venerdì 12 febbraio 2016
COMMENTA E CONDIVIDI
Il dramma dei cristiani perseguitati nel mondo è stato come un’enorme piccozza che ha abbattuto uno dei muri che da mille anni separano la “prima Roma” dalla “terza Roma”, vale a dire la Chiesa cattolica da quella ortodossa russa. «Di fronte a un contesto effettivamente nuovo, segnato dalle uccisioni e dalle vessazioni dei discepoli dell’unico Cristo, si è deciso di lasciare da parte i problemi non ancora risolti. E, sulla base di questa comune visione, è giunto l’assenso da parte del patriarcato di Mosca all’incontro fra papa Francesco e il patriarca di Mosca e di tutta la Russia, Kirill». Padre Ioann, al secolo Giovanni Guaita, racconta dalla capitale russa le ultime tappe che hanno portato allo storico colloquio di oggi fra i due “primati” a Cuba. Fino a pochi mesi fa, il monaco ortodosso russo – ma d’origine italiana – ha collaborato con il Dipartimento per le relazioni esterne del patriarcato di Mosca che di fatto ha preparato l’evento in terra latinamericana. Dipartimento che era diretto da Kirill prima di essere eletto patriarca. «A Cuba – anticipa padre Ioann – l’ordine del giorno avrà al centro soprattutto il tema delle persecuzioni dei cristiani». L’incontro, che si terrà nell’aeroporto “José Marti” di L’Avana alle 14.15 (le 20.15 in Italia) e si concluderà con la firma di una dichiarazione congiunta, arriva a poche settimane dall’inizio del terzo anno di pontificato di Bergoglio e al settimo di guida pastorale di Kirill. «Da tempo – ricorda l’esperto – Roma aveva inviato a Mosca la sua richiesta per un appuntamento di questo tipo. Fin dagli anni Novanta si stava lavorando a una sua concretizzazione. E almeno due volte si era arrivati a un passo dal fissarne la data. Ma fattori contingenti non avevano permesso che il proposito si realizzasse. Anche perché al patriarcato sembrava che ancora permanessero ostacoli che rendevano impossibile l’evento». Uno degli incontri “sfumati” risale al 1997 quando nella città austriaca di Graz, durante la seconda Assemblea ecumenica europea, era stato ventilato l’arrivo di Giovanni Paolo II per incontrare l’allora patriarca di Mosca, Alessio II. «Tuttavia, in quegli anni, i rapporti fra le due Chiese erano ben più convulsi – sottolinea il monaco – e non avevamo davanti una situazione così grave per il mondo cristiano come quella attuale che vede l’impeto di un islam aggressivo o piuttosto del terrorismo che si dichiara islamico. Oggi le relazioni sono decisamente migliorate e la tragedia delle persecuzioni non ci può lasciare indifferenti. Anzi, esige un impegno comune oltre le diversità ». Le violenze che subiscono i cristiani interrogano i russi. «C’è viva preoccupazione – afferma padre Ioann –. Anche l’intervento militare della Federazione russa contro il Daesh in Siria ha dietro motivazioni legate a questa dimensione ed è presentato dal governo come una reazione al genocidio dei cristiani». Eppure una minoranza conservatrice dell’ortodossia russa fa fatica ad accettare l’“abbraccio” fra Francesco e Kirill. «Comunque si tratta di una frangia ridotta – avverte il monaco – mentre la maggioranza dei fedeli attende tutto ciò con benevolenza e fiducia. Anche la società laica russa non ha preclusioni. Mosca attraversa una fase di isolamento politico: così l’incontro di Cuba può essere un segnale di distensione ed è gradito al Cremlino». Papa Francesco si troverà davanti il patriarca della più numerosa Chiesa d’Oriente che conta 150 milioni di credenti e rappresenta i due terzi del “pianeta” ortodosso. «Kirill – racconta padre Ioann – è un uomo deciso, energico e aperto. È discepolo del metropolita Nikodim che nel settembre 1978 morì in Vaticano fra le braccia di Giovanni Paolo I durante un’udienza. Nikodim era conosciuto per essere una persona del dialogo, in particolare con la Chiesa cattolica. E Kirill è il suo più caro figlio spirituale. Quindi, per il nostro patriarca, il colloquio con il Papa sarà anche un’occasione per tornare agli insegnamenti del suo maestro ». Negli ultimi anni le tensioni fra le due Chiese si sono smorzate. «Il patriarcato di Mosca – nota l’esperto – ha sempre evidenziato due ordini di problemi con Roma: quello dei greco-cattolici in Ucraina e quello del proselitismo. Questo secondo impedimento è ormai superato: oggi la presenza cattolica in Russia non solleva alcuna preoccupazione, a differenza di quanto succedeva negli anni Novanta quando veniva osservato uno zelo talvolta eccessivo. Invece la questione dei grecocattolici è diventata più complessa e si registrano nuove ragioni di frizione». Nel colloquio a Cuba non entreranno le divergenze dottrinali. «Il patriarca sa bene che i nodi teologici rimangono, ma è altrettanto convinto che non possano essere discussi in un aeroporto. La sede opportuna è la Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse dove il lavoro prosegue fra accelerazioni e frenate. Certo, accanto al confronto teologico, è fondamentale il dialogo della carità e della fraternità che impegni i vertici delle Chiese. Papa Francesco, nel volo di ritorno da Istanbul nel 2014, aveva chiarito che serve andare avanti insieme e non si può attendere di dirimere tutte le controversie teologiche. Questa è anche la posizione del patriarcato. Più i rapporti personali si intensificano, più i problemi si risolvono rapidamente». Il disgelo avrà anche un riverbero sul Concilio panortodosso in programma a Creta il prossimo giugno. «Nelle note per l’incontro fra Francesco e Kirill non è mai menzionato il Concilio ma non è escluso un cenno durante il faccia a faccia. Del resto – conclude padre Ioann – non ho nessun dubbio che ci sia un riflesso positivo sul Concilio. Nel momento in cui a Creta si parlerà del rapporto fra l’ortodossia e le altre Chiese, come quella cattolica, sia Kirill, sia il patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I, che ha un ottimo rapporto con il Papa, sia altri patriarchi potranno portare la loro testimonianza sul proficuo dialogo che è già in essere con il vescovo di Roma».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: