venerdì 25 gennaio 2013
La competenza sulla catechesi è stata spostata dalla Congregazione per il clero al Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione. La formazione dei futuri sacerdoti passa dalla Congregazione per l'educazione cattolica a quella per il clero.
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“L’intelligenza della fede richiede sempre che i suoi contenuti siano espressi con un linguaggio nuovo, capace di presentare la speranza presente nei credenti a quanti ne chiedono ragione”. Lo scrive oggi Benedetto XVI nel Motu Proprio dal titolo “Fides per doctrinam”, con il quale trasferisce la competenza sulla catechesi dalla Congregazione per il Clero al Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione. La decisione viene motivata nel testo da ampi richiami storico-pastorali, tra i quali la pubblicazione del Direttorio catechistico generale del 1971, che ebbe “l’intento di compiere una prima sintesi riguardo al cammino compiuto nelle diverse Chiese locali che, nel frattempo, avevano realizzato un loro proprio percorso catechistico”. Una fase successiva si ebbe con la pubblicazione del “Catechismo della Chiesa Cattolica” (1992) e quindi del successivo “Direttorio Generale per la Catechesi” (1997), dove veniva ribadito “il desiderio della Chiesa che una prima tappa del processo catechistico sia ordinariamente dedicata ad assicurare la conversione”. L’istituzione nel 2010 del Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione ha poi rilanciato l’annuncio del Vangelo, promuovendo nel frattempo “l’uso del Catechismo quale formazione essenziale e completa del contenuto della fede per gli uomini del nostro tempo”.
Il passaggio delle competenze sulla catechesi dalla Congregazione per il Clero al Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione significa, per Benedetto XVI, “vegliare per conto del Romano Pontefice sul rilevante strumento di evangelizzazione che rappresenta per la Chiesa la Catechesi” al fine di “realizzare un’azione pastorale più organica ed efficace”. Il Papa afferma, a questo riguardo, che il Pontificio Consiglio potrà offrire alle Chiese locali “un adeguato servizio in questa materia” emanando “norme opportune” sullo stesso insegnamento, vigilando perché siano rispettate “metodologie e finalità secondo le indicazioni espresse dal Magistero” e concedendo le “prescritte approvazioni” per i catechismi man mano editi, fino all’assistenza agli “uffici catechistici in seno alle Conferenze episcopali” per quanto riguarda le iniziative di “carattere internazionale”. Nel Motu Proprio si sottolinea che, in passato, non sono mancati in campo catechetico “errori anche gravi nel metodo e nei contenuti, che hanno spinto ad una approfondita riflessione e condotto così all’elaborazione di alcuni Documenti postconciliari che rappresentano la nuova ricchezza nel campo della Catechesi”.
LA FORMAZIONE DEI FUTURI PRETI SPOSTATA ALLA CONGREGAZIONE PER IL CLEROSarà d’ora in poi la Congregazione per il Clero a occuparsi di tutto ciò che riguarda la formazione dei futuri preti: dalla pastorale vocazionale e la selezione dei candidati ai sacri ordini, “inclusa la loro formazione umana, spirituale, dottrinale e pastorale”, fino alla loro “formazione permanente, incluse le condizioni di vita e le modalità di esercizio del ministero e la loro previdenza e assistenza sociale”. Lo stabilisce il Motu Proprio di Benedetto XVI, promulgato oggi con il titolo “Minostrorum institutio”. La lettera del Papa modifica la Costituzione apostolica “Pastor bonus” e trasferisce la competenza sui seminari dalla Congregazione per l’Educazione cattolica a quella per il clero. Si tratta di una variazione funzionale, per accentrare in un unico dicastero competenze finora distribuite. Il Motu Proprio ricorda come negli ultimi secoli i Pontefici hanno variamente regolato questa materia, a partire dalla istituzione dei seminari dopo il Concilio di Trento (1563). Il testo ribadisce che la formazione del clero deve essere non soltanto dottrinale “ma anche umana, spirituale, ascetica, liturgica e pastorale”. Tutto ciò al fine di strutturare una “personalità presbiterale” che si rafforza, nel tempo, anche con quella che il Papa definisce “formazione permanente”.
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