martedì 20 agosto 2013
​Saranno beatificati insieme in 522 il prossimo 13 ottobre a Tarragona: fra i testimon uccisi "in odium fidei" in quegli anni ci sono tre vescovi, un centinaio di sacerdoti, oltre 400 religiosi di 23 congregazioni, laici e seminaristi.
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«Li perdono tutti». L’ultima lettera che José Nadal Guiu inviò ai genitori – poco pri­ma della morte – rivela la straordina­ria fede di questo giovane sacerdote. E­ra il 12 agosto 1936: quando venne fu­cilato aveva appena 25 anni. Padre Jo­sé sarà uno dei 522 nuovi martiri spa­gnoli che saliranno agli onori degli al­tari il prossimo 13 ottobre a Tarrago­na, in Catalogna, nella più grande ce­rimonia di beatificazione mai realiz­zata dalla Chiesa iberica. «I martiri del XX seco­lo in Spagna furono saldi e coraggiosi testi­moni di fede. Preferi­rono morire, piuttosto che tradire quella fe­de », sottolinea il ve­scovo Juan Antonio Martínez Camino, se­gretario generale e portavoce della Confe­renza episcopale spa­gnola (Cee).Ma atten­zione alle interpreta­zioni forzate: qui la po­litica e il conflitto in­terno di quegli anni bui non c’entra­no assolutamente nulla. Per questo non possono essere definiti «martiri della Guerra civile»: sarebbe un erro­re. «Non sono caduti in guerra, perché non stavano al fronte», in battaglia, e «non si trovavano in nessun eserci­to », ha ricordato Camino. «Morirono a causa della persecuzione religiosa degli anni ’30 in Spagna, vissero la lo­ro fede fino alla fine e perdonarono». Furono uccisi in nome dell’«odio ver­so la fede». Le loro parole e la loro testimonianza sono ancora profondamente attuali. Ancor più oggi, durante l’Anno della fede. «Non stiamo parlando di perso­ne del XVI secolo: sono persone della generazione dei nostri nonni, che u­savano il linguaggio dei giorni nostri», ha aggiunto il portavoce della Cee. Nel lungo elenco dei nuovi martiri ci sono un centinaio di sacerdoti, tre vescovi, 412 religiosi di 23 congregazioni, ma anche laici e seminaristi. Sette marti­ri, inoltre, erano arrivati in Spagna da diversi Paesi: Colombia, Portogallo, Cuba, Francia e Filippine. La ragione fondamentale per celebra­re la beatificazione nella località cata­lana sta proprio nelle dimensioni del­la causa proveniente da Tarragona, con 147 martiri, fra i quali il vescovo ausiliare Manuel Borrás e 66 sacerdo­ti. Non solo. C’è un altro motivo, che va ricercato nella storia antica di que­sta terra ricca di fede cristiana: nel 259 d.C. il vescovo di Tarragona, san Fruc­tuoso, e i suoi due diaconi, Augurio e Eulogio, furono bruciati vivi nell’anfi­teatro romano della città catalana, di­ventando così protomartiri del cri­stianesimo spagnolo. È anche per que­sto che è stata scelta questa diocesi per la beatificazione. La cerimonia sarà presieduta dal cardi­nale Angelo Amato, prefetto della Congre­gazione delle cause dei santi; accanto a lui ci saranno numerosi vescovi spagnoli, fra i quali il presidente della Cee e arcivesco­vo di Madrid, il cardi­nale Antonio Maria Rouco Varela. L’atto sarà trasmesso dal Canale 2 della te­levisione pubblica spagnola, ma a Tarragona arriveranno fra i 15mila e i 20mila fedeli. Le ferite di quel periodo non sono del tutto chiuse. In Spagna la Guerra civi­le (1936-1939) è tuttora argomento sensibile e facilmente strumentaliz­zabile dalla politica. Camino ha riba­dito che con quest’atto religioso la Chiesa «non cerca colpevoli», ma è mossa solo dalla volontà di «rendere o­nore ai testimoni della fede». Gli ha fatto eco il vescovo di Tarragona, Jau­me Pujol Balcells: «Una cerimonia di beatificazione non va contro nessuno: l’obiettivo è esaltare la figura degli uo­mini che realmente morirono per la loro fede». Come ha spiegato anche Encarnación González, coordinatrice del processo di beatificazione, «la Guerra civile non provoca martiri, ma caduti». Al contrario, «il martire non ha impu­gnato armi, ma è stato cercato e as­sassinato esclusivamente a causa del­la sua fede».
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