mercoledì 14 ottobre 2009
Dura presa di posizione dei vescovi africani riuniti a Roma per il secondo Sinodo del Continente, contro gli organismi internazionali che con gli aiuti cercano di imporre anche dei modelli di vita «inaccettabili». Come nel caso della promozione dell'aborto, che aggrava la mortalità materna.
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I vescovi dell'Africa chiedono un nuovo rapporto con le organizzazioni e le società internazionali, un "partenariato su un piano di parità ", e non più aiuti unilaterali che spesso portano con sè forme di "imperialismo culturale". Lo ha detto il vescovo di Durban,  card. Wilfrid Fox Napier, ad una conferenza stampa convocata per illustrare la relazione con la quale è stato fatto il punto sui primi dieci giorni di assemblea, che proseguirà fino al 25 ottobre.Il Secondo Sinodo speciale dei vescovi per l'Africa - ha spiegato Napier - si sta interrogando sui rapporti con gli organismi internazionali, ai quali, alla fine delle assise, rivolgerà precise richieste, sulle quali, tuttavia, sono già emersi alcuni orientamenti, come ad esempio circa le sovvenzioni per i prodotti agricoli. "Sappiamo che ci sono dei difetti nelle nostre 'governancè - ha affermato il cardinale africano - ma proprio per questo abbiamo bisogno di un partenariato 'vero', come quello che persegue il Nepad". La Chiesa africana ha più volte manifestato in questi giorni il timore che, insieme agli aiuti, i Paesi sviluppati portino in Africa forme di "imperialismo culturale". "I donatori - ha affermato il card.Sarr, arcivescovo di Dakar - devono avere un atteggiamento di verità, non instillarci idee non corrette. Vogliamo essere aiutati - ha aggiunto - nel rispetto della verità ".Aborto, frutto di imperalismo culturale. L'incoraggiamento alla pratica dell'aborto, che la Chiesa ravvisa in molti programmi di "salute riproduttiva" attuati in Africa è, secondo il Sinodo dei vescovi africani, una manifestazione di "imperialismo culturale", e il fatto che molte donne muoiano di parto o d'aborto dovrebbe piuttosto incoraggiare politiche di aiuto alla vita."Bisogna che i popoli occidentali smettano di pensare che le loro convinzioni possono essere esportate in tutto il mondo", una "specie di imperialismo culturale", ha detto il card. Theodore Sarr, arcivescovo di Dakar, chiamato a commentare i dati allarmanti sulla mortalità delle donne in Africa, in particolare quella dovuta agli aborti clandestini.Sarr ha precisato che il Sinodo "non ha affrontato direttamente questo tema", avendo privilegiato quelli "più urgenti" della riconciliazione, giustizia e pace. E in questi termini si è anche parlato di condizione femminile, da migliorare e tutelare. "Noi, come Chiesa cattolica e come africani - ha aggiunto il card.Sarr - abbiamo un grande rispetto per la vita e proprio per questo riteniamo che l'aborto non sia una pratica da incentivarsi in alcun modo. Sappiamo - ha aggiunto - che ci sono donne che hanno difficoltà ad assumere la responsabilità della maternità, ma vanno aiutate a superare i loro problemi e le loro paure, perchè c'è sempre una via d'uscita".Tre cardinali africani e il vescovo di Sao Tomè tirano le somme dei primi dieci giorni del Secondo sinodo speciale per l'Africa, rimettendo sotto accusa intese internazionali, quali il protocollo di Maputo già criticato da papa Benedetto XVI durante il suo recente viaggio in Africa. L'arcivescovo di Durban, card. Wilfrid Fox Napier, ha affermato, da parte sua, di ritenere giusto che l'aborto in Africa sia considerato un reato. E ha poi riferito, in risposta a una domanda sulle morti per gravidanza e parto, che molti padri sinodali hanno parlato del protocollo di Maputo (che afferma il diritto delle donne al controllo della propria fertilità, alla scelta dei mezzi di contraccezione, alla difesa dalle infezioni sessualmente trasmissibili, compreso l'Hiv-Aids) come di un documento "dagli effetti devastanti".Nell'occasione, il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, ha ricordato il discorso del Papa a Luanda dello scorso marzo, spiegando che il suo giudizio "non voleva essere esteso a tutto il protocollo, ma essenzialmente all'aborto come mezzo di controllo delle nascite. "Il problema di questi documenti - ha osservato - è che contengono obiettivi del tutto condivisi dalla Chiesa, come ad esempio lo stop alle mutilazioni genitali femminili, e altri del tutto inaccettabili sotto il punto di vista morale".
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