venerdì 10 luglio 2009
La Congregazione della Dottrina della Fede deplora oggi in una chiarificazione pubblicata dall'Osservatore Romano "la confusione creatasi in vari Paesi, soprattutto in America Latina, a seguito dell'articolo di mons. Rino Fisichella sulla vicenda della bimba brasiliana di 9 anni che era stata violentata dal patrigno e ha poi abortito due gemelli.
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Non è cambiata, né può cambiare, la dottrina della Chiesa sull’aborto provocato. Lo ribadisce una «chiarificazione» della Congregazione per la Dottrina della Fede, pubblicata su L’Osservatore Romano. In sostanza, sottolinea l’autorevole intervento dell’ex Sant’Uffizio, «l’aborto diretto, cioè voluto come un fine o come un mezzo, è gravemente contrario alla legge morale». Perciò «la cooperazione formale a un aborto costituisce una colpa grave», che la Chiesa sanziona con la scomunica latae sententiae (cioè immediata, senza bisogno di un pronunciamento giuridico, ndr) per il fatto stesso d’aver commesso il delitto».La «chiarificazione», si legge nel documento, si è resa necessaria in relazione alla «triste vicenda della bambina brasiliana», stuprata ripetutamente dal patrigno e quindi indotta ad abortire. Sull’argomento, afferma la nota, «sono pervenute alla Santa Sede diverse lettere, anche da parte di alte personalità della vita politica ed ecclesiale, che hanno informato sulla confusione creatasi in vari Paesi, soprattutto in America Latina, a seguito della manipolazione e strumentalizzazione di un articolo di monsignor Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, apparso su L’Osservatore Romano del 15 marzo 2009». In tale articolo, continua la «chiarificazione», «si proponeva la dottrina della Chiesa, pur tenendo conto della situazione drammatica della suddetta bambina, che – come si poteva rilevare successivamente – era stata accompagnata con ogni delicatezza pastorale, in particolare dall’allora arcivescovo di Olinda e Recife, monsignor José Cardoso Sobrinho».Di qui la decisione di intervenire. «Al riguardo – afferma, infatti, il documento pubblicato ieri – la Congregazione per la Dottrina della Fede ribadisce che la dottrina della Chiesa sull’aborto provocato non è cambiata né può cambiare».La «chiarificazione» cita dunque una serie di documenti che attestano la continuità della dottrina cattolica in materia di aborto. Nel Catechismo, ad esempio si legge: «Fin dal primo secolo la Chiesa ha dichiarato la malizia morale di ogni aborto provocato. Questo insegnamento non è mutato. Rimane invariabile». Nella Gaudium et spes si aggiunge che «la vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura; e l’aborto come pure l’infanticidio sono abominevoli delitti». E nel Codice di diritto canonico (canone 1398) viene stabilita la scomunica latae sententiae, già ricordata, per chi procura l’aborto.L’intervento dell’ex Sant’Uffizio ricorda poi che questa dottrina è stata confermata dalla Istruzione Donum Vitae e dall’enciclica di Giovanni Paolo II Evangelium vitae «con l’autorità che Cristo ha conferito a Pietro e ai suoi successori, in comunione con i vescovi».L’insegnamento «chiaro e preciso di Papa Giovanni Paolo II», si legge nella «chiarificazione», vale anche «per quanto riguarda l’aborto procurato in alcune situazioni difficili e complesse». Il documento cita ancora la Evangelium vitae. «È vero che molte volte la scelta abortiva riveste per la madre carattere drammatico e doloroso, in quanto la decisione di disfarsi del frutto del concepimento non viene presa per ragioni puramente egoistiche e di comodo, ma perché si vorrebbero salvaguardare alcuni importanti beni, quali la propria salute o un livello dignitoso di vita per gli altri membri della famiglia. Talvolta si temono per il nascituro condizioni di esistenza tali da far pensare che per lui sarebbe meglio non nascere. Tuttavia, queste e altre simili ragioni, per quanto gravi e drammatiche, non possono mai giustificare la soppressione deliberata di un essere umano innocente».Il documento ricorda anche che l’aborto terapeutico si ha solo quando «un intervento in sé non abortivo può avere, come conseguenza collaterale, la morte del figlio». E conclude citando ancora il magistero di Papa Wojtyla sulla responsabilità degli operatori sanitari, i quali secondo «l’antico e sempre attuale giuramento di Ippocrate» sono tenuti a «impegnarsi per il rispetto assoluto della vita umana e della sua sacralità».
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