domenica 18 luglio 2010
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Ci sono luoghi fra cielo e terra dove l’eterno torna a svelarsi, prende casa, chiama al cammino. Fisico e spirituale, personale e comunitario. Luoghi dove la storia della salvezza e i misteri della fede cristiana si fanno figura, racconto, itinerario. Ascesa. E ascesi, via di conversione. Sono i Sacri Monti, complessi architettonici e figurativi sorti a partire dalla fine del ’400 principalmente nel Nord Italia, percorsi devozionali articolati in cappelle che quasi sempre culminano in un santuario, risalendo il fianco di un rilievo, spesso immersi in paesaggi di grande bellezza. Luoghi «abitati» da folle di statue a grandezza naturale, nei quali il dialogo fra scultura, pittura e architettura offre al viandante la possibilità di un coinvolgimento totale della persona – corpo e anima, affetti e intelletto, volontà e memoria – nelle vicende della vita di Gesù, di Maria, dei santi, a illuminare l’intelligenza e l’esperienza credente.Un «gran teatro montano» – secondo la celebre espressione dello scrittore e critico d’arte Giovanni Testori riferita al capostipite, la Gerusalemme alpina di Varallo – irriducibile alle categorie dell’arte minore o devozionale: tanto che l’Unesco nel 2003 ha iscritto nove complessi italiani nel Patrimonio dell’umanità – Belmonte, Crea, Domodossola, Ghiffa, Oropa, Orta e Varallo in Piemonte; Ossuccio e Varese in Lombardia. Ma la costellazione dei Sacri Monti è più vasta, comprendendo luoghi come la Nuova Gerusalemme di San Vivaldo, in Toscana, o la Via Crucis di Cerveno, in Val Camonica (altro luogo amato da Testori, che alle sculture di Beniamino Simoni dedicò pagine incandescenti): lo ricordano Francesca Cosi e Alessandra Repossi nella recente «guida pratica e spirituale» Da pellegrini sui Sacri Monti, edita da Ancora.I Sacri Monti si prestano a essere meta di un turismo colto, attratto dai valori estetici e storici, oltre che dall’armonioso dialogo tra i segni umani e la natura. Ma restano innanzitutto la meta, il grembo e la sorgente di un’esperienza spirituale che – nella fedeltà al messaggio più autentico di questi luoghi – è anche esperienza ecclesiale. E di Chiesa di popolo: com’è fin dall’inizio della storia che ha generato la costellazione dei Sacri Monti.Una storia che prende il via nel 1486 a Varallo, in Valsesia, con l’avvio del grande cantiere della Nuova Gerusalemme voluta dal francescano Bernardino Caimi, già custode di Terra Santa. Il fallimento delle crociate, l’impossibilità di riconquistare Gerusalemme, gli ostacoli posti dall’occupazione ottomana avevano reso sempre più rischioso e costoso il pellegrinaggio ai Luoghi Santi. Ecco, allora, l’idea di ricostruirli fedelmente in Italia, che ispirò Caimi a Varallo e Tommaso da Firenze a San Vivaldo, dove sorse a partire dal 1500 il secondo Sacro Monte italiano.«Se nella prima fase si cerca di realizzare una corrispondenza topografica con i luoghi della Terra Santa – scrivono Cosi e Repossi –, questi complessi si sviluppano poi sotto forma di racconto illustrato di fatti biblici o della vita dei santi». E si differenziano le strutture urbanistiche: dall’impianto «a città» di Varallo alla «via processionale» di Varese fino al «percorso contemplativo in un giardino montano» di Orta San Giulio. Alcuni complessi (Crea, Domodossola, Belmonte) saranno dedicati alla Passione di Cristo, altri (Varese e Osssuccio) ai misteri del Rosario, alla vita di Maria (Oropa) o dei santi (come Orta, dedicato a Francesco d’Assisi). Ci sono complessi monumentali – come Varallo, con le sue 45 cappelle; come Crea, che ne conta 23 – e altri più modesti o rimasti incompiuti – come Ghiffa, dove venne scelto un tema inedito e arduo: la Trinità.La storia dei Sacri Monti è storia di grandi artisti come Gaudenzio Ferrari, Galeazzo Alessi, Tanzio da Varallo, Giuseppe Bernascone, architetti, scultori e pittori chiamati a cooperare negli stessi complessi, e di grandi ecclesiastici che hanno saputo ispirare, guidare, rilanciare i cantieri – come san Carlo Borromeo, il vescovo di Novara Bascapè, il beato Rosmini. Una storia che parla di rinnovamento della devozione, rilancio dell’istruzione morale e religiosa, valorizzazione del ruolo dell’arte e ritorno alla fedeltà evangelica, com’è nell’età della Riforma cattolica. Una storia plasmata dalla predicazione francescana e domenicana e dalla diffusione di pratiche come il Rosario, o gli esercizi spirituali di matrice ignaziana. Ma soprattutto alimentata dalla devozione e dal sostegno materiale delle comunità cristiane: quella Chiesa di popolo che alle migliaia di statue dei Sacri Monti non solo ha affidato volti, sembianze, abiti dei propri fedeli, com’era consuetudine, ma anche i cuori.
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