giovedì 14 aprile 2011
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Errori «di traduzione, non di dot­trina ». Altri ne sono già stati ri­levati, per esempio nell’edizio­ne francese, e forse «altri verranno fuori». Un po’ com’è accaduto all’ini­zio degli anni Novanta col Catechi­smo della Chiesa Cattolica. Per que­sto, analogamente ad allora, in seno alla Congregazione per la dottrina della fede si è deciso di costituire un gruppo di studio che esaminerà le os­servazioni che gli perverranno, prov­vedendo dove necessario a correzio­ni delle diverse traduzioni. Lo ha detto il cardinale Christoph Schönborn rispondendo, ieri matti­na, alle domande dei giornalisti su er­rori già rilevati che, in alcuni articoli pubblicati sui giornali di ieri, avreb­bero per esempio portato al «ritiro» dell’edizione italiana già stampata. Il porporato, in proposito, ha precisato che ci sono stati problemi in alcune traduzioni dal tedesco, come appun­to nel caso dell’edizione italiana. In particolare, ha detto, è stata già di­sposta una errata corrige laddove al­la domanda n. 420, dove si parla di «metodi anticoncezionali», mentre invece si intende «metodi naturali di regolazione della fertilità». Un altro problema, per esempio, ha riguardato l’edizione francese sul punto circa il valore delle altre reli­gioni: «In quel caso – ha aggiunto Schönborn – l’editore ha deciso di procedere alla correzione e quindi ci sarà un ritardo nella pubblicazione. Nel tedesco e nell’inglese – ha ag­giunto – non abbiamo invece trova­to errori di traduzione o di stampa, ma è possibile che ce ne siano». In o­gni caso, «non abbiamo trovato erro­ri di dottrina». Lo stesso, sempre restando alla ver­sione italiana, vale per la domanda n. 382, relativa all’eutanasia, dove la fra­se « chi aiuta a morire una persona nel senso dell’eutanasia attiva viola il quinto comandamento; chi invece aiuta una persona durante la morte nel senso di un’eutanasia passiva ob­bedisce al comandamento dell’amo­re per il prossimo » potrebbe rischiare di ingenerare equivoci. In questo ca­so non si prevede una errata corrige in quanto, ha detto Schönborn ri­spondendo ai giornalisti, come affer­ma proprio Youcat, «c’è confusione nella terminologia su questo tema, ma la questione dirimente è propria­mente se si uccide o se si lascia mo­rire la persona». In sostanza, per il car­dinale austriaco, «far morire attiva­mente è eutanasia, lasciare la natura andare avanti non è eutanasia. In te­desco è chiaro il senso, in italiano for­se lo è meno». In particolare monsignor Rino Fisi­chella, presidente del dicastero per la promozione della nuova evangeliz­zazione, ha chiarito che, in questo ca­so, l’espressione tedesca è inequivo­cabile – «accettare l’inevitabilità del­la morte» – , ammettendo che nella traduzione questo accento è andato un po’ perso. In ogni caso, ha ag­giunto, sono gli stessi «termini euta­nasia 'attiva' e 'passiva'» che «crea­no confusione», tanto è vero che og­gi «si tende a non usarli più». Ma, ha aggiunto, «la dottrina della Chiesa in merito è chiarissima ed è quella ri­portata».
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