da una crisi possiamo uscirne solo insieme e non ne usciamo uguali a prima, ma migliori o peggiori. Il mio auspicio è che ne usciamo migliori, che abbiamo imparato quanto dipendiamo gli uni dagli altri, quanto sia fragile il pianeta, quanto sia necessario prendersi cura dei poveri. Il Covid è stata un’esperienza dolorosa e drammatica per l’umanità ma spero che ne abbiamo tratto un insegnamento. Di fatto La Gmg di Lisbona è la prima grande occasione per i giovani di tutto il mondo di tornare a incontrarsi, stare assieme, stare uniti.
Cosa troveranno i giovani che verranno a Lisbona?
Troveranno un Paese pronto a ringraziarli, pronto ad accogliere con gratitudine i giovani dei tanti Paesi che nelle passate edizioni hanno accolto i giovani portoghesi. I pellegrini troveranno una calda accoglienza, perché l’ospitalità è nel nostro dna.
Che significato ha per il Portogallo il tema mariano scelto per la Gmg?
Siamo grati al Papa per la scelta del tema della Visitazione di Maria, in continuità con quello dell’Annunciazione di Panama 2019. Il Portogallo è un Paese mariano, Fatima ha un ruolo speciale nella nostra vita. Maria è icona della Chiesa in uscita, che si alza e porta Cristo, fino alle periferie geografiche o esistenziali.
Il tema della missione per il Portogallo s’interseca con il suo passato coloniale. Come vive oggi il Paese questa eredità?
Portare la croce di Cristo nel cuore e nella vita è sempre stata la vocazione dei portoghesi, una preoccupazione che abbiamo portato nei nuovi mondi. Ora da 50 anni, dalla Rivoluzione dei Garofani del 25 aprile 1974, viviamo nella democrazia, un tempo segnato anche da un nuovo rapporto con questi Paesi, da una storia condivisa, da momenti di sofferenza, ma anche, soprattutto, di incontro, perché quello che siamo oggi in Portogallo, in Angola, in Mozambico, in Guinea Bissau,a São Tomé e Príncipe, a Capo Verde, a Timor Est, in Brasile è frutto dell’interazione reciproca. Ora, a 500 anni dalle scoperte dei nuovi mondi, per noi la sfida è sempre quella di portare Cristo. L’umanità, come ricordava Giovanni Paolo II nella Novo millennio ineunte, si attende questo da noi.
Un compito che oggi ha a che fare con un mondo digitale. Come vivere questa sfida?
Benedetto XVI in un messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali sottolineava che la rivoluzione digitale, come fu per quella industriale, ha creato una nuova cultura. A volte, però, mi sembra che non ne siamo del tutto consapevoli. A questa Gmg per la prima volta tutti i partecipanti saranno davvero nativi digitali, ma questo non deve spaventarci, perché, come dice sempre il Papa, le generazioni devono continuare a incontrarsi e camminare assieme, altrimenti il rischio è quello di non capirsi. I preti, i responsabili, gli operatori pastorali devono avvicinarsi ai linguaggi dei ragazzi, ma i giovani sono chiamati ugualmente a mettersi in ascolto degli adulti e degli anziani. Non c’è frutto senza radici e così non possiamo costruire un sogno, un futuro, una famiglia, senza tener conto delle radici e le radici sono i genitori e i nonni. Nell’era dell’istantaneità pensiamo di partire da zero, ma così non è, non partiamo mai da zero.
Può la Gmg contribuire a costruire la pace?
L’esperienza fondamentale della Gmg è l’incontro, l’opportunità di uscire dal gruppo di amici per conoscere persone diverse. Oggi c’è una tendenza disumanizzante e non cristiana a costruire muri davanti al diverso, la Gmg, invece, vorremmo che offrisse l’occasione per scoprire la ricchezza della diversità, l’occasione per i giovani di vivere con coraggio, senza paura, andando incontro l’un l’altro e abbracciarsi. Insomma di vivere quella che il Papa chiama “rivoluzione della tenerezza”: la Gmg permetterà di realizzare questa rivoluzione. D’altra parte la guerra non fa parte del cuore dei giovani, è una cosa degli adulti. A Lisbona ci saranno anche giovani provenienti da Paesi in guerra, che avranno modo di incontrare il mondo intero e dimostrare che loro la guerra non la vogliono e che la pace è possibile.