Nadine Marie: sotto le bombe per guarire i cuori dall’odio
Piccola Sorella di Gesù, libanese, ha vissuto anche in Iraq e Siria. «La vera pace viene da Dio. Ma senza dialogo, sarà impossibile»
«La vera pace viene da Dio, è una grazia da chiedere, ma finché non ci saranno dialogo e comunicazione sarà impossibile. È facile vedere la responsabilità che ha l’altro, ma anch’io ho la mia parte: di fronte all’ingiustizia e all’assurdità della guerra il mio cuore può riempirsi di odio. Se voglio essere veramente strumento di pace, devo cercare dentro di me con l’aiuto dello Spirito santo le tracce di onnipotenza, dominio, cupidigia, gelosia, rancori, e decidere di compiere gesti di riconciliazione: piccoli atti di attenzione all’altro che a volte costano». Lo testimonia – alla vigilia della giornata mondiale di digiuno e preghiera per la pace, indetta per il 14 agosto dalla Unione internazionale delle superiore generali – piccola sorella Nadine Marie, 47enne di origine libanese, entrata nel 2008 nella congregazione delle Piccole Sorelle di Gesù, che oggi conta poco più di novecento consacrate in una cinquantina di Paesi, fra cui Iraq, Libano e Siria dove lei ha vissuto, sperimentando la guerra fin dall’infanzia: «Sono nata a Beirut nel 1977 e il conflitto era già iniziato da due anni. Le bombe venivano a cercarci e abbiamo cambiato casa molte volte; sono piuttosto timida e per me era difficile ambientarmi a scuola, quindi ho vissuto molto la solitudine. Questo isolamento mi ha portato da adulta verso le persone sole; al tempo stesso l’unità in famiglia – ho due sorelle e altrettanti fratelli – mi ha insegnato l’importanza della fraternità, che ho ritrovato nel nostro carisma. E la paura che ho provato mi fa capire cosa vivono oggi le persone in zone di guerra: le porto tutte nella preghiera».
Per costruire la pace e il dialogo fra i popoli è necessaria anzitutto «la conversione del cuore, poi essere aperti al diverso e accoglierlo così com’è, evitando etichette e pregiudizi. La nostra fondatrice, la venerabile piccola sorella Magdeleine di Gesù, diceva: “C’è un razzismo nascosto in ogni cuore”. Sono pronta a riconoscerlo? Siamo chiamati ad accettare con fiducia le differenze senza voler cambiare l’altro; invece la paura ci fa chiudere e rimanere nella comfort zone, senza fare un passo». La religiosa ne ha fatto esperienza durante la missione in Iraq, dov’è rimasta dal 2020 al 2022 prima ad Ankawa, sobborgo a Erbil in Kurdistan, e poi a Mosul: «Lavoravo per il Jrs (Jesuit refugee service, il Servizio dei gesuiti per i rifugiati) in un complesso molto povero dove alcuni insegnanti animavano un centro estivo per i giovani. Non erano sereni, un po’ vivaci e turbolenti: accanto a loro ho provato amore come fossero miei figli», racconta. «Avevo emesso i miei voti perpetui e ricevuto un anello un po’ grande, segno della consacrazione, e l’ho perso; i ragazzi sapevano che ci tenevo per il suo significato e uno di loro – nonostante non avesse soldi – mi ha fatto la sorpresa di regalarmene un altro più semplice su cui era inciso per tre volte il nome di Gesù. Loro ci evangelizzano: hanno tanti problemi ma un cuore grande».
A Mosul, quando le Piccole Sorelle hanno potuto riaprire la fraternità, «i musulmani, che sono la maggioranza, ci hanno accolto in maniera molto bella. Una donna ci ha fatto conoscere altre amiche e il 24 dicembre ci ha invitate a casa sua, promettendoci che ci avrebbe accompagnate in chiesa per la Messa. Aveva preparato una tavola imbandita e decorato un albero natalizio, dicendo: “Vogliamo vivere questa festa con voi”. I fratelli e le sorelle ci rivelano Cristo; noi siamo solo una presenza, un sorriso sul mondo con tutte le sue tenebre, perché abbiamo lo sguardo fisso su Cristo e prendiamo la forza da Lui. Lo adoriamo nel mistero dell’Eucarestia e cerchiamo di riconoscerlo nelle creature, in ogni persona che incontriamo».
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