lunedì 9 settembre 2013
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"Mi sembra quanto mai opportuno che il Santo Padre richiami l'attenzione del mondo sul traffico illegale di armi: i conflitti violenti e le armi vanno insieme". È quanto afferma monsignor Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede all'ufficio Onu di Ginevra, intervistato da Radio Vaticana all'indomani dell'intervento di Papa Francesco all'Angelus di ieri in piazza San Pietro, in cui ha espresso la sua condanna per le guerre spesso frutto del commercio illegale di armi.
"La pace non si persegue provvedendo ai mezzi di distruzione - osserva monsignor Tomasi - ma la comunità internazionale investe risorse sproporzionate in spese militari. Nel 2012 sono stati investiti 1.750 miliardi di dollari in spese militari; l'8% della cifra globale va nel Medio Oriente. È proprio 'olio sul fuoco' - commenta - Il profitto diventa la legge suprema. Ci sono guadagni enormi che vengono fatti attraverso il traffico di armi; quindi, c'è chi soffia sul fuoco per poter vendere ancora armi".
Inoltre, avverte il diplomatico vaticano, "si ignorano le conseguenze a lunga scadenza del commercio di armi, che continuano a rafforzare la criminalità e a nutrire le mafie di vario tipo. Interessi commerciali, come dice il Papa, giocano un ruolo importante nel trasferimento di armi, ma ci sono di mezzo il guadagno dei trafficanti e interessi economici di Stati che producono e vendono armi, come Usa, Russia, Regno Unito, Francia, Germania, Israele, Cina e altri; sono Stati dove l'industria della produzione di armi è una componente significativa dell'economia".
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