Ciclismo, il Giro d’Italia 2026 scatterà in Bulgaria

La corsa rosa per la prima volta partirà dal territorio bulgaro. Dopo 3.459 chilometri e 50mila metri di dislivello l'edizione numero 109 si concluderà a Roma
December 1, 2025
Ciclismo, il Giro d’Italia 2026 scatterà in Bulgaria
La presentazione del Giro d'Italia 2026 a Roma / Ansa
È il suo ultimo giro al Giro e lo ha fatto in un luogo dove regna l’armonia e la cultura; la musica eterna e familiare di Ennio Morricone, visto che la sala è dedicata proprio all’immensità del grande maestro due volte premio Oscar. Presentato a Roma al cospetto di autorità (tante) e atleti (pochini) insieme all’edizione femminile (da Cesenatico a Saluzzo, nove tappe dal 30 maggio al 7 giugno), il Giro dopo l’Albania scopre la Bulgaria (prime tre tappe dal mar Nero a Sofia). Sbuca nel silenzio quasi totale dei media. L’edizione 2026 è rivelata via social e streaming, niente mamma Rai. Sarà per discrezione o per diserzione? Peccato che uno degli eventi più nazionalpopolari al pari del Festival di Sanremo, sia lontano dal popolo del ciclismo.
È l’ultimo Giro firmato Mauro Vegni, dicevamo. Una vita a organizzare corse (incominciò a 17 anni con Franco Mealli, l’inventore della Tirreno-Adriatico) e dal 2004 direttore operativo e della “corsa rosa”. Sarà l’ultimo Giro come architetto della corsa più amata d’Italia, una delle più prestigiose al mondo. Ed un disegno che strizza l’occhio a chi, puntando forte anche sul Tour, può vincere in Italia senza andare fuori giri, senza spremersi più di tanto, quindi può anche pensare di andare con una buona riserva di energie al Tour.
Stesso discorso fatto un paio di anni fa per attirare nella rete rosa Pogacar, che poi da padrone assoluto (vinse sei tappe e la corsa) fece doppietta in Francia. «È un Giro esigente e uniforme – ci spiega Mauro Vegni -. Se fossi in Jonas Vingegaard non mi farei sfuggire l’occasione di venire a correrlo anche perché se lo vincesse completerebbe prima di Pogacar la collezione di Grandi Giri, visto che il Tour (due volte) e la Vuelta l’ha già vinti».
La “corsa rosa” partirà per la sedicesima volta dall’estero l’8 maggio, e dopo 3.459 chilometri, 50 mila metri di dislivello, l’edizione numero 109 si concluderà a Roma, sui Fori Imperiali, domenica 31 maggio. Il menù è ricco e abbondante: una cronometro individuale di 40.2 chilometri; 8 tappe di pianura; 7 di media montagna e 5 di alta con 7 arrivi in quota. La Cima Coppi del Giro sarà sul Passo Giau, con i suoi 2.233 metri. Oltre all’abbrivio balcanico, ci sarà uno sconfinamento in Svizzera con una tappa interamente in territorio elvetico, da Bellinzona a Carì. E poi c’è il ritorno di Milano, che ospiterà il Giro per la 90° volta: la tappa? Per velocisti. Cinquanta saranno invece gli anni dal terribile terremoto in Friuli, quindi partenza da Gemona (1976-2026), mentre la corsa rosa ricorderà Marco Pantani ai Piani di Pezzé e Gino Bartali nella cronometro da Viareggio a Massa.
«È un Giro uniforme – spiega sempre il direttore Mauro Vegni -. Tre settimane caratterizzate da una alternanza di tappe corte ed esigenti e altre più lunghe ma che invitano alla battaglia. La speranza è che non ci siano giorni banali, le cosidette tappe morte. Prima settimana mossa per fare la classifica, con Blockhaus, i Muri fermani e poi Corno alle Scale. Si riparte con una crono esigente, che per gli uomini di classifica sarà fondamentale e dopo la novità Milano, che torna nella partitura del Giro dopo qualche anno e per la novantesima volta nella storia della nosta corsa più nazionalpopolare. Attenzione alla tappa svizzera Bellinzona-Carì: sarà corta ed esplosiva. Poi Andalo e gli arrivi di Alleghe e la doppia scalata di Piancavallo, come prova d’appello finale e inappellabile». Vingegaard e Evenepoel non sono nomi a caso: sono i due che hanno lanciato messaggi al Giro. «A noi risulta che vogliano venire, noi ci contiamo: sarebbero due stelle di prima grandezza, su questo credo che non si possa nemmeno discutere. Pogacar? Tornerà…». «È un’idea che mi stuzzica, anche se il Tour resta la priorità: valuteremo col team se combinare le due cose», le parole del re pescatore di Danimarca. Riflette anche Evenepoel, due precedenti in Italia e altrettanti ritiri: «Una crono di 40 chilometri sarebbe molto adatta a un corridore come me», spiega il re incontrastato del cronometro.

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