lunedì 25 settembre 2023
Parla l'arcivescovo presidente della Fondazione Migrantes della Cei che è intervento agli "Incontri del Mediterraneo" a Marsiglia. «Serve un'Europa solidale. I migranti non sono un “disturbo”»
L'arcivescovo Gian Carlo Perego con i giovani protagonisti degli "Incontri del Mediterraneo" a Marsiglia

L'arcivescovo Gian Carlo Perego con i giovani protagonisti degli "Incontri del Mediterraneo" a Marsiglia - Gambassi

COMMENTA E CONDIVIDI

Fermare le partenze dei migranti. Il ritornello semplicistico, caro a certa politica, arriva fino a Marsiglia, la città che in questi giorni è il cuore del Mediterraneo. Perché papa Francesco, i vescovi e i giovani dei Paesi affacciati sul grande mare ne hanno fatto il laboratorio di un nuovo “sguardo” sulle migrazioni nel bacino: con gli “Incontri del Mediterraneo”, una settimana di dialogo e riflessione organizzata dall’arcidiocesi guidata dal cardinale Jean-Marc Aveline e ispirata ai due precedenti “summit” di pace e fraternità ideati dalla Cei. L’arcivescovo di Ferrara-Comacchio, Gian Carlo Perego, sa quanto nella Penisola il tema sia caldo. «Ma i tre accordi che l’Italia ha stretto con Tunisia, Libia e Turchia non hanno al centro la dignità dei migranti, ma i nostri interessi, la nostra tranquillità, il nostro profitto. E non salvaguardano la persona cui va garantita anche la libertà di movimento se ci consideriamo uno Stato democratico», avverte il presule che è presidente della Commissione episcopale Cei per le migrazioni e della Fondazione Migrantes. A Marsiglia fa parte della delegazione italiana presente all’appuntamento.

Eccellenza, l’emergenza sbarchi è entrata nelle discussioni ed è tornata più volte nelle parole del Papa.

La Chiesa ripete che il Mediterraneo deve essere un luogo della vita. Il che significa “no” a ulteriori vittime del mare, “no” a muri sia ideali sia materiali, “no” a sbarramenti nei confronti di chi cerca liberà, sicurezza e pace. Se in dieci anni i richiedenti asilo e i rifugiati sono raddoppiati e sono diventati 110 milioni, dovremmo interrogarci su come tutelare tutti coloro che sono costretti a lasciare la propria terra: vuoi perché sono profughi ambientali; vuoi perché hanno una guerra sotto casa; vuoi perché i loro diritti vengono calpestati: cito le donne dell’Afghanistan o quanti non possono esprimere la propria fede, pena la persecuzione. Quindi da Marsiglia giunge un invito alla cultura dell’incontro: i migranti non sono un “disturbo” nelle città ma un’opportunità che rinnova le comunità anche dal punto di vista demografico e del meticciato. Come testimonia Marsiglia.

Il porto vecchio di Marsiglia, la città che ha ospitato gli 'Incontri del Mediterraneo' conclusi dal Papa

Il porto vecchio di Marsiglia, la città che ha ospitato gli "Incontri del Mediterraneo" conclusi dal Papa - Gambassi

Eppure Marsiglia dice che l’integrazione è complessa, ma anche che la convivialità è possibile.

Questa è una città dove la parola “migrante” segna la vita quotidiana, la cultura, l’economia, anche l’esperienza religiosa. Cosmopo-lita, ha un terzo degli abitanti di origine araba. E il 30% degli immigrati ha radici italiane, frutto dei flussi fra il 1860 e il 1960. Il suo porto la lega al Mediterraneo: anche il nostro governo aveva inviato qui una delle navi delle ong con 250 naufraghi salvati fra le onde e ciò era stato motivo di polemica. In questi giorni intende contribuire con il nostro incontro e con la presenza del Papa a fare del grande mare un “mosaico di speranza”, ricorda il tema dell’evento. E qui l’Occidente viene chiamato in causa. L’Europa ha bisogno di più unità e solidarietà, come dovrebbe accadere con la revisione del trattato di Dublino che dagli anni Novanta ha caratterizzato la politica dell’asilo, ma che di recente ha registrato battute di arresto anche sull’onda di taluni nazionalismi.

Come costruire un’Europa più fraterna?

L’accoglienza in Europa dipende dalle scelte politiche dei singoli Stati. Ad esempio, la protezione assicurata agli sfollati dell’Ucraina è stata ampia e condivisa. Questa dovrebbe essere la norma nel continente con un sistema di assistenza calibrato rispetto al numero degli abitanti di ogni Paese. Non possono esserci nazioni che si fanno carico da sole di questo compito. È il caso dell’Italia dove però il meccanismo è totalmente inadeguato. Ad oggi le persone cui viene riconosciuta una protezione internazionale sono costrette a lasciare i Centri di accoglienza straordinaria e andare per strada perché non ci sono posti nei luoghi deputati ai percorsi di integrazione. E di integrazione abbiamo bisogno nelle nostre città.

Vescovi e giovani protagonisti degli 'Incontri del Mediterraneo' a Marsiglia

Vescovi e giovani protagonisti degli "Incontri del Mediterraneo" a Marsiglia - Gambassi

“Liberi di partire, liberi di restare” ripete la Chiesa italiana. Come farlo?

Le due dimensioni implicano che, da una parte, si accompagnino le genti perché i loro cammini siano in sicurezza; e, dall’altra, che l’impegno alla cooperazione non sia residuale ma cruciale nelle politiche europee. Ci sono progetti della Ue per l’Africa nel segno della crescita che possono contribuire anche a innescare una svolta democratica a partire da scuola, salute, salvaguardia dell’ambiente, valorizzazione delle risorse locali. Non dimentichiamo che molte delle guerre e quindi delle partenze nascono dallo sfruttamento, da un capitalismo selvaggio che penalizza profondamente i territori, soprattutto quelli governati da dittature anche nel continente africano.


© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI