martedì 17 agosto 2021
L’opera portata a termine in oltre due anni dalle suore del Carmelo di Legnano. «Si avvertiva il desiderio di un’edizione che ci restituisse la nostra fondatrice nella sua freschezza originaria»
Il canto e la preghiera fanno parte della giornata della comunità delle monache del Carmelo di Legnano

Il canto e la preghiera fanno parte della giornata della comunità delle monache del Carmelo di Legnano - Carmelo di Legnano

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«Volevamo una traduzione che ci rendesse Teresa nel vivo del suo parlare, in modo che leggerla fosse un incontrarla come di persona e un ascoltarla direttamente dal suo flusso interiore». Da dietro la grata si scorgono volti sorridenti. Le monache del Carmelo di Legnano (Milano) s’illuminano parlando di Teresa d’Avila. La vivace comunità claustrale, guidata da suor Giovanna e collocata nel cuore della cittadina lombarda, oltre che essere un punto di riferimento spirituale e culturale per il territorio, è una fucina di studi, di lavoro, di musica (con un coro che fa commuovere quando accompagna le celebrazioni eucaristiche e i vespri).

Suor Edith (Cristina Migliorisi) e suor Michela (Maria Luisa Pagani) raccontano il percorso, durato oltre due anni, che ha portato a una versione rinnovata de La mia vita. Il libro delle misericordie di Dio, pubblicato dalle Edizioni Ocd. «Da tempo e soprattutto dall’anno del centenario della nascita di santa Teresa di Gesù (1515-1582) si avvertiva da più parti il desiderio e il bisogno di avere fra le mani una nuova traduzione dei testi teresiani che ci restituisse la nostra santa Madre – così è familiarmente chiamata nel Carmelo – nella sua freschezza originaria. Un’ulteriore provocazione, che è stata anche una sfida e insieme un incentivo per noi, ci è venuta dalla pubblicazione recente di una traduzione in tedesco dell’opera di Teresa, in due volumi: Teresa von Ávila. Werke und Briefe Gesamtausgabe, per le edizioni Herder. Infine, fra le nostre conoscenze e amicizie c’era quella di Massimo Fiorucci, persona che poteva essere adatta a un’impresa di questo tipo essendo esperto della lingua spagnola e della spiritualità teresiana. Con tali premesse è nata l’idea un po’ azzardata di tuffarci in questa avventura».

Dalla triangolazione Italia, Germania, Spagna emerge dunque un lavoro certosino, come spiegano le monache, il cui esito – un volume di 720 pagine – mostra l’anima affascinante e inquieta di Teresa, donna di estrema intelligenza e di fede profonda, figura centrale della mistica, proclamata santa nel 1622 e dichiarata dottore della Chiesa nel 1970. Da lei è nato il Carmelo teresiano.

«Da questa esperienza la comunità esce come rafforzata nella convinzione che l’insieme è vincente: in un momento storico in cui sembrano prevalere le logiche dell’individualismo, della competizione a volte spietata, dell’affermazione identitaria, riscopriamo – affermano le curatrici – che l’insieme delle diversità, il coinvolgimento di molti e la fermentazione reciproca sono certo un’ardua sfida, ma producono anche ottimi frutti».

Pagina dopo pagina ci si addentra nel pensiero e nel cuore della mistica spagnola vissuta al tempo dei conquistadores. «Sì, Teresa ci consegna la sua anima, la sua lotta interiore, il suo lungo e sofferto discernimento, le conquiste, i desideri… soprattutto il volto misericordioso e amante di Dio che a poco a poco impara a conoscere e che vuole far conoscere anche a noi».

Se doveste sintetizzare alcuni punti notevoli in cui Teresa può risultarci vicina e attuale? Il blocco degli appunti del giornalista si arricchisce di annotazioni… «Anzitutto la questione del senso della vita. Ovvero: se tutto finisce e muore, se tutto è in balia di giudizi umani arbitrari e mutevoli, c’è qualcosa per cui vale la pena di vivere e soffrire, di gioire e di amare? C’è qualcosa che può saziare il desiderio umano e durare per sempre, fondato su una realtà più rocciosa che la precarietà creaturale, la mutevolezza umana e l’inganno degli onori? È quel sapore d’eterno che Teresa bambina aveva conosciuto e che le era rimasto addosso come inquietudine e ardente desiderio di verità, fino all’incontro che le ha dato una vita totalmente nuova».

Secondo elemento: «La questione della dignità umana, e in particolare della donna: per nulla scontata a quel tempo e anzi subordinata a pesanti discriminazioni d’ordine sociale, culturale, di razza e di genere». Ancora: «Il problema del male, del conflitto e della divisione, interni alla stessa Chiesa. Anche in questo caso Teresa non sta a guardare né si rassegna davanti alle soluzioni in atto, ma è tribolata dal desiderio di poter fare qualcosa. E infine dà forma all’intuizione nuova che coltiva: una risposta testimoniale di unità, un laboratorio di dinamiche di fraternità e riconciliazione. Ovvero, la piccola comunità orante da cui nasce il Carmelo teresiano».

Non manca – quarta sottolineatura dalle monache di Legnano – una sorpresa: «Lo stile sinodale». Teresa, chiariscono, «procede cauta sul cammino: fa le sue esperienze personali, ma chiede consiglio, cerca chi possa darle la certezza della bontà del cammino, chi abbia studiato e conosca la Sacra Scrittura (per lei vero e definitivo criterio di discernimento); soprattutto ritiene importante ed essenziale avere relazioni d’amicizia che ci aiutino a disingannarci reciprocamente e a capire quali sono le vie più giuste per seguire e dare spazio al Signore nella storia.

È l’esercizio del discernimento, fondato sull’esperienza personale e insieme sul confronto e sul dialogo, in una circolarità in cui l’esperienza personale è il presupposto fondamentale per non temere il confronto, e il dialogo è il necessario antidoto all’autoreferenzialità».

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