venerdì 14 gennaio 2022
Una biografia dell’arcivescovo di Canterbury martirizzato nel 1170 illumina tratti meno noti della sua personalità. L’autore John Hogan: «Fece molti errori, ma compì un lungo cammino di conversione»
San Tommaso Becket

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San Tommaso Becket, l’arcivescovo inglese ucciso nella cattedrale di Canterbury nel 1171, come san Oscar Romero. Tutti e due consapevoli del loro dovere come pastori di difendere le proprie pecore, di battersi contro gli oppressori. Tutti e due molto soli e fraintesi, con il rapporto con Cristo come unico rifugio. Tutti e due uccisi durante la liturgia, Romero mentre celebrava la Messa, Becket mentre andava ai vespri. Tutti e due una vera minaccia per il potere temporale. Capaci di resistere, in nome di Gesù, fino alla fine.

Sono passati oltre ottocento anni da quando quattro cavalieri decisero di interpretare la frase del re plantageneta Enrico II, “Chi mi libererà da questi preti turbolenti?” come la volontà del sovrano di far morire Becket, e decisero così di eliminarlo, a colpi di spada. Eppure secondo padre John Hogan, autore della recente biografia Thomas Becket. Defender of the Church (Tommaso Becket. Difensore della Chiesa), pubblicata dalla casa editrice cattolica OSV, quel martire che festeggiamo durante il periodo natalizio, il 29 dicembre, può essere un ottimo modello per i giovani cristiani di oggi.

«Tommaso aveva un fortissimo senso del dovere ed era un grande lavoratore», racconta Hogan, sacerdote della diocesi di Meath in Irlanda, «per tutta la vita ha voluto fare quello che era giusto. Non voleva essere scelto dal re come capo della Chiesa perché sapeva che vi sarebbe stato uno scontro con quel sovrano del quale era diventato amicissimo. Eppure ha accettato il suo destino e resistito fino all’ultimo, anche quando i suoi amici e più stretti collaboratori pensavano che avrebbe dovuto cedere. Così, per i giovani di oggi è difficile resistere l’avanzata della secolarizzazione».

A sostenere Becket, racconta sempre Hogan, era una fede profondissima che gli aveva trasmesso sua mamma, quando era ancora piccolo, e una intensissima vita di preghiera. «Anche se, quando venne scelto come Lord cancelliere, Becket cominciò a vivere nel lusso, forse anche per compensare un sentimento di inferiorità, che provava nei confronti di chi lo circondava e che spesso apparteneva a una classe sociale superiore alla sua, la sua vita di preghiera fu sempre intensissima, fatta anche di digiuno e penitenze corporali come il cilicio e la flagellazione. In esilio nei monasteri di Pontigny e di Sens, Becket fu durissimo con se stesso, sfinendosi fino ad arrivare in punto di morte».

«Il mio volume – continua padre Hogan – offre una prospettiva nuova, rispetto agli studi storiografici tradizionali che attribuiscono la morte di Becket alla sua eccessiva ambizione e alle biografie religiose che lo raccontano come un sant’Agostino che si converte all’improvviso. Mi concentro sulla fede di questo santo e interpreto la sua vita come un cammino di conversione. Vi fu una componente di orgoglio nella determinazione con la quale questo martire si oppose al re fino alla fine, ma a motivarlo fu una fede profondissima. La convinzione che la Chiesa doveva essere libera dal controllo del potere temporale per poter compiere la sua missione».

«Tommaso Becket aveva un carattere molto complicato e soffriva, secondo me, di un disordine della personalità che lo rendeva un po’ freddo e distaccato. Faceva fatica ad avere rapporti stretti con le persone», racconta sempre il sacerdote biografo, «ha fatto tanti errori, ma ha saputo compiere un percorso di conversione, avvicinandosi a Dio e rafforzando le proprie virtù attraverso le prove che ha dovuto affrontare».

Proprio attraverso la sua intensa vita di preghiera san Tommaso Becket capisce che è destinato a morire e affronta questo sacrificio, per il bene della Chiesa, ritornando in Inghilterra dall’esilio in Francia. «Mi sembra significativo che i miracoli attribuiti a san Tommaso Becket sono cominciati subito dopo la sua morte», conclude padre Hogan, «e chi ha ricevuto queste grazie racconta di aver sperimentato un grande amore, un calore profondo. Quasi questo martire del dodicesimo secolo riuscisse finalmente a costruire, una volta in Paradiso, quegli stretti rapporti che non riusciva a formare da vivo. La sua generosità, però, fu sempre la stessa, sia da vivo che da morto. Sono convinto che, come capiterà con ciascuno di noi, anche per san Tommaso la realizzazione della sua personalità è avvenuta pienamente in Cielo, con l’aiuto di Dio».

Pastore fino alla fine

Tommaso Beckett nacque a Londra nel 1118. Fu nominato cancelliere da Enrico II, di cui fu amico. Da arcivescovo di Canterbury si inimicò però il sovrano difendendo i diritti della Chiesa. Visse sei anni in esilio in Francia. Al rientro fu avvertito che sarebbe stato ucciso, ma non indietreggiò. Il 23 dicembre del 1170 accolse i sicari del re in cattedrale, vestito dei paramenti sacri, e fu pugnalato a morte.

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