martedì 27 settembre 2011
Ai sostegni distribuiti con il «Prestito della speranza» vanno aggiunti gli interventi quotidiani delle Caritas diocesane e di Migrantes. E poi il Progetto Policoro per sostenere il lavoro giovanile.
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Una galassia che opera per gli italiani in difficoltà ogni giorno e spesso lontano dai riflettori, come ha ricordato nella prolusione di ieri il presidente della Cei, Angelo Bagnasco. Così vasta che possiamo solo tratteggiarne i confini senza descriverla compiutamente. Per avere un’idea, ricordiamo che il 70% delle fondazioni, associazioni e cooperative sociali che compongono il terzo settore nostrano sono di ispirazione cristiana. Oltre 14 mila sono i servizi sociali e sanitari di ispirazione ecclesiale attivi in Italia, nei quali agisce un esercito di 420 mila operatori, due terzi dei quali volontari. Molti sono nati di recente, adattandosi a bisogni sociali e sanitari integrati (ad esempio quelli degli anziani) grazie a strutture leggere, radicate soprattutto a Nord, dove si trova la metà dei servizi. Poco meno di un quarto sono situati invece nel Centro e quasi il 30% nel Mezzogiorno. Un vero e proprio sistema di welfare autonomo che unisce solidarietà e sussidiarietà e che è promosso dalla comunità cristiana sul territorio. Infatti oltre un quarto delle strutture è di origine parrocchiale, un quinto viene da realtà riconducibili alla diocesi, altrettante da associazioni di fedeli. La parrocchia è anche l’ente gestore più frequente, ma il 20% circa di servizi è gestito da associazioni da questa promosse.Altra risposta sulla quale la Chiesa italiana ha investito molto sono le attività anticrisi economica. Il prossimo 17 ottobre verranno divulgati i contenuti del rapporto 2011 su povertà ed esclusione sociale nel Belpaese, curato dalla Caritas italiana e dalla Fondazione Zancan. Studio che, oltre ad aggiornare il quadro della povertà economica, descriverà il ruolo svolto dalla Chiesa. Nell’attesa, possiamo rileggere i dati elaborati dall’organismo pastorale della carità quattro mesi fa, quando risultavano attive in tutta Italia 635 iniziative anticrisi. Tra queste, 133 diocesi su 225 avevano attuato il microcredito per famiglie in difficoltà, 131 i fondi d’emergenza e 120 i servizi di orientamento al lavoro. Infine, 63 avevano sostituito ai classici pacchi viveri i più sofisticati - ma discreti - empori solidali dove effettuare spese con la tessera del segretariato sociale. La loro crescita esponenziale dal 2009 ai primi del 2011 è l’indicatore di una crisi profonda anche se negata. Due anni fa i progetti di microcredito erano infatti 67, la metà, e gli empori solo otto, meno di un ottavo. Tutte azioni svolte perlopiù dalle Caritas e dai centri di ascolto parrocchiali con fantasia imprenditoriale per coinvolgere tutta la comunità locale, non credenti compresi. Ecco allora aste solidali e orti sociali, servizi di gestione di bilanci famigliari per chi si è indebitato e «adozioni» di famiglie in difficoltà da parte dei nuclei più abbienti. Il sostegno economico diocesano a un certo punto si è incanalato su un doppio binario per affrontare  persistenti situazioni di povertà, come quello dei disoccupati di mezza età, a rischio cronicità. Tre quarti delle 133 diocesi, infatti, al microcredito famigliare, che si prefigge di stimolare i beneficiari, hanno dovuto affiancare erogazioni assistenziali a fondo perduto.Nel quadro si colloca il «Prestito della speranza», che la Cei ha rilanciato semplificandone i criteri di selezione, ora possibile anche per disoccupati da lungo tempo, lavoratori precari e irregolari, famiglie anche senza figli. Il Fondo ammette due tipologie diverse di prestito, il credito sociale di seimila euro e quello per l’impresa a singoli, società o cooperative per 25mila euro. E il progetto Policoro, sostenuto dall’ufficio nazionale per la Pastorale del lavoro, incubatore da 15 anni di cooperative sociali al sud, che sta lanciando gemellaggi con le diocesi settentrionali. Nella galassia silenziosa ed efficiente si radica da 20 anni l’opera incommensurabile di parrocchie e associazioni per l’integrazione degli immigrati, attraverso ad esempio doposcuola per scolari non italiani e i corsi di lingua per lavoratrici e lavoratori. Di quest’anno, infine, l’accoglienza ai profughi sbarcati nel Belpaese per la crisi del Nordafrica. Oltre al presidio di Lampedusa, da subito la rete delle Caritas si è attivata dietro sollecitazione delle istituzioni offrendo oltre 3.000 posti. Al 20 settembre erano transitati 2.200 persone nei centri di accoglienza delle Caritas diocesane. Ringraziando Caritas e Migrantes, ieri il cardinale Bagnasco ha idealmente voluto abbracciare tutto questo patrimonio inestimabile della Chiesa e della società italiana.
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