sabato 22 marzo 2014
​La via Crucis della Giovanni XXIII: occorre agire uniti e subito.
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​Candele accese per le donne vittime della tratta e della prostituzione coatta. In processione per una Via Crucis che ha affollato ieri a tarda sera le vie del centro di Roma. Un segno di affetto e di impegno. Ma non lontano di qui «sul raccordo anulare o in tanti appartamenti», ricorda prima di partire il vescovo ausiliare di Roma, monsignor Matteo Zuppi, le violenze continuano.Per questo c’è un popolo, qualche migliaio di persone, che si mette in cammino nella notte romana. Movimenti cattolici (dal Movimento per la vita al Rinnovamento nello Spirito), personalità della politica (per il governo c’era il ministro degli Affari Regionali Carmela Lanzetta) e del sindacato (presente il leader della Cisl Raffaele Bonanni), della tv (la presidente della Rai Anna Maria Tarantola era tra i testimonial dell’evento). E poi tanti (tante) dalle forze dell’ordine e dal mondo dello sport. Per dire, no alla tratta, «alla mercificazione della donna, a qualsiasi forma di schiavitù». Non è un punto di arrivo, ma di partenza, ha premesso don Aldo Buonaiuto, citando l’esempio di don Oreste Benzi (vero apostolo delle sfruttate): «Le donne vanno urgentemente liberate dal dramma».È questione di non tollerare l’ingiustizia. Nelle varie stazioni della via dolorosa, dedicata dagli organizzatori - in prima fila proprio la comunità riminese - alle "Donne crocifisse" prendono la parola anche loro, le schiave del sesso a pagamento. Raccontano di violenze fisiche e soprattutto di speranze ingannate, di un lavoro di una vita migliore. Al raduno, in piazza Santi Apostoli, i volontari - molti i giovani del servizio di Pastorale giovanile della diocesi di Roma - raccontano di aver scoperto in queste donne soprattutto delle madri amorevoli in cerca di un futuro per i figli. Sono, invece rimaste vittime del racket. Di quella che il successore di don Benzi alla guida della comunità, Paolo Ramonda non ha esitato a definire «violenza mafiosa», andando idealmente all’altro incontro della giornata romana, quello di Papa Francesco con gli uccisi dalle mafie. Papa Francesco, al quale è andato il «grazie» dei partecipanti. Sotto le finestre del Pontefice la lunga fila di persone oranti si è fermata per l’ultima stazione della speciale Via Crucis. A portare la croce erano donne. All’inizio le parlamentari, poi via via nelle otto chiese toccate fino a Santa Maria in Traspontina a pochi metri da San Pietro, giornaliste, magistrati donna, atlete delle Fiamme Oro, altre sportive, infine le suore. Nella folla, ha detto la giornalista Marida Lombardo Pijola alla prima stazione, c’era anche la nonna di una delle bimbe finite nelle mani di pedofili, ma definite baby squillo. Qui la cronista ha chiesto scusa per il modo con cui la stampa ha trattato la vicenda, cioè con un «voyeurismo volgare e violento». E ha ricordato come la «rivolta» delle donne che c’è per i tanti femminicidi deve essere un tutt’uno con la battaglia per le vittime della silenziosa, forse troppo taciuta, mattanza del marciapiede.Il corteo - che era anzitutto un momento di preghiera (il cardinale Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontificio Consiglio per i testi legislativi, ha ricordato l’identificazione di Gesù con tutte le vittime) - ha però cercato di fornire anche una sollecitazione alla politica. Ramonda chiede al presidente del Consiglio Renzi di emanare un decreto legge anti-tratta. «È stato fatto il Salva Italia, perché non il Salva-Ragazze? Un dl che preveda la punibilità per il cliente». Lo si sta facendo con successo, ricorda Ramonda, persino nella permissivissima Svezia. Altro che riduzione del danno. Va sradicata «la più grande ingiustizia». Non certo un lavoro, tanto meno libero come qualcuno pensa.
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