sabato 5 ottobre 2013
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Come un veleno. Lento, ma inesorabile. Uccide. «Uccide l’anima! Uccide le persone! Uccide la Chiesa!». È la «mondanità spirituale» il peggior nemico del cristiano, un «pericolo gravissimo» che «ci porta alla vanità, alla prepotenza, all’orgoglio»; ma «questo è un idolo, non è Dio. È un idolo! E l’idolatria è il peccato più forte!». Ed è di questo che «dobbiamo spogliarci», se non vogliamo essere solo «cristiani di pasticceria, come belle torte, come belle cose, dolci», ma certo «non veri cristiani».Per la seconda volta, all’inizio di questa giornata straordinaria, Francesco neppure prende in mano il discorso scritto. E al vescovado, davanti agli assistiti della Caritas con i quali più tardi, improvvisa un discorso, carico di emozione e intenso, che prende alla gola. Dove, in quella <+corsivo>sala della spoliazione<+tondo> dove il figlio di Pietro di Bernardone compì «il gesto sconvolgente dello spogliamento… rinunciò a tutto per possedere tutto, mettendosi, come Cristo, dalla parte degli umili e dei poveri», dice nell’accoglierlo il vescovo Domenico Sorrentino, Francesco parla agli spogliati «da questo mondo selvaggio, che non dà lavoro, che non aiuta», e chiede al Signore che «dia a tutti noi il coraggio di spogliarci, ma non di 20 lire, spogliarci dello spirito del mondo, che è la lebbra, è il cancro della società! È il cancro della rivelazione di Dio! Lo spirito del mondo è il nemico di Gesù!».Mai un Papa, prima di Francesco, era venuto in questa sala, testimone della "rivoluzione" di San Francesco. Papa Bergoglio. E «questa – dice – è una buona occasione per fare un invito alla Chiesa a spogliarsi». Un’occasione per rilanciare quell’invito pressante, urgente, ineludibile, a lasciarsi alle spalle quella «Chiesa mondana che vive in sé, da sé, per sé», che oscura la Chiesa «Mysterium lunae» dei Padri e di cui parlò già, in questi termini, nella penultima Congregazione generale prima del Conclave, e che dopo l’elezione a vescovo di Roma ha continuato a ripetere in ogni occasione. «Oggi – dice di fronte alla gente assiepata nel vescovado di Assisi – con voi, tanti di voi, siete stati spogliati di questo mondo selvaggio che non dà lavoro, che non aiuta; non importa, non importa se ci sono bambini che muoiono di fame nel mondo». Un mondo al quale «non importa se tante famiglie non hanno da mangiare, non hanno la dignità di portare pane a casa; non importa che tanta gente debba fuggire dalla schiavitù, dalla fame e fuggire cercando la libertà e con quanto dolore, tante volte, vediamo che trovano la morte, come è successo ieri a Lampedusa. Ma oggi è un giorno di pianto! Queste cose le fa lo spirito del mondo». E allora «è proprio ridicolo che un cristiano, un cristiano vero, che un prete, che una suora, che un vescovo, che un cardinale, che un Papa vogliano andare sulla strada di questa mondanità, che è un atteggiamento omicida. La mondanità spirituale uccide!».È questo, in fondo, che il Poverello di Assisi ci insegna. Perché, dice Jorge Mario Bergoglio, che diventando Papa, per primo nella storia, ha scelto di chiamarsi col nome di Francesco, è Gesù stesso a dirci che «non si può servire due padroni: o servi Dio o servi il denaro». Nel denaro, ha detto, c’è «tutto questo spirito mondano: denaro, vanità, orgoglio. È triste cancellare con una mano quello che scriviamo con l’altra. Il Vangelo è il Vangelo! Dio è l’unico! E Gesù si è fatto servitore per noi». E, nessun dubbio in proposito, «lo spirito del mondo non c’entra, qui».
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