lunedì 18 agosto 2014
Il Papa sulla crisi irachena: fermare non significa bombardare.
EDITORIALE Costruire la «pace giusta», il cammino della Chiesa di Pierangelo Sequeri
TUTTI I TESTI DEL PAPA | IL DIALOGO CON I GIOVANI | LE IMMAGINI PIU' BELLE I VIDEO | SCHEDA INTERATTIVA: la Chiesa coreana
Una guerra mondiale, ma a pezzi
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Papa Francesco è arrivato a Roma alle 17.45. Si è così concluso il viaggio di Bergoglio in Corea del Sud. Il suo primo gesto è stato di andare alla basilica romana di Santa Maria maggiore, dove ha lasciato un bouquet di fiori avuto in dono da Mary Sol, una bambina coreana di sei anni, prima della partenza da Seul e ha recitato una preghiera di ringraziamento. Durante il viaggio ritorno Francesco ha incontrato i giornalisti. Gli è stato chiesto cosa pensasse dei bombardamenti americani sulle postazioni dell’Isis, i Jihadisti che stanno devastando l’Iraq e perseguitando cristiani, sciiti, yazidi ed altre minoranze. “In questi casi in cui c’è un’aggressione ingiusta – ha detto - posso dire che è lecito fermare l’aggressore ingiusto. Sottolineo il verbo fermare, non dico bombardare o fare la guerra, ma fermare. I mezzi con cui fermare dovranno essere valutati. Qualche volta, infatti, sotto questa scusa di fermare l’aggressore ingiusto, le potenze si sono impadronire dei popoli e hanno fatto una vera guerra di conquista. Una sola nazione non può giudicare come si ferma un aggressore ingiusto. E’ all’Onu che si deve discutere come farlo. Fermare l’aggressore ingiusto è un diritto dell’umanità e anche un diritto dell’aggressore essere fermato, perché non continui a fare del male”. Francesco ha poi sottolineato di essere "disponibile ad andare in Iraq". "Era una delle possibilità prese in considerazione di rientro dalla Corea - ha detto -, ma non era possibile" Il Papa ha anche denunciato l'efferatezza delle guerre non convenzionali e che sia stato raggiunto "un livello di crudeltà spaventosa" di cui spesso sono vittime civili inermi, donne e bambini. Parole durissime sono state dette da Francesco sulla tortura, che è diventato "un mezzo ordinario in molte situazioni". Ma ha sottolineato il Papa è "un peccato contro l'umanità. E un cattolico che tortura commette un peccato mortale". Questi "sono i frutti della guerra, qui siamo in guerra, è una III guerra mondiale ma a pezzi. E sulla Corea Francesco ha detto: “coreani hanno seminato tanto. E adesso si vede il frutto della semina dei martir i. Questo popolo non ha mai perso la dignità e ha capacità di soffrire”. Un esempio sono le cosiddette confort woman (donne rapite dai giapponesi che le costringevano a prostituirsi con i soldati durante l’occupazione finita nel 1945), un gruppo delle quali, le poche superstiti, erano ieri alla Messa in Cattedrale. “Sono state sfruttate e schiavizzate, ma anche nella sofferenza e di fronte alla crudeltà, hanno conservato la dignità”, ha sottolineato il Papa. E in quanto alla Corea del Nord, Bergoglio ha rivelato di aver ricevuto in dono una corona di spine come quella di Gesù, fatta con il filo spinato della linea di confine. È stata poi la volta della Cina. "Lei vuole sapere se io ho voglia di andare in Cina? Ma sicuro, mi piacerebbe andarci già domani. Sempre la Santa Sede è aperta ai contatti con Pechino: sempre, perchè ha grande stima e rispetto per il popolo cinese". Francesco ha risposto così a un giornalista, posta proprio mentre l'aereo diretto a Roma stava volando sul territorio della Repubblica Popolare Cinese. È la seconda volta che Francesco, primo Pontefice a farlo, sorvola il grande paese asiatico. "Mercoledì - ha raccontato quindi il Papa - quando stavamo per entrare sullo spazio aereo cinese mi trovavo in cabina con i piloti, che mi hanno detto: 'Mancano 10 minuti per entrare sul territorio cinese e dobbiamo chiedere l'autorizzazione'. Così ho sentito come chiedevano e come si rispondeva. Sono stato testimone di questo. Il pilota ha anche mandato il mio telegramma di saluto. Poi mi sono congedato e, una volta tornato al mio posto, ho pregato tanto per quel bel popolo cinese, un popolo nobile e saggio, che ha una storia di scienza e saggezza, alla quale parteciparono anche i gesuiti con padre Matteo Ricci". "Noi - ha voluto chiarire Bergoglio - rispettiamo il popolo cinese, solo che la Chiesa chiede libertà per il suo mestiere, il suo lavoro". Poi ha esortato a non dimenticare e a rileggere la lettera "fondamentale" indirizzata da Papa Benedetto XVI ai cattolici cinesi. C'è stata anche una domanda sul processo di beatificazione dell’arcivescovo di San Salvador, monsignor Oscar Arnulfo Romero, ucciso nel 1980 mentre celebrava Messa da un sicario incaricato dal governo dittatoriale. Il prcesso è stato "sbloccato", ha spiegato il Papa, che ha espresso esprime l’auspicio che ora, per questo "uomo di Dio", tutto “si chiarisca e si proceda in fretta”. Anche questa volta c'è stato uno scambio di messaggio tra il Papa e il presidente della Repubblica italiana. "Una speciale preghiera per il bene, la serenità; e la prosperità dell'intera diletta nazione italiana", è stata assicurata da Papa Francesco nel consueto messaggio al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, inviato rientrando dal viaggio. Nel messaggio Francesco sottolinea a Napolitano di aver potuto incontrare nel paese asiatico "numerosi fedeli e rappresentanti di quelle care popolazioni ammirandone il desiderio di crescita spirituale e sociale" Napolitano ha risposto così: "Santità, a nome mio personale e del popolo italiano tutto desidero porgerle il più cordiale bentornato al rientro dal suo Viaggio Apostolico in Corea del Sud. Sono certo che la sua presenza avrà portato sostegno e conforto alle locali comunità cristiane, recando al contempo un importante messaggio di pace e riconciliazione per tutta la regione. Con profonda considerazione, le rivolgo il mio affettuoso pensiero".

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