Hockey per tutti: l’Italia paralimpica punta in alto
di Enrico Lenzi
Gli azzurri Andreoni e Lanza: «La vera inclusione sarà avere impianti accessibili. È bello parlare con i bimbi: hanno meno pregiudizi»

«Alza la testa e guarda la posizione». La voce dell’allenatore risuona decisa nel grande pista del PalaAlbani, il palazzetto del ghiaccio di Varese. Sul ghiaccio quattro degli azzurri della squadra nazionale paralimpica di hockey su slittino. Qui, come a Torino e a Egna (in provincia di Bolzano) i nostri azzurri si stanno preparando per il torneo paralimpico di Milano Cortina 2026. Sul ghiaccio, seduti sui loro slittini, ci sono anche Alessandro Andreoni e Gabriele Lanza. Continuano a percorrere in lungo e in largo la pista usando le due stecche sia per darsi la spinta a muoversi sia per cercare di lanciare il dischetto nero dentro le porte presidiate da altri due azzurri. Ma gli occhi sono sui due attaccanti. Su di loro c’è l’onore di andare a segno con gli avversari.
Compito non semplicissimo visto che nella prima partita del torneo - il 7 marzo 2026 - i nostri avversari sono i campioni paralimpici in carica, gli Stati Uniti. Nel nostro girone anche Cina e Germania. «Ci stiamo preparando da tempo per questo appuntamento – dice Alessandro, classe 1997, varesino, con due edizioni paralimpiche alle spalle (PyeongChang 2018 e Pechino 2022) e, con Gabriele, ambassador di Milano Cortina –. Sentiamo l’onore di rappresentare l’Italia e di giocare in casa».
Li incontriamo a fine allenamento, ma l’impegno e l’entusiasmo messi in campo, ci travolge anche nella chiacchierata. Si parte dal loro approccio allo sport paralimpico. «Per me è stato un approdo naturale; guardavo mio fratello che giocava a hockey e volevo farlo anche io» racconta Alessandro, nato con la spina bifida, che non nasconde le difficoltà per riuscire a intercettare la pratica dell’hockey paralimpico. «Io sono nato con la mia disabilità – aggiunge Alessandro – e quindi la mia condizione era per me la normalità. Non ho, rispetto a gran parte dei miei colleghi un “prima” e un “dopo”. Questo cambia anche l’approccio allo sport, che per me diventa un obiettivo, come per qualsiasi altro giovane».
Diverso, invece, l’approccio di Gabriele, classe 1991 e di origini genovesi, che a 11 anni si frattura il bacino in un incidente sugli sci che lo costringe a portare un tutore. «Guardavo le Olimpiadi, ma per molto tempo ho allontanato l’idea dello sport paralimpico, quasi non fosse per me».
Entrambi parlano con naturalezza della propria disabilità, frutto di una rete sociale, familiare e umana che ha saputo sostenerli nel loro percorso. E con naturalezza ne parlano anche incontrando gli studenti della scuole di ogni ordine e grado. «È un impegno duplice – dicono all’unisono –: far conoscere lo sport paralimpico, magari a studenti che hanno una disabilità; ma soprattutto far crescere una mentalità che approcci la disabilità come “una parte del mondo e non come un mondo a parte». Brillano gli occhi di questi due atleti che non smettono mai di sorridere. Sanno di essere degli esempi, come sportivi e come paralimpici. «Lavoriamo con i ragazzi e i bambini perché hanno meno stereotipi, meno pregiudizi, meno rigidità e possono davvero fare la differenza nella diffusione di una cultura nuova» dice Alessandro. «Ricordo un bambino di una scuola elementare – aggiunge Gabriele – che al termine dell’incontro mi si è avvicinato e mi ha detto che gli dispiaceva non poter partecipare anche lui alle Paralimpiadi. Ecco quel bimbo è riuscito nel suo piccolo ad andare oltre la disabilità, ma era conquistato dall’idea sportiva».
Insomma le Paralimpiadi (ma anche le Olimpiadi) di Milano Cortina 2026 come grande occasione culturale e di inclusione. «La strada è stata aperta dall’edizione paralimpica di Torino 2006 – ricorda Alessandro – dando visibilità a un mondo sportivo poco conosciuto. Ora l’evento di Milano Cortina vuole diventare occasione di inclusione e accessibilità per tutti». «La vera inclusione sarà realtà quando gli impianti sportivi e non solo, saranno accessibili a tutti senza alcuna distinzione o etichetta» ribadisce Gabriele. Milano Cortina sotto questo profilo sta già facendo molto: dalla possibilità di accedere a tutti i servizi logistici delle strutture alla visita turistica dei luoghi in cui sono ospitate le gare.
Entrambi gli atleti sono consapevoli che con Milano Cortina 2026 la gara da vincere non è soltanto quella sul campo. «È una grande promozione per lo sport paralimpico invernale, ma anche per una cultura che percepisca la disabilità non come condizione che richiede solo assistenza, ma come percorso verso l’autonomia dei singoli» sottolinea Gabriele Lanza, che ha partecipato alle Paralimpiadi invernali di Pechino 2022.
Un piccolo risultato l’evento di Milano Cortina 2026 lo ha già prodotto, proprio per gli atleti paralimpici, che con una legge del 2023 si sono visti riconosciuti il diritto alla concessione del permesso dal lavoro se atleta di interesse nazionale.
Un piccolo passo, ma un grande traguardo per chi pratica lo sport agonistico a livello nazionale e internazionale, ma deve anche fare i conti con il posto di lavoro, vero sostegno economico personale e familiare. Alessandro Andreoni e Gabriele Lanza attualmente sono dipendenti della Fondazione Milano Cortina 2026, presieduta da Giovanni Malagò, già presidente del Comitato olimpico nazionale italiano e che questi atleti conosce bene e ha visto crescere nella loro capacità agonistica. Alessandro, laureato in Desing della comunicazione al Politecnico di Milano, ricopre il ruolo di marks approval specialist, mentre Gabriele è impegnato nella logistica. La speranza è di poter mettere a frutto l’esperienza che stanno vivendo nella Fondazione, anche in futuri eventi sportivi. La cultura dell’inclusione passa anche da qui.
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