mercoledì 11 novembre 2015
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on c’era modo migliore per far entrare nel vivo i lavori del quinto Convegno ecclesiale nazionale: un dialogo a più voci, arricchito da esempi concreti, infatti, ieri sera nell’Aula dell’assemblea all’interno della Fortezza da Basso ha accompagnato i partecipanti al cuore delle cinque «vie». Un momento vissuto con viva partecipazione dai presenti come un’occasione preziosa per cominciare a mettere mano alle questioni messe sul tavolo da papa Francesco nei suoi interventi. A offrire alcuni spunti di avvio sulla via dell’«uscire» è stato don Mauro Mergola, direttore dell’oratorio salesiano San Luigi e parroco della comunità dei Santi Pietro e Paolo Apostoli a Torino. Una voce che ha testimoniato come l’uscire si esprime anche nel lasciare le porte aperte dell’oratorio. L’annunciare come un dovere a donare una novità è stato il tema delle parole di Vincenzo Morgante, giornalista e direttore della Testata giornalistica regionale della Rai. Il richiamo a portare il Vangelo nei luoghi in cui si vive l’esistenza ordinaria è stata la lettura sull’«abitare» offerta da Valentina Soncini, docente di storia e filosofia nella scuola secondaria superiore e di teologia fondamentale presso il Pime a Monza. Alessandro D’Avenia, docente di lettere nella scuola secondaria superiore e scrittore, ha parlato della via dell’«educare» invitando a mettere in pratica questo compito con entusiasmo e da testimoni. Dal gesuita Jean Paul Hernandez, cappellano all’Università Roma Uno Sapienza e docente di teologia alla Gregoriana, infine, è venuto l’appello a vivere il «trasfigurare» trovando in Cristo lo sguardo nuovo sul mondo.on c’era modo migliore per far entrare nel vivo i lavori del quinto Convegno ecclesiale nazionale: un dialogo a più voci, arricchito da esempi concreti, infatti, ieri sera nell’Aula dell’assemblea all’interno della Fortezza da Basso ha accompagnato i partecipanti al cuore delle cinque «vie». Un momento vissuto con viva partecipazione dai presenti come un’occasione preziosa per cominciare a mettere mano alle questioni messe sul tavolo da papa Francesco nei suoi interventi. A offrire alcuni spunti di avvio sulla via dell’«uscire» è stato don Mauro Mergola, direttore dell’oratorio salesiano San Luigi e parroco della comunità dei Santi Pietro e Paolo Apostoli a Torino. Una voce che ha testimoniato come l’uscire si esprime anche nel lasciare le porte aperte dell’oratorio. L’annunciare come un dovere a donare una novità è stato il tema delle parole di Vincenzo Morgante, giornalista e direttore della Testata giornalistica regionale della Rai. Il richiamo a portare il Vangelo nei luoghi in cui si vive l’esistenza ordinaria è stata la lettura sull’«abitare» offerta da Valentina Soncini, docente di storia e filosofia nella scuola secondaria superiore e di teologia fondamentale presso il Pime a Monza. Alessandro D’Avenia, docente di lettere nella scuola secondaria superiore e scrittore, ha parlato della via dell’«educare» invitando a mettere in pratica questo compito con entusiasmo e da testimoni. Dal gesuita Jean Paul Hernandez, cappellano all’Università Roma Uno Sapienza e docente di teologia alla Gregoriana, infine, è venuto l’appello a vivere il «trasfigurare» trovando in Cristo lo sguardo nuovo sul mondo.Matteo Liut

 

Il teologo Hernandez: il «suo» sguardo per riscoprire la vera umanità

«Quando ero novizio, 23 anni fa, venne un giorno in noviziato il provinciale dei gesuiti d’Italia. Era la sua visita ufficiale. La prima volta che incontravo un provinciale. Volle parlare a quattr’occhi con ciascuno di noi e la prima cosa che mi chiese fu: «Sei contento, Jean-Paul?». Io gli risposi di sì ma gli dissi anche che una cosa mi rendeva triste: facevo sempre gli stessi peccati che facevo prima di entrare in noviziato. Ero entrato in noviziato per diventare santo e invece vedevo che non cambiavo». Il racconto è quello di Jean Paul Hernandez, cappellano all’Università della Sapienza e docente di teologia alla Gregoriana, a cui ieri è toccato riflettere sul 'trasfigurare'. Simpatico e commovente il ricordo del suo dialogo con il superiore. Il padre provinciale gli rispose: «Jean-Paul, lo sappiamo che non sei un santo. Ma i peccati sono quelle maniglie che il Signore usa per abbracciarti meglio. Se tu fossi perfetto, saresti come un cilindro di alluminio e le mani del Signore scivolerebbero senza riuscire a prenderti. Invece egli ti afferra proprio dai peccati e non ti molla». Parole determinanti. «Quel giorno – ha spiegato ieri il teologo – vidi la trasfigurazione dei miei peccati. E di tutta la mia vita». Molti anni dopo, padre Hernandez ha avuto l’opportunità di studiare che la parola «metamorfosis » – cioè «trasfigurazione» – significa «al di là della forma», oppure «oltre la forma». E ciò, ha spiegato, si può interpretare in due modi: come «cambiamento di forma» o come «andare oltre alla forma». «Credo che questi due significati di Trasfigurazione messi insieme – ha ribadito il cappellano universitario – descrivano il cuore della Pasqua e del mistero cristiano. In effetti corrispondono perfettamente al rapporto che intercorre fra croce e Risurrezione: il Risorto è diverso dal Crocifisso, è stato trasformato, ha subito un cambiamento, dalla morte è passato alla vita». Dall’altro lato, la Risurrezione illumina tutta la Passione e permette di riscoprirla con occhi nuovi. La Risurrezione «trasfigura» in realtà non solo la Croce ma tutta la vita di Gesù. «Il Creato, la storia, Gesù, la sua Passione – ha sottolineato ancora il gesuita – sono visti con occhi nuovi cosicché questi occhi 'trasfigurati' possano continuare a guardare il mondo trasformandolo». «Mi occupo da tanti anni di studenti universitari. È un’età affascinante – ha concluso – perché è l’età delle grandi scoperte e delle grandi scelte. E sto notando in questi anni che la scoperta più bella in questa età è la profondità di ogni dimensione dell’umano. Cioè il fatto che ogni dimensione è un incontro con Cristo. Credo che questa circolarità sia il nuovo umanesimo».

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