sabato 31 marzo 2018
A colloquio col benedettino Elmar Salmann. «È una discesa nel baratro del silenzio». Protagoniste le donne, a cominciare dalla Madre di Dio. La lezione di von Balthasar
Sabato Santo nella Basilica di San Pietro (Ansa)

Sabato Santo nella Basilica di San Pietro (Ansa)

COMMENTA E CONDIVIDI

Vivere e rileggere il «mistero del Sabato Santo» come «un abisso, un enigma che non dovremmo percepire, come un passaggio cifrato, quasi scontato e vissuto spesso in modo indolore, della liturgia che spesso ci fa dire che quello è solo il momento di passaggio dalla morte alla Risurrezione di Cristo. Esso è l’attesa in uno spazio ancora vuoto durante la quale tutti noi scendiamo nel baratro del silenzio». Usa tutta la sua vena mistica e poetica il teologo benedettino Elmar Salmann, già docente «per più di trent’anni» alla Gregoriana di Roma e all’Ateneo Sant’Anselmo e ora tornato in patria, la sua Germania, come “semplice” monaco nell’abbazia di Gerleve in Westfalia per descrivere il senso più profondo dell’ultimo tratto del Triduo pasquale. «Si tratta veramente di una giornata particolare – è la spiegazione – testimoniata anche da come la Liturgia delle Ore sia scevra di orpelli. Non c’è la Messa e tutto sia ridotto all’essenziale. Vi è soltanto la Veglia che rappresenta un’attesa».

Un «paesaggio» quello del Sabato Santo – a giudizio del teologo benedettino, classe 1948 e tra i più autorevoli esegeti in chiave creativa del pensiero di Hans Urs von Balthasar – «che vede al centro, vicino al Sepolcro, guarda caso, la figura emblematica e prepotentemente teologica di Maria. Al suo fianco vi sono alcune donne che hanno conosciuto da “vicino” Gesù, come Maria di Magdala. Invece ai margini ci sono gli apostoli, il simbolo della futura Chiesa, ma che ora sono in fuga e chiusi in una stanza, quasi latitanti...». Protagoniste delle ore che precedono la Risurrezione sono proprio le donne. «Esse stanno in un luogo aperto, non chiuso – è la riflessione –. Si mettono vicino all’epicentro del terremoto della Croce, nel giardino dove avverrà la Risurrezione. Sono dunque le donne, “creature di buona speranza” che come nel momento di un’imminente gravidanza non avvertono ancora niente ma sono in attesa del tutto. E questo stile di comportamento è soprattutto simboleggiato dalla Madre di Gesù, Maria di Nazareth».

Agli occhi di Salmann, siamo di fronte a un frangente della Rivelazione cristiana veramente dirompente. «Dopo i padri della Chiesa solo il teologo svizzero Hans Urs von Balthasar – spiega – ha voluto mettere un accento così forte su questa pagina di Vangelo che ha rivoluzionato la storia dell’uomo. Egli attraverso i suoi scritti ci ha mostrato in fondo che questo è un giorno di digiuno, di sottrazione da ogni pregnanza di mistero, dove potremmo dire che Dio ci manca assolutamente». E confida un particolare: «E forse questa “assenza di Dio” la possiamo percepire così vicina e del tutto simile alla cultura agnostica e non credente di cui anche noi cristiani siamo spesso imbevuti».

Un Sabato Santo, che nella visione balthasariana, indica «la mancanza di Dio che non riveste più nessuna fisionomia nella nostra quotidianità». Ma è anche un tempo spartiacque per la storia, in un certo senso un’“alpha e omega” per la nostra visione sull’eternità. «Gesù scende agli inferi – è l’argomentazione –. La sua discesa indica il riscatto dei giusti, i profeti, i “santi” dell’Antico Testamento e del mondo pagano. Tra loro ci sono anche i filosofi. Il gesto di sollevamento di Gesù, che sfonda le porte dell’inferno, riscatta questi giusti non più sprofondati negli abissi ma ora messi alla ribalta nella storia della salvezza».

Una giornata dell’Anno liturgico – è la convinzione di Salmann – da riscoprire per la sua profonda portata escatologica. «Mi è sempre piaciuto il giudizio molto remoto e laico che offre di questo fatto storico lo scrittore George Steiner attinto dalla sua bella immagine “Presenza reale” – è la riflessione finale del benedettino – in cui dice che il cristianesimo per lui è legato ai giorni del Venerdì Santo e della Domenica di Risurrezione mentre la poesia e la filosofia risiederebbero nel Sabato Santo, perché è l’attimo dell’attesa amorosa, sconfinata, ma senza garanzia. Ed è proprio in questo momento di interruzione, di “assenza di Dio”, di buio e di discesa nel baratro del silenzio e in un certo senso di “attesa amorosa” che possiamo scoprirci “figli” e “rampolli” di questo Sabato Santo senza il quale non potremmo davvero reggere la nostra fragile esistenza di credenti».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: