Messi, fede e pallone: «Dio mi ha dato tutto»

A 38 anni trionfa anche negli Usa, da bambino con problemi di crescita a leggenda: «Ho fatto molti sacrifici ma senza Dio non sarei arrivato da nessuna parte»
December 13, 2025
Messi, fede e pallone: «Dio mi ha dato tutto»
Il fuoriclasse argentino, Lionel Messi, 38 anni, con la maglia dell'Inter Miami /Usa Today
È ancora una gioia per gli occhi vederlo con un pallone tra i piedi a 38 anni. Lionel Messi, detto Leo, continua a riscrivere la storia del calcio a suon di gol e assist. Ha appena messo in bacheca l’ennesimo trofeo della sua leggendaria carriera, trascinando l’Inter Miami alla conquista della Major league soccer (Mls), il campionato di calcio nordamericano. Se siano 48 o 47 i titoli vinti poco importa, di sicuro sono oltre 45 e ne fanno il calciatore più vincente di sempre. Sebbene giochi oggi dall’altra parte dell’oceano, in un torneo ambito più da calciatori a fine carriera, la “Pulce” giganteggia ancora alla sua maniera. Capocannoniere (con 35 gol) ma anche miglior assist-man (24) ad allungare il primato nella classifica di tutti i tempi che lo vede al comando con oltre 400 assist davanti a due monumenti come Puskas e Pelé.
Eppure più dei numeri e dei trofei a interrogare è la figura di un fuoriclasse diventato grande senza mai alzare la voce, timido e riservato pur essendo un fenomeno in campo. Una risposta sorprendente l’ha data lui stesso al recente America Business Forum di Miami. Quando gli è stato chiesto se campioni si nasce o si diventa non ha esitato: «Ho sempre detto che Dio mi ha fatto un dono, ha scelto me. Fin da piccolo ero così, avevo talento, ma lungo il percorso ho fatto molti sacrifici e sforzi per rafforzare il dono che avevo ricevuto. Ma sono grato a Dio perché Lui mi ha donato la cosa principale». Cresciuto in una famiglia cattolica, il calciatore due anni fa aveva spiegato in un’intervista: «Parlo sempre con Dio, lo ringrazio, gli chiedo tutto, per il benessere della mia famiglia, dei miei cari». Del resto già dopo la conquista della Coppa del Mondo nel 2022 aveva detto: «Ringrazio Dio ogni giorno della mia vita, non solo per tutti i risultati che mi ha dato a livello professionale e personale, ma anche per tutto il resto. Ovviamente non posso lamentarmi di nulla e non posso chiedergli altro perché grazie a Lui ho tutto e sono molto grato». Messi, che sul braccio destro ha voluto tatuarsi il volto di Gesù, sostiene apertamente che «senza l’aiuto di Dio non sarei arrivato da nessuna parte». Il resto l’han fatto i sacrifici suoi e della sua famiglia perché la strada del ragazzino nato a Rosario in Argentina il 24 giugno del 1987 è stata da subito in salita.
Soprannominato la “Pulce” per via della sua statura, esordisce a 8 anni nel Central Córdoba, per poi passare al Newell’s Old Boys. Ma gli viene diagnosticato un deficit della somatotropina, l’ormone della crescita. Il Newell’s non può permettersi le cure del piccolo Leo, né tantomeno la sua famiglia: il padre è un operaio mentre la madre faceva la donna delle pulizie. Così all’orizzonte si presenta il Barcellona che offre di farsene carico qualora il talento di Rosario si fosse trasferito in Spagna. Il passaggio in blaugrana a 13 anni non è dei più facili: «Quella decisione fu difficile, ma anche molto veloce. Non ho esitato, ma forse non capivo bene cosa significasse lasciare il mio paese, la mia gente, i miei amici e iniziare un’altra vita da qualche altra parte. Piangevo sempre…». Lui che ancora oggi ricorda con emozione la gioia degli inizi: «Già dai 4 o 5 anni camminavo con la palla, ricordo le prime partite con i miei fratelli e i cugini più grandi – racconta Messi - Ricordo che una volta giocava il gruppo degli ‘86, quindi di un anno più grande di me, e mancava una persona, mia nonna chiese di inserirmi. L’allenatore le rispose che era pazza, che ero troppo piccolo e mi avrebbero fatto male. Invece ho giocato, evidentemente ho fatto delle belle cose e alla fine mia nonna disse di comprarmi le scarpe, perché dalla settimana successiva mi avrebbe portato agli allenamenti. E da lì è iniziato tutto». 
L’affare con il Barcellona va comunque in porto con l’episodio divenuto leggendario del primo contratto firmato su un tovagliolo durante il pranzo con la dirigenza catalana. L’esordio a 16 anni con la maglia della prima squadra è l’inizio di un’epopea clamorosa. Sempre con le braccia al cielo dopo ogni gol a ricordare chi per primo ha creduto in lui: sua nonna. Il campione argentino in blaugrana metterà in bacheca tutto quello che si poteva vincere tra cui 4 Champions League e 10 campionati spagnoli. Un legame mai interrotto con il Barca nonostante il tormentato addio per il Psg prima di approdare negli States. Due campionati vinti in Francia e adesso il primo negli Usa per uno che oggi può vantare ben 8 palloni d’oro, primato assoluto davanti all’eterno rivale Cristiano Ronaldo fermo a quota cinque.
Calcio e poesia racchiuse anche nelle sue lontane origini italiane visto che il trisavolo Angelo Messi era di Recanati e da lì emigrò in Argentina. Di sicuro nessun trofeo potrà mai sostituire il legame che ha con la sua famiglia. Sposato dal 2017 con Antonela Roccuzzo, papà premuroso e riservato per i suoi tre figli Thiago, Mateo e Ciro. Orgoglioso al pari della sua fondazione con cui oggi aiuta i bambini di tutto il mondo. Messi non dimentica. «Ero più piccolo di tutti gli altri giocatori in campo, così piccolo che i medici mi hanno prescritto l’ormone della crescita…». Passione, umiltà e tenacia: l’altro volto di un campione che continua guardare il cielo, felice e grato per il talento ricevuto.

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