giovedì 6 agosto 2015
Monsignor Marcello Semeraro, vescovo di Albano, ha celebrato la Messa, nelle Grotte Vaticane a pochi passi dalla tomba, nel 37° anniversario della «pasqua da questa terra al Cielo» del Pontefice, il primo dopo la beatificazione. (Mimmo Muolo) L'OMELIA
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Ha fatto proprie le parole di papa Francesco nell’omelia del 19 ottobre scorso, giorno della beatificazione di Paolo VI. «Grazie, nostro caro e amato Papa. Grazie per la tua umile e profetica testimonianza di amore a Cristo e alla sua Chiesa». E sulla profezia del Pontefice bresciano, oggi ripresa e attualizzata da papa Bergoglio, ha messo più volte l’accento, monsignor Marcello Semeraro. Il vescovo di Albano (diocesi nel cui territorio si trova il palazzo di Castel Gandolfo, dove il 6 agosto 1978 morì Papa Montini), ha celebrato in mattinata il 37° anniversario della «pasqua da questa terra al Cielo» del Pontefice, il primo dopo la beatificazione – la Messa nella Cappella degli Ungheresi delle Grotte Vaticane, a pochi passi dalla sua tomba. Questa, ha sottolineato, non è una occasione come quelle degli anni precedenti. «Ora che egli è già stato proclamato beato – ha spiegato il vescovo – la nostra non è più una preghiera di suffragio, ma una domanda di intercessione presso Dio». Monsignor Semeraro ha quindi annunciato che «la prima memoria liturgica del beato Paolo VI nella Basilica Vaticana si farà fra poco più di un mese, al pomeriggio del 28 settembre 2015 con la celebrazione della Santa Messa presieduta all’altare della Cattedra, dal segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin». In realtà la memoria liturgica di Paolo VI ricorre il 26 settembre, che però quest’anno è sabato (dai primi vespri del pomeriggio inizia la domenica). Perciò la celebrazione è stata spostata al lunedì successivo. Nella Messa di ieri concelebrata dal segretario della Segreteria per la Comunicazione, monsignor Lucio Adrian Ruiz – presenti tra gli altri il reggente della Prefettura della Casa Pontificia, monsignor Leonardo Sapienza, e il direttore de L’Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian, la cui famiglia era molto vicina al Pontefice – monsignor Semeraro ha sottolineato alcuni elementi dell’eredità spirituale di Paolo VI. Innanzitutto l’umiltà. Citando tre interventi testamentari, ha ricordato che il beato non desiderava «né tomba speciale», «né monumento» per sé, ma di essere sepolto nella «vera terra». Quindi l’amore per la Sposa di Cristo. «Nel suo notissimo Pensiero alla morte – ha detto il vescovo di Albano – egli volle riservare alla Chiesa l’ultima esortazione: "Abbi coscienza della tua natura e della tua missione; abbi il senso dei bisogni veri e profondi dell’umanità; e cammina povera, cioè libera, forte ed amorosa verso Cristo"». Come non vedere in queste parole una profonda affinità con la Chiesa di papa Francesco? Monsignor Semeraro ha infatti sottolineato: «Paolo VI pensa, anzitutto, a una Chiesa che cammina». E questa è appunto la Chiesa in uscita. «Montini ha pure esortato la Chiesa a camminare povera: quasi un codice simbolico per dire "libera, forte e amorosa". "Ah come vorrei una Chiesa povera e per i poveri", esclamò Francesco il 16 marzo 2013. Alla Chiesa, infine, – ha sottolineato il presule – il papa Paolo VI ha indicato una direzione e una meta: verso Cristo. Cristo è in noi come speranza della gloria, una sorta di cifra per l’odierna (ieri per chi legge, ndr) festa della Trasfigurazione. Infine il vescovo ha messo in rilievo l’attenzione all’essenziale, che emerge dall’insegnamento di papa Montini. In altri termini l’invito ad «allargare lo sguardo, liberare la mente e aprire il cuore a fini ben più robusti e di più ampio respiro», al di là delle tante cose superflue di cui spesso gli uomini si occupano.
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