venerdì 1 ottobre 2010
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«Una parola che possa indicare orizzonti di speranza». È quello che la Sicilia si aspetta da Benedetto XVI che domenica passerà l’intera giornata a Palermo dove saranno rappresentate tutte le diocesi dell’isola. Lo dice ad Avvenire l’arcivescovo del capoluogo, Paolo Romeo, che è anche presidente della Conferenza episcopale regionale sicula. «L’episcopato siciliano – spiega – negli ultimi tre anni ha cercato di focalizzare il proprio impegno nella pastorale della famiglia e in quella dei giovani. Su questi temi abbiamo celebrato convegni sia regionali che diocesani. E si è pensato di chiudere questo triennio con un convegno regionale un po’ sullo stile del Convegno delle Chiese di Sicilia. Così all’inizio del 2009, vista la grande sollecitudine per la famiglia e per i giovani, abbiamo osato chiedere al Papa di essere lui a coronare con la sua presenza questa tappa della vita della nostra Chiesa in modo anche di darci uno sprone per l’avvenire».In che senso?Abbiamo voluto che il Papa ci venisse a confermare nel lavoro che stiamo facendo con quel discernimento che è proprio di Pietro. Se abbiamo bisogno di correzioni siamo qui ad ascoltarle. E soprattutto desideriamo che venga a illuminare quegli orizzonti che devono vedere impegnati la Chiesa e la società siciliane. E questo in un momento di crisi di cui noi viviamo maggiormente le conseguenze.Come vi siete preparati alla visita del Papa?C’è stata una preparazione remota con i convegni che ho citato, celebrati con regolarità. Poi c’è stata una preparazione più immediata avvenuta attraverso iniziative di ciascuna diocesi con cui abbiamo sensibilizzato i fedeli sui temi della famiglia e dei giovani. Quindi ci sono stati momenti di preghiera intensi perché questo incontro col Papa sia una vera giornata di grazia. Inoltre abbiamo proposto delle figure di testimoni esemplari della fede in Gesù, e in particolare abbiamo insistito su quella di don Pino Puglisi.Oggi inizia il Forum regionale che completerà la preparazione.Vi parteciperanno tutte le équipe della pastorale familiare e giovanile delle diocesi siciliane. Poi ci saranno diciotto fontane di luce. Diciotto chiese cioè in cui domani dalle sei di pomeriggio in poi ci saranno veglie e incontri di catechesi, presiedute ciascuna da un vescovo siciliano. Altre due chiese, poi, così le fontane di luce diventano venti, saranno dedicate all’ascolto delle confessioni e all’adorazione. Ci saranno gruppi che passeranno tutta la notte in adorazione.Cosa attende la Chiesa e la società siciliana da questa visita?Si aspetta una parola che possa indicare orizzonti di speranza. Poi sarà nostro compito di aiutare la nostra gente ad alzarsi e a mettersi in cammino affinché possa raggiungere questi orizzonti. Il compianto cardinale Salvatore Pappalardo, quando ricevette per la prima volta la visita di Giovanni Paolo II mi disse, in modo molto diretto: «Paolo, la difficoltà adesso è gestire quello che abbiamo vissuto». La sfida quindi sarà come tradurre in azione pastorale adeguata, come mettere a frutto  la ricchezza che ci verrà dalla visita del Papa. La sfida sarà come non spegnere la speranza che il Papa con la sua parola – sia per i valori umani, sia per le situazioni sociali, ma soprattutto per il cammino di fede – ci indicherà con quella forza e con quella grazia che gli viene dall’essere il successore di Pietro.Quali sono i segni di speranza che il Papa troverà?Malgrado la situazione in cui vivono i giovani, abbiamo ancora delle vocazioni. A Palermo quest’anno entreranno in Seminario, per l’anno propedeutico, dodici ragazzi. Ci sono poi famiglie che rimangono unite, che rimangono aperte al dono della vita, che vivono la solidarietà. Sono piccoli segni ai quali noi dobbiamo guardare come germogli di speranza, come doni di Dio, ma che dovrebbero moltiplicarsi perché tante sono le tenebre che ci avvolgono. Speriamo che la visita del Papa sia un’occasione propizia che porti alla moltiplicazione del bene.
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