sabato 18 aprile 2020
La comunità ebraica e le Chiese cristiane testimoniano come vivono, in date differenti, questa festività
Una sessione estiva del Sae ad Assisi, Santa Maria degli Angeli

Una sessione estiva del Sae ad Assisi, Santa Maria degli Angeli

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Un ritorno all’essenziale. Nella lettura delle Chiese il tempo drammatico che stiamo vivendo, può diventare occasione per riflettere sulle origini, per riandare alle radici del proprio credere. Sia a livello personale che, soprattutto, comunitario. E, a partire dalla preghiera di Gesù: “che tutti siano una sola cosa”, l’ecumenismo, la ricerca dell’unità tra i cristiani, rientra certamente nel campo dei bisogni, nel novero dei doveri. Meglio, tra le esigenze fondamentali della fede. Non a caso in occasione della Pasqua il vescovo cattolico Ambrogio Spreafico, il metropolita ortodosso Ghennadios, il pastore battista Luca Maria Negro, hanno voluto firmare un messaggio comune, a partire dall’invito dell’angelo e poi di Cristo stesso: “Non abbiate paura”.

Più articolata la proposta del Sae (Segretariato attività ecumeniche) movimento interconfessionale di laiche e laici fondato da Maria Vingiani. Si tratta di una newsletter, sebbene agile molto ricca ed elegante, che raccoglie le testimonianze di come ebrei, cattolici, protestanti e ortodossi vivono la Pasqua nelle rispettive comunità. Si è partiti dalla voce ebraica con i contributi di Simonetta Della Seta, Miriam Camerini e Daniel Vogelmann. Si è proseguito con la Chiesa evangelica metodista di Bologna e Modena e la riflessione del cattolico Marco del Corso, mentre domani in concomitanza con la Pasqua dei cristiani o- rientali interverrà Ionut Radu della parrocchia ortodossa romena «Santi Martiri Nazario, Gervasio, Protaso e Celso e Santa Parasceve Monaca» di Milano.

L’iniziativa, che andrà avanti fino a Pentecoste, si intitola: “2020. Una Pasqua diversa” a sottolineare il tempo particolare in cui siamo immersi e il fatto che le Chiese celebrano la festività in date differenti. Per accedere ai testi è sufficiente andare sul sito internet del Sae: www.saenotizie.it


Dal Segretariato attività ecumeniche, fino alla Pentecoste, una newsletter con interventi originali di pastori, teologi, esperti. L’impegno a riscoprire il senso profondo della festa e a vivere il dramma della pandemia oltre i particolarismi

«L’idea – spiega Daniela Guccione, valdese, membro del Comitato esecutivo del Sae, il direttivo che coadiuva il presidente Piero Stefani nella guida dell’associazione – risponde a una forte, accorata spinta dalla nostra base a tenere vivo il dialogo tra noi, a restare uniti anche quando le distanze geografiche sono diventate fisicamente insuperabili. Quindi è nata una riflessione in Comitato esecutivo: alla fine di marzo ci siamo chiesti quale possa essere un autentico messaggio religioso per questi tempi e come il Sae possa contribuirvi. Infine, volevamo offrire all’associazione e a tante e tanti amiche e amici un’alternativa agli appuntamenti in presenza già organizzati e rinviati per l’emergenza sanitaria. Avevamo bisogno di un’iniziativa semplice e insieme efficace. Prima è emersa la proposta di unanewslettersettimanale con una riflessione biblica, poi si è definito questo percorso legato alla celebrazione della Pasqua, che prosegue per il tempo liturgico fino a Pentecoste, coinvolgendo sempre nuove Chiese.

La scelta del tema: “Una Pasqua diversa” non è casuale.. Quando ci apriamo alla conoscenza delle altre Chiese e religioni, scopriamo che ci sono calendari liturgici anche molto diversi tra loro: in queste circostanze è risultato utile poter differire l’uscita dei singoli contributi. Abbiamo cominciato da Pesach, certamente per le ragioni cronologiche della festività ebraica, ma è stato anche un modo concreto ed efficace per ricordare l’ebraicità di Gesù, dunque la radice ebraica del cristianesimo, e insieme il radicamento dell’ecumenismo (come il Sae lo comprende e lo vive) nel dialogo ebraico-cristiano.

Ma, mi sembra capire, non è stata tanto la differenza delle date a motivarvi, quanto il periodo che viviamo. La pandemia ci fa riscoprire simili nella vulnerabilità che accomuna tutto il genere umano; nello stesso tempo, le misure di sicurezza, che prendiamo per aver cura di noi e di chi ci vive accanto, ci impongono un diverso stile di relazione e di vita ecclesiale. Da una parte, svincolarci da abitudini e tradizioni può aiutarci a riscoprire il senso profondo della festa che celebriamo; dall’altra la distanza fisica e la sospensione dei riti pubblici non sono frutto di libera scelta e possono contribuire a un clima generale di sconforto e disorientamento. Sembra normale che in circostanze di crisi le Chiese si rivolgano soprattutto all’interno; ma sembra anche importante che ci sia stato qualche invito (unilaterale o reciproco) a guardare oltre. Potremmo dire che, se stiamo tutte/i ferme/i, le chiese non possono allontanarsi; per avvicinarsi bisogna che si lascino trasportare dal soffio dello Spirito. Oggi mi è caro ricordare che «vola solo chi osa farlo» (L. Sepulveda).

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