Sì, la fisica fa da filtro. Tra chi studia e chi no
La verità sul discusso esame per entrare a Medicina è che bisogna studiare. Perché il test dice: «Vuoi fare il medico? Allora inizia a capire come funziona l’universo in cui vive il corpo umano»

Mi sono letta il test di Fisica per entrare a Medicina… e, mentre lo facevo, non potevo non guardare anche il rumore che gli gira attorno. Le discussioni, le polemiche, i post indignati, le prese di posizione sul famoso semestre filtro di Medicina. Ed è lì che mi è venuta una domanda semplice, quasi banale, ma inevitabile: filtro di cosa, esattamente? Perché se c’è una cosa chiara, guardando quelle domande e leggendo quelle reazioni, è che non sta filtrando i capaci. Sta filtrando… la pazienza. La pazienza degli studenti, certo. Ma anche quella dei docenti. E perfino quella dei neutrini che ci attraversano mentre ne parliamo, indifferenti, come sempre, alle nostre polemiche molto terrestri. La verità è molto meno epica delle polemiche che infiammano i social e i dibattiti televisivi: non esiste nessun mostro chiamato “fisica”. Non esiste una creatura mitologica pronta a divorare le vocazioni di chiunque. Esiste solo la fisica che non si studia. Ed è un punto cruciale, perché quando si parla di fisica nel contesto di Medicina si fa spesso finta che si tratti di qualcosa di astratto, lontano, quasi sadico. In realtà stiamo parlando di concetti elementari, di base, la grammatica del mondo: pressioni, portate, gradienti, flussi, logaritmi, densità, forze. Non formule decorative. Non esercizi da gara. La roba che manda avanti il sangue, non i quiz. Eppure, osservando il dibattito pubblico, sembra che tutto si trasformi in un grande teatro, dove si combatte contro un “semestre filtro” immaginario, come se fosse un cattivo della Marvel. Un’entità oscura, crudele, progettata per far soffrire. Ma non è un cattivo: è un promemoria. Il test non dice: «Voglio vederti soffrire». Non gode delle difficoltà altrui. Dice: «Vuoi entrare a Medicina? Perfetto. Allora inizia a capire come funziona l’universo in cui vive il corpo umano».
Ed è una richiesta meno arrogante di quanto sembri. Perché il corpo umano non è un’entità separata dalle leggi fisiche: è immerso dentro di esse. Ogni respiro è un problema di pressione. Ogni circolazione è un problema di flusso. Ogni suono che ascoltiamo, ogni segnale che interpretiamo, ogni energia che scambiamo obbedisce a quelle stesse regole. Perché un medico che non sa come scorre un fluido… come si propaga un suono… come si trasmette energia… non è un medico: è un improvvisato. Non è una provocazione. È una constatazione. La fisica non è un orpello culturale da superare per poi dimenticare tutto. È la struttura invisibile che sostiene la pratica clinica, anche quando non la chiamiamo per nome. Il punto, allora, non è la difficoltà. Il punto è che bisogna studiare. E questo, sì, filtra davvero. Filtra chi pensa che studiare sia un incidente di percorso. Filtra chi spera di cavarsela aggirando i concetti invece di capirli. Filtra chi confonde l’indignazione con l’argomentazione. Possiamo passare anni a discutere del semestre filtro. Possiamo dividerci in tifoserie, accusarci a vicenda, gridare allo scandalo. Oppure possiamo accettare che il filtro più spietato di tutti è la realtà: quella che non aspetta il secondo appello, non dà suggerimenti, non accetta risposte a crocette. Perché puoi sfuggire a un test. Puoi lamentarti di un semestre. Puoi anche passare un esame senza aver davvero capito. Ma quando sei in reparto, davanti a un flusso sanguigno turbolento… Reynolds lo devi sapere. Tu puoi averlo evitato o aver copiato la risposta per passare il test, ma lui non evita te. E la fisica, lì, non è più un’opinione.
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