sabato 21 marzo 2015
"Cristo riparte da Scampia" è scritto con un pennarello blu su un foglio bianco che un anziano signore tiene appeso al collo, come una sorta di uomo-sandwich che pubblicizza la speranza perché, commenta, «sono sicuro che da domani qualcosa cambierà qui perché noi per primi cambieremo». (Valeria Chianese)
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C’è la Scampìa di tutti i giorni ad accogliere Papa Francesco: i bambini, le mamme, i nonni, i papà, i giovani. Felici ed emozionati salutano il Papa sventolando le bandierine, gridando il suo nome e attribuendo a Francesco la capacità di distinguere ed ascoltare le voci di ciascuno. «Ciao, Francé», dice ad alta voce una mamma agitando la mano verso l’auto bianca che passa poco distante, oltre le transenne arancioni, raccontando al piccolo che tiene in braccio quello che sta accadendo. «Saluto il Papa a modo nostro – spiega poi – perché lo sento come uno di famiglia». È proprio la comunione immediata con il Papa che si respira palpabile, che rende speciale la piazza di Scampìa questa mattina. Con il suo carico di speranza. "Cristo riparte da Scampia" è scritto con un pennarello blu su un foglio bianco che un anziano signore tiene appeso al collo, come una sorta di uomo-sandwich che pubblicizza la speranza perché, commenta, «sono sicuro che da domani qualcosa cambierà qui perché noi per primi cambieremo. Però – aggiunge – lo dobbiamo fare seriamente, secondo me, sennò è stato proprio inutile venire a stare qui a sentire il Papa». I volontari di una delle tante associazioni che vivono e animano il quartiere, suo malgrado famoso più per i fatti di cronaca nera che per le belle e sane realtà, dicono di aver sentito nel cuore, vedendo e ascoltando Francesco, serenità e forza. I dubbi, se c’erano, si sono sciolti all’invito del Papa ad andare avanti con coraggio e sicurezza. Si mescolano lacrime di gioia e di commozione, i sorrisi alla felicità di condividere un momento che tutti vorrebbero non terminasse: il domani, con il suo carico di problemi e di difficoltà, porterà nuove sfide. «E io penso che noi – afferma Rosa, una nonna – ci sentiamo pronti».  
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