domenica 6 dicembre 2015
Leopoldo Mandic, padre Pio da Pietralcina, suor Faustina, Giovanni Paolo II e Madre Teresa: sono le icone del perdono, della carezza del Padre, dell’amore gratuito, del dono per gli altri. Le spoglie di padre Pio esposte a Roma per la prima volta.
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Chiamiamoli pure “profeti” della misericordia. Uomini e donne di Dio che, con le loro intuizioni, la loro vita, le loro parole, hanno annunciato quell’abbraccio del Padre che Cristo narra nella parabola del “figliol prodigo”. I loro nomi sono iscritti nel grande libro dei santi e rientrano idealmente nel capitolo dedicato a coloro che possono essere considerati i “beati” del perdono, della carezza divina, dell’accoglienza assoluta, dell’amore gratuito, del dono del proprio cuore a chi è misero o nel bisogno. Cinque di loro saranno i testimoni dell’Anno Santo straordinario voluto da papa Francesco.

San Pio da Pietrelcina  e san Leopoldo Mandic rimandano al sacramento della Penitenza e vanno visti come “missionari” del confessionale.

Santa Faustina Kowalska  e san Giovanni Paolo II sono profondamente legati alla Divina Misericordia e alla festa liturgica che viene celebrata ogni anno nell’ottava di Pasqua.

E Madre Teresa di Calcutta  è l’emblema del Vangelo della carità e della vicinanza agli ultimi fra gli ultimi. Tutti e cinque diventeranno protagonisti di momenti particolari lungo i dodici mesi del Giubileo.

 

LEOPOLDO MANDIC

Dall’8 al 14 febbraio giungerà a Roma il corpo del cappuccino Leopoldo Mandic (1866-1942) insieme con quello di padre Pio da Pietrelcina. Entrambe le reliquie saranno esposte nella Basilica di San Pietro. I due santi indicheranno ai pellegrini la via della riconciliazione. Mandic – alla stregua di san Pio – mostra come può essere ampio l’orizzonte di un piccolo confessionale in una regione italiana di antiche tradizioni di fede come il Veneto. In realtà il religioso era di Castelnuovo di Cattaro, oggi in Montenegro, dove nasce nel 1866 da una famiglia cattolica croata. Dopo un primo discernimento vocazionale nel Seminario di Udine, veste il saio francescano nel 1884 a Bassano del Grappa. Sogna di essere missionario e, come lui stesso annota, di «dedicare tutte le energie per il ritorno dei fratelli separati d’Oriente» nella Chiesa cattolica. Invece, sia per la salute, sia per varie circostanze, trascorrerà quasi la metà della sua vita nel convento dei Cappuccini di Padova, chiuso nella sua cella-confessionale di due metri per tre. E qui è un accorrere di fedeli, tanto che in città il movimento assume forme crescenti ed eccezionali. «Dicono che do troppo facilmente l’assoluzione – confida a chi lo taccia di lassismo –. Le pare che, se un vero peccatore viene davanti a me, lo possa fare per me e non per il Padrone Iddio?». Un «vero pastore di anime», lo definisce Giovanni Paolo II durante la canonizzazione nel 1983. E Paolo VI ricorda nell’omelia della beatificazione nel 1976: «Egli si mostrava pieno di bontà e comprensione con quanti andavano a inginocchiarsi ai suoi piedi». Poi aggiunge: «Fu un ecumenico ante litteram, cioè presagì e promosse, pur senza agire, la ricomposizione della perfetta unità». Muore nel 1942 a Padova dove si trovano le sue spoglie.

 

FAUSTINA KOWALSKA

Nella vita della Chiesa del nuovo millennio la misericordia ha un nome: Faustina Kowalska (1905-1938), l’umile suora polacca a cui Cristo, in numerose rivelazioni private, chiede di promuovere la festa della Divina Misericordia. «Figlia Mia, parla a tutto il mondo della Mia inconcepibile misericordia. Desidero che la festa della misericordia sia di riparo e rifugio per tutte le anime e specialmente per i poveri peccatori», si legge nel diario della religiosa nata a Glogowiec nel 1905 e battezzata col nome di Elena. «Non ha fatto niente di grande», evidenzia il cardinale Józef Glemp, già primate di Polonia. Eppure «davanti a lei si apriva l’immenso spazio di Dio che l’ha rapita». Alla consacrata – che muore a 33 anni e il cui corpo è custodito a Cracovia- Lagiewniki nel Santuario della Divina Misericordia – si deve la solennità istituita da Giovanni Paolo II nel 2000 che viene celebrata la prima domenica dopo Pasqua. Proprio quest’anno, alla vigilia della festa, papa Francesco legge la Bolla di indizione del Giubileo dove si cita suor Faustina che Bergoglio chiama «grande apostola della misericordia» e che invita a «vivere e camminare sempre nel perdono di Dio e nell’incrollabile fiducia nel suo amore». Il 3 aprile 2016, domenica della Divina Misericordia, si terrà il Giubileo degli aderenti alla spiritualità che si riconosce nella testimonianza della suora proclamata santa nel 2000.

 

GIOVANNI PAOLO II

 

San Karol Wojtyla (1920-2005), ovvero il Pontefice dell’enciclica Dives in Misericordia (1980) dedicata alla devozione appresa dalla religiosa polacca; e il Pontefice che ha voluto la festa della Divina Misericordia. Durante il Giubileo il Papa polacco sarà al centro della Giornata mondiale della gioventù che si svolgerà a luglio proprio nella sua terra: Cracovia. A poche decine di chilometri, nella cittadina di Wadowice, nasce nel 1920. Nei quasi 27 anni di pontificato si è ricorsi a una valanga di appellativi per definire Wojtyla: il Papa della famiglia, il Papa dei giovani, il Papa del “non abbiate paura”, il Papa pellegrino che ha viaggiato per il mondo annunciando il Vangelo, il Papa che ha fatto crollare il muro di Berlino, il Papa della malattia. Morto il 2 aprile 2005, viene canonizzato in tempi rapidissimi: è proclamato beato il 1º maggio 2011 e santo il 27 aprile 2014, sempre nella festa della Divina Misericordia.

 

MADRE TERESA DI CALCUTTA

La data non c’è ancora ma uno dei grandi “regali” dell’Anno Santo potrebbe essere la canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta (19101997). Di sicuro la «piccola matita» nelle mani di Dio – come lei stessa si definisce – sarà il riferimento del Giubileo degli operatori e dei volontari della misericordia in programma il 4 settembre prossimo, vigilia della memoria liturgica della fondatrice delle Missionarie della carità. Proprio quel giorno Madre Teresa potrebbe essere proclamata santa, nell’anniversario della morta avvenuta nel 1997 a Calcutta, la città scelta dalla religiosa di origine albanese – al secolo Anjëzë Gonxhe Bojaxhiu – per vivere il Vangelo accanto agli emarginati dell’India. «Dio ama ancora il mondo e manda me e te affinché siamo il suo amore e la sua compassione verso i poveri», scrive la Madre – premio Nobel per la pace nel 1979 – che ogni mattina inizia la giornata davanti all’Eucaristia ed esce con la corona del Rosario tra le mani per cercare e servire il Signore in coloro che sono «non voluti, non amati, non curati». Testimone della gioia di amare, è beata dal 2003. 

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