mercoledì 17 marzo 2010
«C'è un modo arrogante di fare teologia, una superbia della ragione che si pone sopra alla Parola di Dio». Lo ha affermato Benedetto XVI nel discorso all'Udienza generale di oggi, dedicata alla figura di san Bonaventura. Per il Papa «c'è un modo diverso di fare teologia, mossi dall'amore di Dio, ed è quello di qualcuno che fa teologia perché cerca di conoscere meglio l'Amato». Il testo integrale dell'udienza
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"C'è un modo arrogante di fare teologia, una superbia della ragione che si pone sopra alla Parola di Dio". Lo ha detto il Papa durante l'udienza generale in piazza san Pietro, dedicata oggi alla figura di san Bonaventura. Secondo Benedetto XVI, tuttavia, c'è anche "un modo diverso di fare teologia, mossi dall'amore di Dio, ed è quello di qualcuno che fa teologia perché cerca di conoscere meglio l'Amato". Il Papa, citando il grande teologo francescano di epoca medievale, ha sottolineando che "l'amore si estende oltre la ragione, vede di più. Dove la ragione non vede più, vede l'amore". Per Benedetto XVI, tale conclusione "non è testimonianza di una devozione senza contenuto ma un'espressione limpida e realistica della spiritualità francescana.Per Benedetto XVI dunque "la vera teologia" non è né arrogante né superba e ha "un'altra origine: conoscere meglio l'amato. Questa è la vera natura della teologia". "Nella notte oscura della Croce - ha detto nella catechesi - appare tutta la grandezza dell'Amore Divino; dove la ragione non vede più, vede l'amore". "Tutto questo non è anti-intellettuale e non è anti-razionale: suppone il cammino della ragione, ma lo trascende nell'amore del Cristo crocifisso", ha spiegato agli oltre 11 mila fedeli riuniti in piazza san Pietro per l'Udienza del mercoledì, nella quale ha accostato san Bonaventura da Bagnoregio a san Tommaso d'Aquino. "Entrambi - ha ricordato - hanno scrutato i misteri della Rivelazione, valorizzando le risorse della ragione umana, in quel fecondo dialogo tra fede e ragione che caratterizza il Medioevo cristiano. Per san Tommaso il fine supremo, al quale si dirige il nostro desiderio è: vedere Dio. Per san Bonaventura il destino ultimo dell'uomo è invece: amare Dio. Per ambedue il vero è anche il bene, ed il bene è anche il vero; vedere Dio è amare ed amare è vedere. Si tratta di accenti diversi di una visione fondamentalmente comune". Nell'elaborazione del tema del "primato dell'amore" san Bonaventura trovò una fonte negli scritti di Pseudo-Dionigi: "nella salita verso Dio - ha chiarito il Papa - si può arrivare ad un punto in cui la ragione non vede più. Ma nella notte dell'intelletto l'amore vede ancora - vede quanto rimane inaccessibile per la ragione. L'amore si estende oltre la ragione, vede più, entra più profondamente nel mistero di Dio". "Tutta la nostra vita - ha concluso Ratzinger, citando ancora san Bonaventura - è un pellegrinaggio, una salita verso Dio. Ma con le nostre sole forze non possiamo salire verso l'altezza di Dio. Dio stesso deve aiutarci, deve tirarci in alto. Perciò è necessaria la preghiera. La preghiera, comedice il Santo, è la madre e l'origine della elevazione.Al termine dell’udienza a Benedetto XVI è stata conferita la cittadinanza onoraria di Romano Canavese, paese natale del suo Segretario di Stato, card. Tarcisio Bertone. In piazza san Pietro, oggi, anche la fiaccola benedettina “per la pace”, proveniente da Colonia e diretta a Cassino per le celebrazioni della festa di san Benedetto.
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