martedì 1 luglio 2025
Il racconto di suor Abir Hanna, agostiniana di origini libanesi: «Da priore è venuto qui due volte e ci ha spinte a valorizzare i nostri diversi carismi restando in dialogo con il mondo»
Un momento della celebrazione con Prevost per la professione religiosa di Suor Abir Hanna a Pennabilli (Rimini)

Un momento della celebrazione con Prevost per la professione religiosa di Suor Abir Hanna a Pennabilli (Rimini) - .

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«Da priore generale degli agostiniani, padre Robert Francis Prevost è venuto due volte nel nostro monastero agostiniano di Pennabilli e in entrambe le occasioni ha dimostrato un’attenzione particolare per il nostro carisma di monache in dialogo con il mondo di oggi. In particolare ha saputo cogliere il senso profondo del nostro impegno nello studio, così come quello in ambito accademico, nel lavoro, in un’ospitalità aperta, il tutto raccolto e ritmato dalla preghiera». A raccontare la speciale sensibilità dell’allora priore, oggi papa Leone XIV, è suor Abir Hanna, 50 anni, da 21 in Italia, monaca agostiniana del monastero di Pennabilli, un paesino sulle colline di Rimini ma in diocesi di San Marino-Montefeltro, una realtà che la religiosa scoprì dopo essere arrivata da Beirut con alcuni amici per una Gmg. Da lì il cammino che l’ha portata a emettere la professione temporanea e poi anche quella solenne proprio nelle mani di Prevost.

«Il nostro desiderio – continua suor Abir Hanna, parlando della propria comunità – era quello di vivere il monachesimo dentro al mondo di oggi, dando più spazio ad alcuni punti del carisma. Padre Robert è sempre stato molto sensibile a questo nostro sforzo, appoggiandoci e ascoltandoci anche quando eravamo un piccolo monastero. Ha dato credito a quel nostro desiderio e se oggi siamo così, una comunità di 14 monache che vivono il desiderio dell’unità nella diversità (proprio come auspicato dallo stesso Pontefice nella solennità dei santi Pietro e Polo), lo dobbiamo anche a lui. Il suo essere padre, fratello, è stato fondamentale per la nostra crescita, per quello che siamo oggi».

Suor Abir si emozione nel raccontare questa amicizia speciale con Prevost e la sua attenzione, da padre generale degli agostiniani, al monachesimo femminile: «Da buon figlio di Agostino, padre Prevost ha saputo cogliere l’importanza della diversità nell’unità, si è messo in ascolto di tutte le realtà monastiche, anche delle più piccole. Ricordo il grande raduno di tutte le monache nel 2012, quando non solo ci ha dato l’opportunità di conoscerci meglio tra di noi, ma anche di esprimere il fatto che ogni realtà può avere una sua diversità, una sua fisionomia specifica, rimanendo pur sempre fedeli e ancorate al carisma. Magari i “non addetti ai lavori” non coglieranno in pieno questo passaggio, ma per noi è stato ed è fondamentale, ci dà anche equilibrio in questa espressione della diversità all’interno delle comunità, fedeli a quell’essere un cuor solo e un’anima sola che sant’Agostino ci indica. Di solito, c’è una certa tendenza del monachesimo femminile a uniformarsi, ma Prevost ci ha aiutato a capire che la pluralità non è affatto una minaccia per l’unità. Da questo punto di vista è stato uno straordinario visionario. E adesso, il fatto che sia Papa per noi è come una parola nella parola, come un invito ad andare avanti in quello che a suo tempo abbiamo intuito e che lui ha avallato», rimarca suor Abir. E, ovviamente, il giorno dell’elezione di Prevost rimane scolpito nel ricordo della religiosa libanese: «In questo periodo mi trovo a Roma per completare gli studi all’Istituto Biblico e, quando ho saputo della fumata bianca, sono corsa in piazza. Quando ho sentito pronunciare il suo nome ho pianto di gioia. E poi quelle prime parole sulla pace: non una pace qualsiasi, ma la pace del Cristo Risorto, la pace disarmata e disarmante. Io poi vengo dal Libano e quel richiamo alla pace mi è entrato ancor di più nel cuore. Quel giorno, poi, sono andata di corsa verso la Curia generalizia degli agostiniani, lì vicino, ed è stato incredibile vedere anche la gioia dei fratelli».

Ma torniamo alle visite dell’allora priore generale degli agostiniani nel monastero di Pennabilli: «Quando ho pronunciato i voti semplici, nel 2005, non era tenuto a farlo, eppure venne in quella piccola realtà di cinque monache, io giovane e le altre anziane. E poi ancora nel 2009 per la professione solenne. Da allora siamo rimasti sempre in contatto. Quando poi è stato nominato vescovo in Perù, la vicinanza non è stata fisica, ma pur sempre fatta di quel legame profondo e significativo anche quando non c’è una frequentazione assidua. Ora l’auspicio è che torni a trovarci da Pontefice a Pennabilli», conclude suor Abir, la cui strada potrebbe di nuovo incrociarsi con quella del Pontefice, anche per il ruolo che la monaca ha in qualità di coordinatrice della Rete dei Monasteri del Mediterraneo. Una realtà, che coinvolge decine di monasteri di vita contemplativa anche di altri ordini religiosi e non solo in Italia, e che con papa Francesco ha avviato un dialogo di confronto e di supporto nella preghiera agli incontri dei vescovi del Mediterraneo.

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